Chi è capitato a Roma e ha avuto la sventura di dover prendere la metropolitana si è, probabilmente, domandato se non facesse meglio e prima ad andare a piedi. Ma che il servizio capitolino non sia tra i migliori d’Italia si sa. Ora, se alla proverbiale inadeguatezza del sistema si aggiunge l’inefficienza colpevole, la situazione diventa inaccettabile. Purtroppo, lo è sempre. Ieri, ad esempio, la linea è rimasta bloccata per mezz’ora. Problemi di alimentazione, dicono, tra Marconi ed Eur Magliana. Il giovedì e il venerdì precedenti, poi, guasti in area Laurentina hanno bloccato i convogli per due giorni, corse saltate, treni strapieni, ritardi. Nel week end precedente, poi, altre interruzioni. Dicono a causa del pre-collaudo della nuova linea B1. Che di recente, è diventata il capro espiatorio di tutti i mali della metro. Ogni sorta di disagio per i pendolari, ormai, viene imputato ai problemi tecnici legati alla sperimentazione della nuova linea. Tutti, ovviamente, sanno che non è così. Marco Ponti, professore ordinario di Economia Applicata al Politecnico di Milano, spiega a ilSussidiario.net le cause dei malfunzionamenti. «Chi gestisce i servizi pubblici sono, prevalentemente – e sicuramente lo sono a Roma – imprese pubbliche “sciagurate”; che essendo pubbliche si permettono di non fare gli ammortamenti». Cosa che un’azienda privata non potrebbe fare: «se non accantona fondi per le manutenzioni, semplicemente, fallisce». Quella pubblica non fallisce e non funziona. «La linea B è molto vecchia e quando un treno – il cui ammortamento dura circa 25 anni – o parte degli impianti superano una certa età vanno cambiati».
C’è una pervicacia impunita alla base dell’inadeguatezza del servizio. «Imprese pubbliche di questo genere sono prive dei soldi necessari perché hanno tenuto, negli anni, una contabilità irresponsabile». Si, ma perché? «Accantonare risorse – spiega Ponti -, politicamente, non è pratica spendibile. Meglio aumentare gli stipendi dei lavoratori e tenere le tariffe basse. Si tradurranno in voti. Non dimentichiamo che abbiamo le tariffe più basse d’Europa e i costi più alti. E che, ad esempio, l’Atm sa che non fallirà perché tanto ottiene ogni anno 600 milioni di euro dallo Stato. O che Ferrovie dello Stato, pur essendo formalmente una Spa, gode di una legge ad hoc che le consente di non fare gli ammortamenti». Viene spontaneo domandersi se non ci sia anche un problema di corruzione. Il ragionamento del professore è semplice: fino a prova contraria, c’è. « L’Italia, secondo le classifiche stilate da numerose organizzazioni internazionali, in Europa è, assieme alla Grecia, il Paese più corrotto. Nell’azienda pubblica che non deve rispondere al mercato, quindi, il rischio è onnipresente. Detto ciò, di più, nel dettaglio, non possiamo dire». C’è, poi, il problema delle forniture. Prezzo gonfiati, irrealistici rispetto a quelli di mercato. «Un gestore pubblico, non deve rispondere dei risultati economici, perché lo Stato non lo lascia fallire; si tratta di un incentivo perverso, che induce ad essere di manica larga con i fornitori; negoziare con loro, già di per sé è faticoso e, anche se non ci fosse corruzione – che, del resto, si tratta pur sempre di un’ipotesi che tocca ai giudici attestare – le imprese pubbliche hanno costi maggiori». Non possono mancare, ovviamente, le pressioni politiche. «L’assessore – seppur onesto – preme affinché la fornitura provenga dall’impresa A piuttosto che dalla B perché è lì che si trova il suo bacino elettorale. E’ una dinamica piuttosto comune, che determina meccanismi che non favoriscono la concorrenza».
Un modo per sbloccare la situazione esisterebbe. «Si tratta delle gare. Peccato che, salvo questo governo che appare leggermente più intenzionato dei precedenti, nessuno ha mai voluto farne di vere. Ovvero, ad oggi, ne sono state fatte circa un centinaio. Ma erano tutte palesemente finte. Sono state vinte dai gestori che già c’erano. Che, magari, all’occorrenza, cambiavano leggermente il proprio nome». Quindi, sarà la volta buona? «L’elemento discriminante, l’unico in grado di far funzionare le gare, consiste nell’Autorità garante per i trasporti. A seconda di come sarà costituita, e delle persone che ne faranno parte, gli effetti saranno più o meno positivi. Peccato che i nomi che stanno circolando al momento sono di persone che non sanno distinguere un camion da un aeroplano».
(Paolo Nessi)