Non è “ripresa”: è “ripartenza”, “risalita”. Però è meglio di quella stimata dal governo e per di più se alla fine non si confermasse, gli industriali – non meno del governo – hanno già due giustificazioni “straordinarie”: la crisi della Grecia e la frenata globale dell’economia.
Se-succede-ma-non-succede (o anche viceversa), la crescita del Pil italiano nel 2015 sarà dello 0,8% secondo le previsioni aggiornate del Centro studi Confindustria. Meno del +2% che il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi – con totale onestà – attende per poter parlare di “ripresa” in Italia. Ma più del +0,7% assunto dal Def (cioè dal governo) e preso per buono dal Fmi, mentre l’Ue è ferma a +0,6%.
Non possono essere certo i posti di lavoro creati nella prima metà dell’anno – ben lontani dai sei zeri – ad autorizzare a dichiarare “riprese” o tanto meno “risalite”: semmai per milioni di giovani disoccupati è ancora “china” piena.
L’ottimismo degli economisti di viale dell’Astronomia sembra stonare anche con l’eco lasciata dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: pochissimo soddisfatto – nelle ultime Considerazioni finali – del ritmo impresso dagli imprenditori agli investimenti, per rispondere concretamente al Jobs Act e accelerare la “recovery” italiana.
La previsione di Confindustria suona invece – forse al di là degli intenti – come uno dei mille “annunci” del premier Renzi. Forse anche – di certo al di là degli intenti del presidente Squinzi – risponde alla premura di alcuni pezzi di Confindustria di accreditarsi come “renziani”: al di là del gradimento dello stesso premier. Il quale non è andato all’assemblea della Confederazione all’Expo probabilmente infastidito dall’idea di ricevere qualche applauso di troppo.