Quando lunedì scorso il Corriere della Sera si è scomodato nell’editoriale per attaccare “il capitalismo del Nordest” in confronto al “rinascimento di Milano”, ci eravamo permessi di segnalarne la singolarità: sia sul versante bancario – terreno apparente della sortita di Dario Di Vico -, sia soprattutto su quello di Confindustria.
Poche ore prima – con la convention autunnale dei Giovani industriali a Capri – si era virtualmente concluso il mandato quadriennale di Giorgio Squinzi. Ma – ciò che neppure il Corriere aveva rivelato – allo stesso Squinzi era appena giunta una contestazione istituzionale da parte del suo vicepresidente delegato alle relazioni sindacali, Stefano Dolcetta. Il patron della Fiamm è il rappresentante di Federmeccanica nella cabina di regia di Viale dell’Astronomia: e in quanto tale – si è appreso – insoddisfatto della generosità di Federchimica (la casa-madre confindustriale di Squinzi) nel chiudere un contratto nazionale proprio quando la riforma della contrattazione è al centro di un confronto a tutto campo con governo e sindacati. Questione di massima sostanza per un’organizzazione come Confindustria. E questione politica per eccellenza. Questione apparentemente congelata da un incontro di chiarimento fra Squinzi e Dolcetta, nonostante il giallo di presunte dimissioni.
L’incontro si è comunque svolto alla vigilia di un consiglio direttivo a sua volta meno rilevante di un evento solo apparentemente laterale: la prima riunione del comitato etico di Confindustria per la nomina dei saggi che dovranno pilotare la successione a Squinzi. E, quel che più è spiccato, Dolcetta è un vicentino, uno di quei “capitalisti del Nordest” attaccati a freddo dal Corriere. E ancora: la sua lettera a Squinzi portava altre tre firme di “capitalisti del Nordest”: il presidente degli industriali di Treviso, Maria Cristina Piovesana; il collega padovano Massimo Finco; e soprattutto il capo della potente Assindustria di Vicenza, Giuseppe Zigliotto.
Quest’ultimo è da un mese indagato dalla Procura di Vicenza per il dissesto della Popolare locale: obiettivo diretto del column del Corriere, assieme al caso gemello della Popolare di Montebelluna. E un sostegno aperto del rilancio congiunto delle due Popolari venete – secondo gli auspici del governatore leghista del Veneto, Luca Zaia – è giunto dall’industriale veneziano Alberto Baban: presidente della Piccola Industria, con seggio vicino a Squinzi in viale dell’Astronomia. Chiaccherato da tempo come possibile outsider in una corsa che ha già inanellato 23 nomi in campo.
Un po’ troppo in ogni caso per non aver lasciato intuire un’escalation di contrasti tutti interni e tutti elettorali in Confindustria: fra un’Assolombarda decisa a riconfermare un proprio primato (dopo quattro anni di Emma Marcegaglia e quattro di Squinzi) e il Nordest individuato come avamposto al Nord di sostenitori di una candidatura alternativa.
Ma se a Milano ci si interroga sul reale disimpegno di Gianfelice Rocca dalla corsa a Confindustria (la ruota di scorta sarebbe il bresciano Marco Bonometti), proprio ieri ha rotto gli indugi Aurelio Regina: storico punto di riferimento degli industriali romani e laziali. Regina, vicepresidente di Squinzi durante il primo biennio, è stato oggetto di una clamorosa defenestrazione ad personam al giro di boa del rinnovo: Squinzi direttamente dichiarò rotto il rapporto di fiducia.
Siamo solo al giorno 5 di un “semestre bianco” che formalmente deve ancora cominciare ed è destinato a concludersi in marzo. Una campagna che sembra già avere un vincitore: il premier Matteo Renzi, teorico dell’obsolescenza di un corpo intermedio come Confindustria; grande amico di industriali singoli (come la toscana Antonella Mansi); non da ultimo: azionista di riferimento di associati Confindustria di nome Eni, Enel, Finmeccanica, Poste.
(Ps: nuove indiscrezioni citano Dolcetta come possibile successore di Gianni Zonin a presidente-traghettatore della Popolare di Vicenza, già dai prossimi giorni. La prima battaglia della guerra civile di Confindustria sembra dunque avviarsi a conclusione. Ma sarebbe tempo perso affannarsi a cercare un vincitore di tappa)