Tra i diversi mali di cui soffre il nostro tempo, uno dei più gravi è certamente la mancanza ormai cronica di maestri. Ecco perché anche una celebrazione di solito rituale e un po’ retorica (e anche piuttosto svalutata dall’abuso che se ne è fatto negli ultimi anni) come il conferimento di una laurea honoris causa può diventare un avvenimento, quando viene conferita a un vero maestro. È questo il caso di Evandro Agazzi, uno dei più illustri filosofi della scienza (e non solo) del nostro tempo, al quale l’Università dell’Insubria ha appunto conferito la laurea magistrale honoris causa in Scienze e Tecniche della Comunicazione, con una cerimonia tenutasi a Varese, nell’Aula Magna di via Ravasi, il 21 settembre scorso.
Tuttavia, a conferma di quanto si diceva prima, la cerimonia non è stata, come spesso accade, un fatto isolato, ma è stata seguita il giorno 22 da una giornata di studi sul pensiero di Agazzi, organizzata dal Centro Internazionale Insubrico “C. Cattaneo” e “G. Preti” nello splendido scenario di Villa Toeplitz. Ancor più significativo è il fatto che tra i relatori, oltre a colleghi e amici, vi fossero anche alcuni allievi diretti dello stesso Agazzi, ora affermati docenti universitari, due dei quali (Fabio Minazzi e il sottoscritto) insegnano proprio all’Insubria.
Il congresso inizialmente avrebbe dovuto essere dedicato esclusivamente al contributo di Agazzi alla logica matematica, anche in considerazione del fatto che in occasione di esso è stato presentato il centesimo volume della collana di epistemologia di Franco Angeli (creata e diretta da Agazzi stesso) contenente una raccolta dei principali saggi agazziani sull’argomento; un’opera di altissimo livello ma al tempo stesso accessibile anche ai non specialisti, assolutamente imperdibile per chiunque sia interessato a questo argomento, ma anche al problema dei fondamenti della matematica.
Tuttavia alla fine ci si è resi conto che ciò avrebbe voluto dire imporre una sorta di «camicia di forza» ai partecipanti e il titolo è stato «liberalizzato», diventando Sulla filosofia della scienza di Evandro Agazzi: dalla logica matematica all’epistemologia.
Un piccolo episodio, che però la dice lunga sulla vastità degli interessi filosofici di Agazzi, e più ancora sulla sua capacità di comunicarli alle persone con cui è via via entrato in contatto, suscitando i più vari indirizzi di ricerca, sempre però collegati da un minimo comun denominatore, oggi niente affatto scontato: la serietà e il rigore, che però in Agazzi non diventano mai seriosità accademica fine a se stessa, ma piuttosto un appassionato amore per la verità, coraggiosamente intesa, anche a livello teorico, al di là di tutte le perplessità scetticheggianti oggi di moda, nel modo più semplice e immediato, cioè come il desiderio di scoprire «come stanno le cose». E proprio questo desiderio di capire (e poi di comunicare agli altri ciò che si è capito, altra cosa oggi niente affatto scontata) si è ritrovato come minimo comun denominatore anche degli interventi dei partecipanti, che per il resto più diversi non potevano essere: dalle relazioni di Fabio Minazzi e Maria Luisa Dalla Chiara, incentrate sugli aspetti più propriamente logico-matematici, all’intervento che Emanuele Severino, pur impedito a partecipare direttamente dagli acciacchi dell’età, non ha voluto mancare di far pervenire, dedicato al concetto stesso di filosofia della scienza, al mio contributo sulla cosmologia in Agazzi, a quello di Marco Buzzoni sull’operazionismo (uno dei più tipici «cavalli di battaglia» agazziani), per finire con quelli di Gino Tarozzi sull’empirismo logico, di Massimo Pauri su necessità e finalità in fisica e di Paolo Giannitrapani sul rapporto tra il pensiero di Corrado Mangione e quello di Agazzi. Ma anche un altro denominatore comune è emerso, non meno importante e non meno evidente: la gratitudine (e, per dirla tutta, anche l’affetto) verso un uomo che ha saputo essere per tutti noi un maestro e al tempo stesso un amico, senza che questa familiarità che si è creata negli anni abbia finito per sminuirne l’autorevolezza (anzi, semmai l’ha rafforzata).
E proprio per questo, perché non si è trattato di una celebrazione estrinseca, ma soltanto di un passo in più all’interno di un cammino comune che dura da anni, durante il congresso Agazzi ha annunciato la sua decisione di donare il suo archivio e la sua biblioteca personali al Centro Internazionale Insubrico, che è dunque destinato a diventare un punto di riferimento sempre più importante per gli studiosi di filosofia della scienza, non soltanto italiani, data la rilevanza della figura di Agazzi a livello mondiale.
Ma forse il momento più significativo per capire il senso profondo di quanto accaduto a Varese è stata la conclusione del convegno, quando Agazzi ha detto, fra l’altro, che una cosa che proprio ancora non capisce è perché la gente non dice quasi mai quello che pensa veramente.
Ecco, Agazzi questo l’ha sempre fatto. E soprattutto ha insegnato anche a noi a non aver paura di farlo.
Paolo Musso
(Filosofia della Scienza – Università dell’Insubria – Varese)
© Pubblicato sul n° 46 di Emmeciquadro