Luce, gas, acqua e trasporti: in tema di spending review il governo starebbe pensando di congelare fino al 31 dicembre 2013 tutte le tariffe. Una misura, descritta oggi dal quotidiano La Repubblica, che punterebbe a “contenere gli oneri finanziari a carico dei cittadini e delle imprese”: «È sospesa fino al 31 dicembre 2013», reciterebbe l’articolo contenuto nel decreto, «l’efficacia delle norme statali che obbligano o autorizzano organi dello Stato o autorità ad emanare atti aventi ad oggetto l’adeguamento di diritti, contributi o tariffe a carico di persone fisiche o persone giuridiche in relazione al tasso di inflazione ovvero ad altri meccanismi automatici. Per quanto riguarda i diritti, i contributi e le tariffe di pertinenza degli enti territoriali l’applicazione della disposizione è rimessa all’autonoma decisione dei competenti organi di Governo». Buone notizie dunque per cittadini e imprese, meno per le aziende coinvolte, come Enel, Acea e così via. Proprio su questo punto si starebbero infatti scontrando le opinioni del premier Monti e del ministro Passera: il primo convinto dei buoni effetti della manovra, il secondo preoccupato di eventuali effetti negativi sui titoli delle società quotate in Borsa. IlSussidiario.net cerca di risolvere i dubbi con Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni.
Come giudica l’ipotesi avanzata dal governo di congelare le tariffe di luce, gas, acqua e trasporti fino al 31 dicembre 2013?
Se la decisione fosse confermata, sarebbe un gesto gravissimo. Le tariffe dei servizi pubblici nascono in alcuni casi dall’applicazione di regole pre-determinate, come nel caso delle autostrade, dell’acqua e del trasporto pubblico locale. In altri casi sono frutto degli andamenti di mercato e, nella misura in cui dipendono da decisioni amministrative, come per i clienti “luce e gas” che non hanno fatto contratti sul mercato libero, esse non fanno altro che riflettere gli andamenti della domanda e dell’offerta. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con la revisione della spesa pubblica e, anzi, appare come un modo di negare l’esigenza, o l’opportunità, di razionalizzare i processi produttivi del settore pubblico, restringendone il perimetro.
Quali sono quindi i maggiori rischi?
Questo è il classico esempio di misura con benefici apparenti e di breve termine, e costi di lungo periodo. Un intervento a gamba tesa su prezzi e tariffe ha almeno tre effetti, tutti negativi. Primo: falsa il risultato del mercato causando scarsità artificiale (se il prezzo viene fissato sotto il livello di equilibrio) e prosciugando gli investimenti. Secondo: determina una percezione di inaffidabilità del sistema di regole e accresce il “rischio Paese”, fenomeno particolarmente grave per l’Italia, che già sconta una pessima fama. Terzo: dà la sensazione che l’esecutivo non abbia la forza di intervenire con strumenti incisivi, e indebolisce quindi il governo su tutti i fronti.
È d’accordo riguardo il rischio ipotizzato dal ministro Passera?
Non c’è dubbio che il valore delle aziende quotate, in presenza di una riduzione politica dei prezzi, subirebbe una forte contrazione. Ma non è questo il punto: la ragione per cui il controllo dei prezzi è sbagliato non è che sposterebbe valore dal soggetto X (l’azienda) al soggetto Y (il consumatore), come in un gioco a somma zero. Il problema è che si tratta di un gioco a somma negativa, in cui tutti perdono.
Quali misure potrebbe allora adottare il governo per una spending review in questi settori?
Se la preoccupazione del governo è che la PA spende troppo in bollette, dovrebbe fare quello che fanno tutte le aziende, cioè adottare migliori sistemi di controllo. Se la preoccupazione sta nello spreco sistematico da parte delle imprese (pubbliche) che operano in regime semimonopolistico, come le ferrovie, allora bisogna privatizzarle, per non politicizzare ogni scelta industriale. Se, infine, la preoccupazione è che il prezzo di alcuni servizi pubblici è eccessivo, la risposta sta nella concorrenza e nella liberalizzazione. In ogni caso, il controllo dei prezzi è la risposta più sbagliata.
(Claudio Perlini)