Un buco da 500 milioni di euro. Questa è la prima e unica certezza che la nuova Amministrazione Pisapia ha dato ai suoi cittadini. Un avanzo di 48 milioni. Questo è stato l’ultimo dato certo che l’Amministrazione Moratti ha comunicato ai milanesi.
Chi ha ragione?
Purtroppo, temiamo, entrambi.
La Moratti ha ragione: il bilancio previsionale 2011, così come è stato redatto e votato dal Consiglio Comunale, prevede un avanzo di amministrazione di 48 milioni di euro, che deriva da due operazioni straordinarie messe in campo: la quotazione in borsa di SEA con conseguente maxi dividendo da 110 milioni, e la vendita della quota posseduta dal Comune in Serravalle Autostrade milanesi, che ammonta a circa 170 milioni.
Chiaro che se queste operazioni non andassero in porto, non ci sarebbe alcun utile, ma molto probabilmente un buco almeno di pari importo.
Ma anche Pisapia ha ragione: l’anno prossimo, l’amministrazione dovrà reperire fonti per circa 400 milioni di euro, se vuole mantenere inalterata l’offerta dei servizi ai cittadini senza aumentare tasse e tariffe. Il Comune infatti ha una spesa in parte di corrente di circa 2 miliardi e mezzo di euro, di cui quasi due miliardi sono detti “obbligatori”, cioè riguardano spese impossibili da eliminare: stipendi, costo del trasporto pubblico, smaltimento rifiuti, pulizia della città etc.. Restano dunque solo 400 milioni, che finanziano il sociale, gli anziani, le famiglie, le case popolari, la cultura, lo sport, il tempo libero e cioè tutto ciò su cui si regge il consenso elettorale.
Ecco dov’è il buco. Ecco dov’era e dove è sempre stato negli ultimi cinque anni, da quando cioè lo Stato ha da un lato tagliato i trasferimenti ai comuni e dall’altro gli ha imposto pesanti risparmi per rispettare il patto di stabilità europeo e non fare la fine della Grecia e dall’amata, dai vendoliani, Spagna.
Certo, la gestione Moratti è stata un gestione ipertrofica, un po’ come il suo Sindaco: grandi cantieri, opere colossali, grattacieli, nuove linee metropolitane, l’Expo etc… senza l’aumento di nessuna tassa e senza la riduzione di nessun servizio. Tutto, ovviamente, a un prezzo: alienazioni immobiliari, massima richiesta possibile di utili dalle società partecipate, operazioni straordinarie. Nell’attesa del benedetto federalismo fiscale, che dovrebbe compensare a Milano i tagli che oggi lo Stato gli impone.
Chiaro che si è trattato di misure una tantum, ma va dato atto alla Moratti di averlo sempre ammesso. È stata un scelta precisa: in un momento di grave crisi economica servizi garantiti, niente tasse, grandi opere dare lavoro, autonomia finanziaria dell’Ente.
La nuova Amministrazione si trova ora davanti alla peggiore delle scelte: ridurre i servizi o aumentare le tasse. L’anno prossimo almeno. Certo, in cambio, potrà lenire il dolore inflitto a cittadini anzitutto scaricando violentemente le colpe sulla precedente gestione, in modo temiamo non troppo onesto, complice gran parte della stampa, soprattutto economica, che non ne vedeva l’ora. D’altro canto, il buon Pisapia si troverà a tagliare tanti di quei nastri tra metropolitane, musei, grattacieli, tangenziali e soprattutto Expo, che la sua popolarità non ne risentirà poi molto. Anche perché, insegna la vecchia politica, gli aumenti si fanno subito dopo le elezioni, e le inaugurazioni appena prima. E così sarà… sempre che Pisapia duri.
E mi spiego.
È quasi certo ormai l’arrivo di Bruno Tabacci al bilancio. Il che significa due cose, anzi due ordini di considerazioni, uno politico e uno amministrativo.
Il nodo politico. “Plus ça change, plus c’est la même chose” diceva Il Re Sole, che era uno che di amministrazione se ne intendeva come forse nessun altro. E così è ancora. Sembra di leggere un libro di Sciascia: l’Italia degli anni Settanta, il cattocomunismo moroteo, il sogno di un governo bianco-rosso, in cui i disprezzati democristiani gestivano le leve, e gli amati comunisti gli onori. Non riuscì allora, il perché ahimè è arcinoto e misterioso quanto il Necronomicon, ma pare che si stia tentando di riuscirci oggi.
Al duro o odiato Bruno Tabacci la gestione vera del potere, quello violento, prevaricatore e arcigno che non guarda in faccia a nessuno. Al buono e amato Pisapia gli onori del volto nuovo del miracolo italiano, quello del popolo arancione (che è pur sempre un rosso sbiadito, quindi con un bel po’ di giallo dentro) che spera, facendo di Milano un modello efficiente e moderato di governo, di procedere la sua lunga offensiva del Têt e marciare lungo Roma, novella Saigon, mentre già si intravedono gli elicotteri (stavolta forse russi e non certo americani, ironia della Storia!) atterrare sui tetti di Palazzo Chigi per prelevare i boiardi di Stato prima della caduta.
Ma riuscirà Pisapia a far digerire tutto questo alla sinistra vendoliana sognatrice e iperprogressista, e ancor più a quella vecchia ed estrema dei Rizzo, che reclama sangue e purghe staliniste per ripulire il Comune da 15 anni di centro destra al potere?
Il nodo amministrativo. Il bilancio 2011 si regge sulla vendita di Serravalle: a chi? Eh già, perché oggi Serravalle non è certo un affare di borsa: il valore delle azioni fu drogato da Penati, che per questo è stato condannato dalla Corte dei Conti. Ma Serravalle è una vera e propria miniera di appalti: controlla o partecipa le principali società autostradali italiane, e soprattutto quelle che realizzano Pedemontana, TEM, e un mare di altre grandi opere.
La sfida è tutta tra Vito Gamberale, ex A.D. di Autostrade e oggi cassiere di F2i, il fondo di investimento multimiliardario del Ministero di Tremonti, che punta ad acquisire la maggioranza in Serravalle, avendo già un pacchetto azionario pesante, e il buon Tabacci, che ha sempre gridato contro la “svendita” di Serravalle da parte del Comune. Perché? Forse, a voler fare i paranoici, si potrebbe pensare che i poteri forti, cioè i banchieri e i finanzieri “di sinistra” abbiano altri progetti, e Tabacci, che i maligni dicono esserne l’espressione politica, ne sarà fedele difensore.
Una cosa è certa: a meno che Tabacci smentisca se stesso, vendendo Serravalle, dovrà inventarsi un modo alternativo per chiudere il bilancio 2001 del Comune senza scontentare nessuno. Anche perché nel programma elettorale di Pisapia si parlava espressamente della cessione di Serravalle.
(Lorenzo Fumagalli)