Il carobenzina non va mai in vacanza. Nonostante i “saldi” praticati da alcuni grandi compagnie nei weekend e nelle ore di chiusura, il prezzo della benzina è tornato a salire. E mentre i consumatori sono costretti a centellinare l’utilizzo della macchina, i sindacati dei benzinai hanno indetto uno sciopero dal 3 al 5 agosto, anche se il Garante sugli scioperi ha segnalato che lo sciopero “è impossibile, dal momento che quel giorno rientra tra i periodi di franchigia”, e ha chiesto ai gestori di “escludere dal fermo le zone colpite dal sisma in Emilia, ove vige lo stato di emergenza”. Ilsussidiario.net ha interpellato Carlo Stagnaro, direttore Ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, per provare a capire meglio quali siano le ragioni profonde che stanno al fondo dell’andamento dei prezzi dei carburanti e quali siano le prospettive nel mercato italiano.
Con 1,837 euro/litro (+0,6 centesimi) per la benzina e 1,734 euro/litro (+1 centesimo) per il diesel, i prezzi dei carburanti stanno tornando a salire. Come mai?
Anzitutto occorre distinguere la variazione dei prezzi settimanali dai “megasconti” del fine settimana che sono evidentemente un’iniziativa commerciale – intrapresa in primis da Eni salvo poi essere stata necessariamente seguita dalle altre grandi compagnie – in virtù della quale, negli impianti che partecipano alle promozioni, il carburante viene venduto sottocosto. Ma questo secondo aspetto segue evidentemente una dinamica a parte. L’aumento registrato in questi giorni è dovuto all’andamento del prezzo del carburante sui mercati internazionali. Le variazioni del prezzo infrasettimanali, infatti, come in questo caso, seguono l’andamento dei mercati internazionali. E in Europa, negli ultimi giorni, c’è stato un rincaro dei carburanti.
A quali dinamiche si può attribuire il rialzo delle quotazioni sui mercati internazionali?
Si tratta di un rincaro che riflette un po’ la stagionalità nell’andamento dei prezzi e un po’ quello che si verifica sui mercati petroliferi. E l’Italia in questo segue le dinamiche internazionali, come d’altronde tutti i Paesi europei: se aumentano i prezzi dei carburanti in Europa, aumentano anche in Italia. Da un lato stiamo soffrendo la stagionalità: la gente va in ferie, guida di più e dunque consuma di più. Ed è abbastanza normale che, mentre si entra nell’estate, i prezzi dei carburanti aumentino. Dall’altro, soffriamo per tutte le tensioni internazionali che in questo momento ci sono e che periodicamente vengono scontate dagli investitori quando percepiscono un aumento del rischio nei Paesi produttori.
Intanto, i sindacati che riuniscono i benzinai hanno annunciato uno sciopero di tre giorni contro i tagli dell’industria petrolifera e il mancato intervento del governo. Tra i comportamenti dell’industria petrolifera contestati dalle organizzazioni sindacali ci sarebbero il mancato rinnovamento degli accordi collettivi, margini tagliati unilateralmente fino al 70%, e i licenziamenti forzati degli addetti alla distribuzione. Lei cosa ne pensa?
I gestori, come tutti, soffrono la difficile congiuntura economica. Anche se, a mio avviso, lamentano particolarmente l’aumento di campagne promozionali nel fine settimana. Campagne che fanno male a tutti, comprese le aziende che le praticano e che le costringono, con sconti nell’ordine dei 20 centesimi di euro al litro, a perdere soldi su ogni litro di benzina o diesel venduto. I margini di guadagno infatti diventano nulli, se non addirittura negativi, per i gestori degli impianti. Poi bisogna anche dire che la rete della distribuzione italiana è sovradimensionata. E, a maggior ragione in un momento di forte calo nei consumi – siamo nell’ordine della riduzione del 10% e anche più rispetto a un anno fa -, questo non fa che rendere ancora più insostenibile un modello di business fatto di molti piccoli impianti marginali che ormai non resistono più.
Tutti i nodi vengono al pettine dunque…
È evidente che sarebbe stato meglio iniziare un processo di ridimensionamento della rete per tempo e in un’ottica di più lungo periodo, cercando di evitare percorsi traumatici. Ma purtroppo tutto ciò non è stato fatto anche per l’opposizione dei gestori, che oggi si trovano con l’acqua alla gola. Ed è chiaro che le campagne di sconti che hanno spostato gran parte dei consumi nel fine settimana rendono semplicemente ancora più insostenibile la situazione di molti impianti.
Come valuta invece la richiesta dei sindacati di ridiscutere gli accordi collettivi?
Credo che lo scontro sugli accordi collettivi rifletta semplicemente il fatto che è cambiata completamente il volto del mercato. Non bisogna dimenticare che gli accordi di categoria nascono in un contesto diverso da quello attuale: sono infatti stati pensati in un mondo dove la domanda era strutturalmente in crescita. Mentre noi ci troviamo con una domanda strutturalmente calante da alcuni anni, oggi ancor più depressa dall’andamento macroeconomico: guadagniamo meno e quindi spendiamo e guidiamo anche di meno. E guidiamo meno anche per via dell’aumento della fiscalità sui carburanti, eccessivamente pronunciato dell’ultimo anno e mezzo, che ha contribuito a rafforzare questa tendenza al declino.
Ma distributori e gestori qualche ragione dovranno pure averla…
Beh, in questo momento sono l’anello debole della catena. Ed è comprensibile che stiano protestando. Ma secondo me scontano una certa ostilità degli anni passati che gli ha impedito di adeguarsi ai cambiamenti che erano in corso. Loro erano convinti di poter difendere uno status quo che iniziava a essere insostenibile allora e che oggi lo è del tutto.
Quali scenari vede all’orizzonte?
Stiamo attraversando un momento doloroso. Bisogna vedere cosa succederà a settembre. Le campagne di sconto nei weekend dovrebbero teoricamente finire con la stagione estiva. Se Eni e le altre compagnie decideranno di proseguire questa campagna, la rete necessariamente dovrà subire degli aggiustamenti violenti e di breve termine e quindi avremo agitazioni, proteste ma anche chiusure impianti. Viceversa, se saranno sospesi sconti di questo tipo e la competizione tornerà con un margine di guadagno sì limato, ma non annullato o reso negativo, allora gli aggiustamenti potranno svolgersi con più calma. Credo comunque che i gestori abbiano capito il fatto che ormai la rete debba essere ridotta e razionalizzata.
In quali termini dovrebbe essere realizzata questa razionalizzazione della rete?
Solo per darle un’idea, in Italia ci sono un quarto dei distributori di tutta l’Unione europea. Noi abbiamo molti più impianti rispetto a qualunque altro Paese europeo, se rapportati sia alla superficie sia al numero di automobili e di cittadini. E i nostri impianti vendono individualmente meno benzina e gasolio rispetto a quelli degli altri Paesi. Che, oltretutto, non vendono solo benzina e gasolio, ma derivano parte importante del reddito dalla vendita di prodotti “non oil”. Capisce anche lei che necessariamente la rete italiana debba evolvere nella direzione delle reti europee: dovrà diventare una rete meno fitta e più diversificata. Questa è una trasformazione che deve accadere. Le domande che rimangono aperte sono: in che tempi? E in che modo? Ma io per questo non ho risposte.
(Matteo Rigamonti)