Continua senza pace il Giro d’Italia che, ancora scosso da quanto successo nella giornata di ieri a Weylandt, torna a far parlare di sé per motivi che poco hanno a che vedere con il ciclismo. Nella giornata odierna sono infatti stati rivenuti dei chiodi sul tracciato della quarta tappa. Più precisamente a Livorno, nel tratto dell’Aurelia che precede la salita di Montenero, all’incirca un centinaio di metri. Un tentativo di sabotaggio che ricalca un episodio avvenuto il mese scorso all’Amstel Gold Race. La segnalazione è stata data intorno alle 10 dopo la foratura di una gomma di un’auto in transito. La quantità di chiodi distribuita sull’asfalto era tale da escludere la possibilità di una caduta accidentale da un veicolo, pochi dubbi per la Polizia Municipale, intervenuta celermente insieme a squadre dell’azienda ambientale di Livorno per rimuovere i chiodi dall’asfalto e permettere così la ripresa di una quarta tappa che si è svolta in un silenzio tombale, tra lutti al braccio e strade vuote. Un tentativo di sabotaggio che, avvenuto nel giorno della commemorazione della morte di Weylandt, getta luci inquietanti su uno dei giri d’Italia più tormentati della storia. Proprio nella giornata odierna infatti, i corridori del Team Leopard (lo stesso di Weylandt) hanno tagliato il traguardo insieme per onorare la memoria del povero ciclista. Come da copione non c’è tempo per le soste, non in questo giro. Un minuto di silenzio per onorare la memoria, nessuno stop alla gara; si è trattato di una fatalità, l’organizzazione non ha colpe così come il ciclismo, Show must go on. A fine giornata arriva anche l’autopsia a confermare la fatalità dell’incidente: secondo il medico legale Armando Mannucci, il 27enne è “morto sul colpo e non ha sofferto”. In mattinata invece si era presentato Weylandt senior, nella camera mortuaria per il riconoscimento del cadavere. Nel clima surreale e nel silenzio, tra volti mesti e tanta tristezza si è ripreso a correre, tutti i ciclisti con un lutto al braccio e poca voglia di pedalare. Il team Leopard – Trek si è messo al capo del gruppo, disposto per l’occasione in tre file alternatesi al comando.
Ad accompagnare una tappa surreale pochissimi i tifosi, per una tappa che sarebbe dovuta essere il festeggiamento per i 150anni d’Italia e che invece resterà alla storia come uno dei giorni più tristi del ciclismo.