Finalmente è ufficilae: il Torino Football Club è promosso in Serie A. In lista d’attesa da tre stagioni, ad espiare colpe misteriose, i granata si riaffacciano in Paradiso, a riveder le stelle della massima serie. Il Torino di Giampiero Ventura ce l’ha fatta, disputando un campionato solido, costante prima ancora che altisonante. Siamo lontani dai balocchi di Pescara, ma la Serie A è arrivata prima qui, dove regna l’esperienza e subire un gol in meno è più importante che farne il più possibile. E’ stato un torneo sofferto e snervante, come da tradizione granata: prima la grande fuga, poi la i dubbi frutto di un girone di ritorno un pò a singhiozzo, anche se più a livello di gioco che di risultati. Quelli sono mancati raramente: l’odierno 2-0 sul Modena, secco quanto decisivo, sintetizza bene il campionato del Torino, sempre due spanne sopra tutti per senza strafare. In attesa dell’ultima partita, ecco i numeri del successo: 82 punti frutto di 24 vittorie, 10 pareggi e 7 ko, con 57 gol fatti e la miglior difesa, perforata solo 28 volte. Ora, la Serie A. Che di questi tempi significa soprattutto derby, contro quella Juventus che in assenza dei cugini spadroneggia come ai vecchi tempi. Per commentare la promozione del Torino in Serie A, ilsussidiario.net ha intervistato in esclusiva Antonino Asta, storica bandiera granata nonchè attuale allenatore della squadra Primavera. Ecco le sue impressioni:
Asta, ha mai temuto che il Toro potesse non farcela, almeno non direttamente?
Seguendolo da vicino non ho mai avuto dubbi. La squadra è sempre stata saldamente al primo posto, e la cosa che le ha dato forza è sempre stato quello che dimostrava in campo.
Come ha letto i risultati a singhiozzo del girone di ritorno?
Non come segni di debolezza, o di non poter raggiungere l’obiettivo. La squadra è partita bene ed è finita benissimo, strameritando la vittoria del campionato. Non dimentichiamo una cosa.
Quale?
Che il Toro è rimasto sempre in testa, dimostrando una forza di squadra, cioè di gruppo di giocatori e di società, che voleva raggiungere la A.
Qual è stato il principale merito di mister Ventura?
Di aver dato un’anima, un’identità di squadra a questo Toro. E’ stato bravo a trovare subito gli equilibri giusti, e nel portare la sua esperienza. Sicuramente c’è molto dell’allenatore in questa promozione.
Cosa dire invece di Urbano Cairo, che vede finalmente premiati i suoi sforzi?
La società ha fatto veramente il massimo per ottenere questo risultato. E’ doveroso che si goda questa festa, questa promozione che mancava da tre anni. E’ sempre così del resto: quando si semina bene si raccoglie altrettanto.
Eppure in questi anni non sono mancate le contestazioni…
Però quest’anno la società non ha sbagliato, fin dall’inizio, e giustamente adesso coglie tutti quei frutti che ha cercato di coltivare anche negli altri anni. Il merito va condiviso tra tutti: società, giocatori e tutte le persone che sono state nell’entourage del Toro.
A proposito di giocatori: dovendo identificare un uomo simbolo, o comunque l’ossatura chiave del Torino, che nomi farebbe?
Più che mai, in linea generale, questi campionati li vincono sempre le squadre come gruppi. Poi magari c’è quella che vince perchè il goleador fa venti gol, ma quest’anno il Toro non l’ha avuto. Il gruppo è stato veramente fondamentale.
In che senso?
I giocatori sono ruotati molto, hanno giocato quasi tutti e chi ha giocato ha sempre dato il suo contributo alla grande. Quindi non mi sento di dire un giocatore più degli altri. Tutti sono stati meritevoli di raggiungere la Serie A: questo è un altro merito della gestione di Ventura.
Come si spiega l’annata un pò così di Rolando Bianchi?
E’ la dimostrazione che pensando al gruppo, a volte l’allenatore fa delle scelte non per il singolo, ma per il bene della squadra. Ma Bianchi ha comunque dato il suo contributo.
In che termini?
Non ha ripetuto le passate stagioni con tanti gol, ma adattandosi alle richieste di Ventura ha giocato molto di più per la squadra. Alla fine contava il risultato finale: Bianchi non ha segnato tanto ma ha privilegiato l’obiettivo comune.
Quanto va ritoccato questo Torino per la Serie A?
Sono considerazioni non semplici da fare. Qualcosa è cambiato negli ultimi anni, a livello di dinamiche di mercato.
In che senso?
Prima, una squadra importante in Serie B con pochi ritocchi riusciva a fare un campionato dignitoso anche in A. Adesso il divario tra le categorie si è alzato: il Toro qualcosa dovrà fare, per assemblare una squadra della giusta esperienza.
Che significa?
Cercare dei giocatori che conoscono già la Serie A, o comunque che abbiano la voglia di potersi confrontare in questa categoria. Il Torino poi ha un piccolo problema nel parco giocatori.
Cioè?
In questo momento non ha molti giocatori di proprietà, tra compartecipazioni e prestiti vari. Dovranno cominciare da domani a lavorare per una squadra competitiva, perchè il tifoso granata se lo merita.
Si riparte da Ventura?
Assolutamente. Lui, il presidente e Petrachi riusciranno a costruire una squadra importante per la massima serie. Il Toro è una squadra nobile che deve stare in Serie A, non solo uno-due anni ma con continuità.
Asta, è pronto per nuovi derby della Mole?
Quello è il primo pensiero che è venuto a tutti i tifosi del Torino. Il derby manca, è giusto che si ripeta per molti anni. Mi fa piacere pensare ad una Torino veramente protagonista, con la Juve ma soprattutto col Toro.
(Carlo Necchi)