Robert Osserman
Poesia dell’Universo.
L’Esplorazione Matematica del Cosmo
Longanesi, Milano 1996 (riedizione TEA, Milano 2000)
Pagine 204 – Euro 8,50
Una ragione, tra le altre, per la quale può valer la pena rileggere questo testo del matematico americano Robert Osserman è il rinato interesse per la matematica e le scienze nell’opera di Dante: Osserman infatti è stato il primo a rilanciare il tema in un saggio divulgativo come questo, riprendendo i quasi sconosciuti studi del matematico Andreas Speiser, che ne aveva parlato nel 1925 in Klassische Stüche der Matehematik, e del fisico Mark Peterson in Dante and the 3-sphere (American Journal of Physics, 47, 1979).
L’idea è che «in una rara combinazione di immaginazione poetica e matematica, Dante pervenne a una visione dell’universo che presenta somiglianze sorprendenti con quella di Riemann»; in sostanza, il cosmo della Divina Commedia non è basato su uno spazio euclideo, cioè piatto, ma è sferico e ha la struttura di un’ipersfera quadridimensionale.
Solo così si possono spiegare alcuni passaggi della Commedia, come il fatto che il culmine del viaggio dantesco sia un punto e al tempo stesso comprenda tutto l’universo.
È una visione che trova anche un clamoroso riscontro nella cosmologia moderna, ovvero nel modello del Big Bang che inizia proprio da un punto singolare e si sviluppa secondo la relatività generale basata essa stessa sulla geometria riemanniana. Ma il riferimento a Dante non è che uno dei motivi di interesse del libro; che, secondo le intenzioni dello stesso autore, è «una celebrazione dell’immaginazione umana: la capacità di compiere quel tipo di salti mentali senza i quali l’impatto del mondo esterno sui nostri sensi si ridurrebbe per la maggior parte a rumore».
Per distinguere però la musica delle sfere dal rumore ci vuole uno sguardo educato: sia come atteggiamento umano, di apertura e di curiosità senza limiti; sia come strumenti conoscitivi, che devono far tesoro delle conquiste scientifiche degli ultimi secoli, dalle geometrie non euclidee, alla teoria della relatività, alla geometria dei frattali.
Ossermann allora ci fornisce «gli occhiali mentali» per muoverci nel mondo non certo familiare dello spazio curvo. Vengono ripercorsi i passaggi storici principali che hanno consentito all’uomo dapprima di rappresentare le forme più semplici; poi via via di descrivere oggetti più complessi, come per esempio la superficie del nostro Pianeta, facendo ricorso a mappe e a ricostruzioni cartografiche di varia natura; infine di estendere i concetti geometrici per esplorare mondi immaginari dominati dalla geometria ellittica o da quella iperbolica.
Il fatto ancor più sorprendente è che tutto questo cammino dell’immaginazione matematica si è incontrato, in certi momenti storici, con le acquisizioni delle scienze naturali, in primo luogo della fisica. Così Riemann ha offerto a Einstein lo strumento per descrivere uno spazio curvato dalla presenza delle masse e quindi di interpretare la gravità come geometria.
Mentre i cosmologi riescono a mettere a punto strumenti, terrestri e spaziali, per guardare sempre più a ritroso nel tempo, dandoci una descrizione di quello che Osserman definisce «retroverso», del quale abbiamo ormai la prima immagine luminosa, anche se un po’ sfuocata, fornitaci sul finire del secolo scorso dal satellite Cobe e che le prossime osservazioni, come l’imminente missione Planck, permetteranno di mettere più a fuoco mostrandoci una quantità di dettagli.
E altri frutti dell’albero della geometria sono tuttora in lista d’attesa per incontrare qualche angolo di Universo, magari alle scale più basse, dominio delle nanotecnologie o della fisica quantistica, al quale applicarsi con vantaggio.
In ogni caso, conclude Osserman, «l’albero della geometria è sano, vigoroso e lussureggiante, più vecchio di qualsiasi sequoia e altrettanto maestoso».
Recensione di Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 33 di Emmeciquadro