Molti italiani hanno l’abitudine di fare la lavatrice, stirare, far funzionare la lavastoviglie o, in generale, gli elettrodomestici più costosi sul far della sera. Gli era stato detto, infatti, che così avrebbero risparmiato svariati quattrini. Era vero. Ora non lo è più. Fino al 2008, infatti, tra le 18 e le 20 un normale consumatore non avrebbe speso più di 120 Euro/MWh; oggi può arrivare a spenderne 175 e 250 in certe zone d’Italia. Il tutto, per colpa della rinnovabili. Carlo Stagnaro, direttore ricerche dell’Istituto Bruno Leoni, spiega a ilSussidiario.net come tutto ciò sia possibile. «Fino a poco tempo fa – afferma -, prima del boom del fotovoltaico, la domanda di energia elettrica subiva un picco durante la giornata e un calo durante la sera; in questa seconda fase, mentre le centrali a metano (che producono energia elettrica), gradualmente, riducevano l’erogazione, si determinava contestualmente al calo delle richieste un eccesso di offerta. Oggi, accade il contrario. Il fotovoltaico produce una quantità enorme di energia durante il giorno, mentre le centrali riducono i propri consumi. La sera, tuttavia, la centrali a metano si devono mettere rapidamente in moto per far fronte alla richiesta».
Una dinamica parecchio costosa per i produttori che si rifanno sui consumatori: «Per chi ha un contratto flat e paga, quindi, una cifra forfettaria non cambia nulla. Le cose cambiano per chi ha contratti a prezzo variabile o non ha mai scelto il proprio fornitore e paga in base alle tariffe stabilite dall’Autorità e sulla base dei prezzi sul mercato». Non è una tragedia. «E’ sufficiente adeguare i proprie comportamenti. Sta di fatto che è bizzarro che due anni fa siamo stati bombardati da campagne martellanti che ci invitavano usare gli elettrodomestici la sera». Cosa resta da fare, quindi, al governo? «Praticamente nulla, tantomeno all’Autorità per l’energia. Del resto, nessuno avrebbe mai potuto prevedere che il mercato sarebbe cambiato così improvvisamente».
Il boom del fotovoltaico ha un inizio e delle ragioni. «E’ scoppiato nel 2011 grazie alla convergenza di tre fenomeni: il calo del costo dei pannelli; la presenza incentivi ancora molto alti che sarebbero di lì a breve stati tagliati; l’emanazione del cosiddetto decreto Salva Alcoa che prolungò tali incentivi per sei mesi, determinando la corsa all’acquisto». Da allora, la capacità di produttiva in Italia è pressoché triplicata: «E’ passata da circa 4 Gw a circa 12». Qualcosa, in una prospettiva di più ampio periodo, è possibile fare. «Lo scorporo di Snam Rete Gas può aiutare il mercato del gas a essere più competitivo: il che determinerebbe un costo dell’elettricità più basso e la possibilità di esportarla, considerato il nostro eccesso di capacità produttiva. Sarebbe utile affiancare allo scorporo l’incentivazione di nuovi stoccaggi per il gas e potenziare, sul fronte del mercato elettrico, la rete di trasmissione nazionale. Molte centrali, infatti, sono al Sud, mentre la domanda, prevalentemente al Nord, non riesce a essere soddisfatta per il congestionamento delle linee».
E’ possibile, infine, riformulare la politica di incentivazione per le fonti rinnovabili: «Va fatto una volta per tutte, senza doverci trovare a modificarla ogni anno». Sia, in ogni caso, ben chiaro: «Gli effetti di tali misure si produrranno, per lo meno, nei prossimi dieci anni». Non esistono, quindi, operazioni in grado di determinare benefici immediati. Salvo uno: «Si potrebbe abbassare il prelievo fiscale su gas e elettricità».
(P.N.)