Il consiglio dei ministri ha varato ieri il decreto legge relativo al pagamento alle imprese dei debiti della pubblica amministrazione. Nel provvedimento del governo è previsto lo sblocco di “40 miliardi nei prossimi 12 mesi con meccanismi chiari, semplici e veloci, senza oneri o complicazioni inutili”. Ilsussidiario.net ha intervistato il professor Claudio Borghi Aquilini.
Professore, finalmente una buona notizia…
Aspettiamo a cantare vittoria. Non è la prima volta che il governo Monti sblocca fondi che poi all’effetto pratico non arrivano a coloro ai quali spettavano di diritto. Vuoi perché le modalità per ottenerli sono estremamente complicate, vuoi perché c’erano delle altre attuazioni che dovevano essere fatte. Se fossi un imprenditore mi piacerebbe parlare quando i soldi sono in cassa. Nonostante i continui annunci lo Stato continua a non pagare e siamo in una situazione che è paragonabile all’abolizione delle province, annunciata con conferenze stampa anche più spettacolari e poi mai avvenuta.
Resta il fatto che il governo con il decreto mantiene una promessa fatta nei mesi scorsi…
Se questo governo fallimentare pensa di potersi prendere l’applauso finale, si sbaglia. Anche perché andare a pagare delle fatture per dei lavori dovuti dovrebbe essere al di sotto del minimo sindacale, e non qualcosa di particolarmente meritorio. Temo però che per vedere l’arrivo di questi soldi bisognerà aspettare ancora. C’è poi un’altra cosa che non mi convince…
Quale?
Fino all’altro giorno si parlava di pareggio di bilancio, mentre nel consiglio dei ministri di ieri si è ritornato a parlare del limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. C’è quindi qualcosa che non mi torna, e mi sembra che tutto quanto sia realizzato in modo approssimativo e dilettantesco.
Da un punto di vista pratico come va attuato lo sblocco dei 40 miliardi?
In un Paese normale le fatture accertate andrebbero pagate senza discussioni. Il problema è che, da quando ha perso totalmente la sovranità monetaria, cacciandosi in limiti assurdi, quali le regole sul pareggio di bilancio e il fiscal compact, lo Stato ha una capacità di spesa limitata. Oggi la pubblica amministrazione si sta comportando come fa normalmente una persona che è in bolletta: non paga, aspetta, dilata i tempi, si inventa delle scuse. E’ quanto sta facendo lo Stato, con la differenza che invece di avere l’atteggiamento umile proprio di chi è in bolletta, presenta un volto estremamente arrogante nei confronti dei contribuenti che a loro volta gli devono dei soldi. Se ci fossero gli stessi pesi e le stesse misure, la situazione sarebbe completamente diversa. Abbiamo invece uno Stato che è totalmente indifferente quando si tratta di pagare ed invece estremamente aggressivo quando si tratta di incassare.
Ora però lo sblocco del pagamento dei debiti è diventato un decreto…
Eppure c’è una difficoltà nell’applicarlo, la quale consiste nel fatto che l’Italia deve prima approvvigionarsi di questi soldi, perché non li può stampare. Potrebbe farlo collocando altro debito, che è la modalità normale attraverso cui lo Stato si procura denaro, o in alternativa aumentando le tasse, e sappiamo benissimo che anche un centesimo in più sotto qualsiasi forma provocherebbe la rivolta. Lo abbiamo visto con la proposta di aumentare subito l’Irpef, in modo tale da pagare poi i crediti: significava mettere questi pagamenti sulla testa dei contribuenti, e tutti hanno subito detto di no.
Quindi bisogna aumentare l’indebitamento?
Aumentare l’indebitamento è impossibile, in quanto il governo italiano si è impegnato a ridurlo. Si pone quindi il dilemma di come coprire la spesa necessaria per pagare i debiti nei confronti delle imprese. Lo Stato d’altra parte ha una spesa corrente di 800 miliardi di euro l’anno, e quindi evidentemente le priorità sono altre. Si potrebbe per esempio ritardare o dilazionare il pagamento degli stipendi dei parlamentari, come pure di tutte le pensioni non coperte da contributi, vitalizi in prima fila.
(Pietro Vernizzi)