Una perdita di acqua radioattiva dal reattore della centrale nucleare di Fukushima è stato catalogato come gravità 3, o incidente serio, su una scala da 1 a 7. Ad alzare il livello di guardia è stata la Nuclear Regulation Authority (NRA), l’agenzia responsabile della sicurezza nucleare in Giappone. Per Marco Ricotti, professore di Impianti nucleari al Politecnico di Milano, “l’incidente è avvenuto dopo che l’acqua era già stata depurata, e al suo interno si trovavano ancora dei beta emettitori, ma non i ben più pericolosi alfa emettitori. Il liquido fuoriuscito dal reattore si è riversato inoltre sul terreno circostante la centrale ma non è arrivato a raggiungere l’Oceano Pacifico”.
Professor Ricotti, l’incidente di Fukushima è stato definito di livello 3. Qual è realmente il significato di questa quantificazione?
L’innalzamento del livello di sicurezza da 1 a 3 è innanzitutto un fatto tecnico. Quando si hanno rilasci nell’ambiente di quantità di materiale radioattivo che supera certi limiti, in funzione delle quantità che oltrepassano certi limiti, è associata una gravità che varia da 1 a 7. I diversi livelli di gravità si differenziano in base alle quantità di materiale radioattivo rilasciato.
Che cosa ci dice invece per quanto riguarda la tipologia delle sostanze contenute nell’acqua?
L’acqua contaminata che è stata riversata all’esterno contiene beta emettitori. Questi ultimi non sono tra i radionuclidi più pericolosi, a differenza degli alfa emettitori o di dosi di neutroni. Le radiazioni beta sono facilmente schermate dagli indumenti o dagli strati di materiale plastico.
Per quale motivo l’acqua del reattore non conteneva alfa emettitori?
I tre reattori della centrale nucleare di Fukushima sono di continuo raffreddati in “circolazione extracorporea”. E’ immersa dell’acqua di raffreddamento nell’edificio del reattore, e dopo che questa ha svolto la sua reazione di raffreddamento è raccolta all’esterno, purificata e riutilizzata per un nuovo ciclo. Il sistema di raffreddamento aggiunto dopo lo tsunami del 2011 ha vari livelli di “ridondanza”, cioè non c’è un unico filtro protettivo.
Questi filtri protettivi hanno dimostrato di funzionare?
Il loro effetto è quello di contenere i danni anche in caso di un incidente. Anche in presenza di un errore umano, l’acqua non rifluisce nel mare ma in una pozza circoscritta che sarà poi decontaminata. L’acqua fuoriuscita ha inoltre una contaminazione medio-bassa, in quanto aveva già subito il primo dei due cicli di purificazione. La situazione sarebbe quindi stata molto più grave se l’acqua fosse uscita prima di essere passata attraverso questi cicli di purificazione. In questo momento sono in corso le operazioni sia di trasferimento dell’acqua dal serbatoio difettoso sia di raccolta dell’acqua fuoriuscita. La Tepco sta iniziando a bonificare il terreno contaminato e a effettuare verifiche su altri serbatoi dello stesso tipo presenti sul sito.
Come si spiega che a due anni e mezzo dallo tsunami si sia verificato un incidente come quello di questi giorni?
Le motivazioni potrebbero essere diverse, ma rilasci importanti di radioattività sono improbabili. I reattori sono raffreddati attraverso la tecnica che ho spiegato prima, c’è molta acqua contaminata sul sito, ma la cosa importante è che la radioattività resti in un’area delimitata e non ci siano sversamenti importanti, né in mare né sul territorio. La probabilità che un rilascio di quest’acqua vada poi effettivamente a danneggiare la popolazione è molto limitata. Nel caso di sversamenti o contaminazioni dell’area locale, che comunque è già destinata a non essere più utilizzata, il danno è relativo.
Per quali motivi però si è verificato questo incidente?
Da un punto di vista tecnico quello che è avvenuto rientra tra gli incidenti o i malfunzionamenti classici. Un serbatoio che perde o un errore umano possono verificarsi in qualsiasi impianto industriale. Nel caso di Fukushima si tratta di materiale radioattivo, e c’è quindi un’enfasi e un’attenzione mediatica superiore rispetto ad altri versanti. E’ stata data maggiore risonanza a questo incidente che non al recente collasso di un’intera area dovuto all’utilizzo delle tecniche di shale gas.
(Pietro Vernizzi)