Non so se è l’ultimo atto della gestione fallimentare di questa amministrazione capitolina. Non so se centri il solito Marino, se a dare il la all’impennata di sdegno sono solo i “cittadini” o sono anche i vari componenti del Comune, sindaco in testa, a chiedere il conto al Vaticano.
Sì, la Commissione speciale per la Razionalizzazione della spesa dell’Amministrazione Capitolina (nome perfetto per una città in default) ha monetizzato il costo per la Città Eterna della presenza del papa nel suo territorio. Troppo, dicono le cifre snocciolate dal presidente, il grillino Daniele Frongia, ben 440 milioni di euro l’anno, in beni e servizi. Nel calcolo ci mettono di tutto, perché secondo la regola del facite ammuina non si capisca più niente, e s’alzi solamente il grido “vergogna, i soliti preti, che bell’esempio”, eccetera.
Esenzioni Imu, servizi appaltati in convenzione ad organizzazioni cattoliche, contributi per l’edilizia di culto, spese straordinarie in occasione di importanti eventi cattolici, come la beatificazione di Giovanni Paolo II, la canonizzazione sua e di Giovanni XXIII; l’aureola di primo grado pure per Paolo VI… Troppi santi, e troppi papi santi, qualche teologo cattolico può impegnarsi a conteggiare anche le conseguenze nefaste per l’economia italiana.
Senza parlare dei consumi della Città del Vaticano: i cardinali non vanno in bici, e d’inverno accendo anche i termosifoni, altro che povertà e sacrificio. Le domeniche ecologiche, per lo smog che soffoca Roma, sono da imputare in gran parte a loro, sappiatelo.
Poi si precisa che non ci sono stime precise, i costi sono stati calcolati approssimativamente, e l’avverbio è gentile: appositamente, proditoriamente, falsamente. Ma tant’è, il sasso è tirato nello stagno, e i cerchi nell’acqua si allargano. Tralasciamo l’Ici di cui si è occupato il Parlamento della Repubblica: l’esenzione dell’Ici alla Chiesa vale un centinaio di milioni, al più, e riguarda immobili che ospitano attività “particolarmente meritevoli”. Se il Comune vuole sfrattare per insolvenza la Caritas, Sant’Egidio, coi loro dormitori e mense, o le suorine che si occupano di far crescere i bambini nelle scuole materne, vista l’inadempienza del pubblico, faccia pure, e se ne curi lui, di senza tetto, affamati e famiglie in ambascia perché non sanno a chi affidare i propri figli; aumenti i posti negli ospedali, nelle case di cura per anziani, reimposti lo statalismo sovietico, ma almeno che ci siano posti uguali e per tutti.
Non sarebbe male poi dare al Vaticano quel che è del Vaticano, e alle diverse associazioni, congregazioni religiose quel che è loro: non basta chiamarsi istituto san Pietro per avere il taglio delle imposte, e difatti non avviene.
Quanto ai pellegrini: un po’ sporcano, anche se si portano la sportina da casa e di solito sono beneducati; fanno pipì, e ci vogliono i bagni Sebac, e pure un surplus di vigilanza urbana che credo ringrazi per gli straordinari visti gli stipendi in corso. Qualche bottiglia d’acqua d’estate, ancorché le celebrazioni pubbliche non avvengano tutte d’agosto. Però mangiano, a anche se attenti a non spendere troppo, compreranno panini, pizze scadenti, qualcosa nei supermercati; non prenoteranno grandi alberghi, ma qualche casa d’accoglienza la pagano pure, e sono comunque soldi che girano, foss’anche per i gadget del papa o le visite ai Fori dopo l’udienza. In compenso non scrivono sui muri, non spaccano vetrine come nei raduni no global, non marciano coi passamontagna all’assalto di qualche ministero.
Peraltro, non c’è evento ecclesiale che si rispetti che Marino non si faccia vedere impettito in zona San Pietro, che non tenti il balzo sulla jeep papale, che non scatti il selfie col pellegrino. Il Comune dovrebbe ringraziarlo, il Vaticano, che apre le docce al posto suo, che manda l’elemosiniere in sua vece, a sollevare i più poveri dalle utenze pubbliche. Che sopporta benevolo le sue intemerate “progressiste”, le sue provocazioni alle famiglie, nonostante faccia comodo dirsi tutti cattolici osservanti. Dovrebbe ringraziarlo, il Vaticano, che contribuisce a confondere nel mondo la fotografia di una Capitale allo sbando, sporca, cafona, violenta, invivibile.
C’è ancora il Vaticano a renderla Città Eterna, unica. E metà della bellezza di Roma è nella sua storia cristiana, in chiese conventi palazzi musei edicole colonne fontane giardini fatti costruire, adornare dai papi e dai cristiani di ogni epoca. Sono soldi veri, oltre che immagine. Migliaia e migliaia di milioni, da 1700 anni. Prima, c’erano le catacombe. Ci sono milioni di turisti anche lì.