Per l’ennesima volta, i trasporti pubblici si fermano. I lavoratori del settore incroceranno le braccia, tra oggi e domani, nell’ambito dello sciopero generale indetto dai sindacati di categoria Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Uiltrasporti e Faisa-Cisal. Si parte questa sera, alle 21, e per 24 ore, con lo stop delle attività degli addetti ai servizi di pulizia ferroviaria; domani, invece, sarà la volta di tram, autobus e metropolitane. L’agitazione sindacale avrà caratteristiche orarie che varieranno di città in città. A Milano, in particolare, i lavoratori dell’Atm sospenderanno ogni attività dalle 8,45 alle 15 e dalle 18 al termine del servizio. Sulle ferrovie Trenord, invece, la circolazione dei convogli sarà garantita dalle 6.00 alle 9.00 dalle 18 sino alle 21.00. IlSussidiario.net ha chiesto a Rocco Ungaro, segretario della Filg-Cgil Lombardia, di spiegare le ragioni della protesta. «Il contratto dei lavoratori del settore – afferma – è scaduto dal 2007; e, a mesi dall’ultimo sciopero convocato per chiederne il rinnovo, il governo ha pensato bene di non degnarsi neppure di aprire un tavolo di confronto con le parti. Dal canto loro, come se non bastasse, le associazioni delle imprese, Astra e Anad, alla firma del contratto dell’attività ferroviaria hanno disdettato l’accordo firmato a suo tempo con il governo Prodi, prima, e con il governo Berlusconi, poi». Un evidente passo indietro. «Si trattava del testo che avrebbe dovuto fungere da apripista all’unificazione del contratto del settore ferroviario e di quello dei tramvieri. Ci troviamo di fronte ad un atteggiamento di rottura, che, più che altro, danneggia lavoratori stessi. In questa situazione, ove nessuno riesce a vedere oltre i propri interessi di bottega, circa 120mila lavoratori si trovano, quindi, con un contratto scaduto da 4 anni». Secondo Ungaro, a questo punto, non c’era alcuna alternativa. «Si sono, purtroppo, verificate tutte le condizioni per poter affermare che lo sciopero è necessario; con queste persone, infatti, non sussistono margini di discussione». Resta da capire l’utilità di un gesto che, ormai, a detta di molti, non fa altro che danneggiare gli utenti. «Credo – replica Ungaro – che lo sciopero sia un atto estremo. Lo è sempre. Ma, a maggior ragione, è da considerarsi tale quando parliamo di servizi pubblici. Viene, infatti, attuato prendendo “in ostaggio” i cittadini. Ogni volta che viene proclamato, quindi, lo facciamo con sofferenza». Ungaro invita, tuttavia, a riflettere sulle ragioni che spingono a indirlo. «Spesso ci troviamo di fronte a atteggiamenti nei confronti dei lavoratori, da parte delle imprese e del governo, di assoluta ostilità. E, benché siamo convinti che lo sciopero non sia l’unico strumento per gestire i conflitti, a volte è l’unica soluzione. Ne faremmo volentieri a meno. Ma, per evitarlo, dovremmo essere in due o tre a decidere che esiste un’altra strada; ovvero, le altre parti in causa dovrebbero manifestare un atteggiamento, quantomeno, di maggior apertura».
In sostanza, ecco le richieste dei sindacati: «ci auguriamo che il governo apra quel tavolo, e che le imprese capiscano che sono rappresentate da associazioni che non hanno più nulla a che spartire con loro. E che, infine, sappiano cogliere in questa fase, in cui a causa della crisi stanno aumentando i passeggeri, un’opportunità».