Venerdì 7 febbraio 2009, dopo lunga e debilitante malattia affrontata con grande forza d’animo, moriva a Roma il professore Giuseppe Del Re. Si concludeva così, con il sigillo della sofferenza e con l’abbandono nelle mani di Dio, una vita intensamente e pienamente vissuta in coerenza di pensiero e azione, nella dedizione appassionata alla ricerca, alla didattica, alla famiglia e al prossimo in una fitta rete di rapporti nazionali e internazionali.
Nato a Napoli nel 1932 – e alla sua origine partenopea teneva molto per la ricchezza di umanità che ha sempre contraddistinto la sua città e di cui si sentiva interprete –, acquisì una solida formazione scientifica sotto la guida di validi maestri conseguendo nel 1953 a Firenze, appena ventunenne, la laurea in Fisica e nel 1957 a Napoli la laurea in Chimica organica.
Intanto era già iniziata la sua carriera di ricercatore che nel 1958 lo portava a proporre il metodo che lo avrebbe consacrato chimico teorico di fama internazionale, il cosiddetto «metodo Del Re» per il calcolo delle cariche atomiche in molecole organiche, che è stato applicato anche ai sistemi biologici.
Questo non fu che il primo di una serie di originali, innovativi contributi in Chimica teorica, il campo primario dei suoi interessi scientifici. Seguirono infatti nel 1963 l’introduzione degli «ibridi di massima localizzazione» nel metodo degli orbitali molecolari, nel 1967 la messa a punto di un metodo SCF per i polimeri, che è stato il punto di partenza per uno dei programmi di calcolo più utilizzati ancor oggi nel settore, nel 1989 l’applicazione alle biomolecole della teoria dell’evoluzione nel tempo degli stati quantistici e nel 1992 la proposta di un nuovo meccanismo di trasferimento elettronico. Su questi argomenti ha pubblicato circa 170 lavori su qualificate riviste internazionali e un testo di chimica teorica.
Nel 1969 fu chiamato alla cattedra di Chimica teorica all’Università di Napoli, dove rimase fino al pensionamento e fu maestro di generazioni di chimici teorici. Fu più volte invitato presso centri di ricerca, università e convegni in Canada, USA, Germania, Francia, Perù, Ungheria, Argentina, Algeria, e fece parte dei comitati scienti”ci di riviste internazionali.
Nella ricerca come nella didattica era coinvolgente e trasmetteva le passioni che lo animavano: il gusto per la ricerca del vero, la tensione per la conoscenza, l’attenzione per la persona. Affrontava il lavoro scientifico con lo spirito del filosofo, se per filosofo si intende colui che si interroga sul reale, si pone dei «perché» su aspetti essenziali e cerca risposte in una visione sintetica della problematica. Esortava gli allievi a riflettere sui fondamenti delle discipline in studio e sul senso del proprio operare, e ad avvicinare i «classici» della scienza per coglierne l’originale pensiero e trarre stimolo dalla loro vita. Del Re riteneva infatti, in opposizione alla concezione utilitaristica dominante, che la scienza, oltre che fonte di conoscenza, è portatrice di una valenza sapienziale.
Del rapporto tra filosofia e scienza cominciò a occuparsi a partire dal 1981, quando fu invitato a trattare dell’origine chimica della vita. Da allora affiancò alle ricerche scientifiche quelle epistemologiche, cui si applicò con immutato rigore. Oggetti specifici di indagine furono il problema corpo-mente, la complessità, lo statuto della chimica come disciplina autonoma e il ruolo di analogie e modelli nel metodo scientifico. Su questi argomenti pubblicò oltre 30 lavori e un volume con gli atti di un convegno sul problema corpo-mente (Pontificia Accademia delle Scienze, 1988). Tradusse e commentò i libri Senso del divino e scienza moderna di Thomas F. Torrance (LEV 1992) e Prevedere non è spiegare di René Thom (Lecce 2008, uscito pochi giorni prima della sua dipartita).
Era membro titolare dell’Académie Internationale de Philosophie des Sciences (Bruxelles) e di altre accademie. Fu uno dei fondatori del Centre International de Recherches et Etudes Transdisciplinaires (CIRET-UNESCO, Parigi), istituito per riportare l’uomo nella sua integrità al centro del sapere frammentato in molteplici discipline. In Italia promosse la costituzione di un gruppo di studio sui fondamenti storici ed epistemologici della chimica.
La sintesi più articolata e suggestiva della sua Weltanschauung è consegnata nel denso volume The Cosmic Dance, uscito in edizione inglese (USA 2000), italiana (La danza del cosmo, UTET 2006) e russa (Mosca 2006). In esso Del Re, esaminando il rapporto dell’uomo con l’universo nel quadro delle acquisizioni scientifiche più recenti, riprende la metafora della danza come la più adatta per esprimere l’armonia dinamica dell’universo. In questo libro, in cui si intrecciano tematiche scientifiche, riflessioni filosofiche e richiami letterari, vibra tutto il suo animo di appassionato indagatore dell’avventura umana, di pensatore problematico e acuto e di sapiente umanista.
Una delle sue preoccupazioni è sempre stato l’insegnamento, o meglio l’educazione, elemento chiave per la vita del singolo e della comunità. In tempi recenti si concentrò in modo sistematico sulla formazione scientifica nella scuola secondaria, pubblicando numerosi e illuminanti articoli su riviste specializzate per la scuola (come ben sanno i lettori di Emmeciquadro). Considerava infatti l’educazione scientifica, accanto a quelle letteraria e umanistica irrinunciabili e previe, un possibile strumento di formazione del giovane. Fondamentale è suscitare la passione per la conoscenza nell’età giovanile. Negli ultimi anni il suo interesse si era volto al problema della valutazione, collaborando come esperto con il Ministero dell’Istruzione che lo aveva coinvolto anche nel progetto OCSE-PISA. Aveva infine indirizzato la sua riflessione sul processo educativo visto come sistema complesso curando l’edizione di un volume (Complessità dinamica dei processi educativi. Aspetti teorici e pratici, Franco Angeli 2008), di cui non è riuscito a vedere la pubblicazione.
Notevole era la sua capacità di relazionarsi con chiunque lo avvicinasse. Anche chi lo ha frequentato poco è rimasto colpito dalla grande disponibilità umana e dalla profonda cultura che metteva a disposizione degli interlocutori, sempre nell’ottica della ricerca del vero in cui si impegnava con carattere determinato e combattivo, sempre rispettoso della persona. Un cenno merita una componente essenziale della sua personalità, la fede religiosa, fondamento della sua umanità e centro di ispirazione, una fede che continuamente si confrontava con gli interrogativi posti dalla scienza e dalla vita e ne stimolava pensiero e comportamento.
In questa linea si collocava la sua assidua partecipazione (con relazioni e interventi) ai convegni su scienza e fede che da decenni si tengono in Italia. La sua scomparsa lascia un vuoto profondo non solo nella sua bella famiglia e nella cerchia di amici e collaboratori, ma anche nella cultura italiana, in cui, come giustamente osserva un suo allievo, emergeva come «figura poliedrica».
Ma lascia anche l’eredità preziosa di una vita esemplare, umanamente ricca e spesa bene, un patrimonio ideale da coltivare con il tacito invito ad avere sempre presente l’Autore nascosto della danza del cosmo.
Francesco Abbona
(Ordinario di Mineralogia all’Università degli Studi di Torino)
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© Pubblicato sul n° 35 di Emmeciquadro