La scuola media compie 50 anni. Non immaginatevela, però, come una signora avvenente nella sua maturità di donna e di madre. La scuola media compie 50 anni, ma non li dimostra affatto. Sembra piuttosto una quindicenne che passa il suo tempo sull’altalena, anzi su più altalene. È infatti una scuola che oscilla paurosamente e spesso fa venire il mal di testa; una scuola di e per preadolescenti molto “preadolescente”, instabile, quasi isterica, a guardarla diacronicamente.
Proviamo a fissarne le mosse in tre immagini.
Immagine n. 1: polo disciplina – polo adolescente (preadolescente). Comprendiamo questo altalenante movimento se consideriamo che la scuola media ha nel suo DNA un duplice carattere genetico: adeguatezza ed aderenza (come un vestito) alla persona del preadolescente; obbligo di formazione per tutti secondo un piano (programma) definito.
Più volte si è tentato di dare un baricentro a questa altalena culturale, prima ancora che didattica, enfatizzando ora la forma della conoscenza (disciplinarità), ora la dimensione soggettivistica o psicologica dell’interesse. Negli ultimi anni l’oscillazione è accelerata anche per i continui cambiamenti ( promessi, minacciati, in atto o attuati) del sistema scolastico, soprattutto nei primi dieci anni di questo ventunesimo secolo. Basta pensare ai ministri da Berlinguer alla Gelmini, passando per la Moratti e Fioroni fino a Profumo, e al fatto che la scuola media non è più terminale: l’obbligo di istruzione – come tutti sappiamo – non si ferma alla fine della terza media, prosegue fino ai 16 anni. Nonostante i tentativi, a volte contrapposti, resta scuola-altalena tra soggetto-oggetto, situata nel primo ciclo di istruzione, come secondaria di primo livello, indecisa tra la cura e l’accudimento degli alunni.
Immagine n. 2: un segmento breve ( tre anni) tra due lunghi: elementare e superiore (cinque anni). La scuola media qui rimbalza ora verso le elementari, ora verso le superioriNon può, né deve continuare. C’è tra la primaria e la secondaria continuità e discontinuità. Lo sa il docente che conosce molto bene la sua disciplina fino al punto di coglierne l’essenziale, il punto sorgivo e la valenza educativa nel suo insieme e nelle sue articolazioni. Per questo sa praticare l’arte della personalizzazione, che è flessibilità, attenzione e rispetto di chi si ha davanti, metodo per promuovere apprendimento significativo, critico, sempre più autonomo in quello spazio scolastico specifico che è la secondarietà di primo grado.
Immagine n. 3: polo “curriculi disciplinari” – polo “progetti di varie educazioni” in un alternarsi dentro – fuori la scuola pericoloso, perché si rischia la catastrofe dell’apprendimento, la vaccinazione contro la conoscenza, il bricolage delle attività e delle informazioni.
È possibile fermare queste altalene? È possibile arrivare ad un punto di equilibrio? Può la scuola media compiere la sua missione nei termini assegnati dalla sua legge costituiva (legge n. 1859 del 31 dicembre 1962), che all’art. 1 recita: «La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva»?
Crediamo di sì. Da certe parti sta accadendo. Succede dove la scuola media si configura e si offre come una comunità di apprendimento insegnato, organizzata dai suoi professori e da suoi dirigenti, in cooperazione con le famiglie, nell’orizzonte dell’educare istruendo ragazze/i tra gli 11-14 anni.
Professore viene da profiteor, che significa dichiaro pubblicamente (Devoto).
Di cosa fa dichiarazione un professore alle medie ? Del suo amore all’uomo, del suo amore alla disciplina e alla verità di se stesso e delle cose. Come? Insegnando una precisa materia, libero dall’ossessione degli standard minimi per tutti, che è stato il criterio che ha demolito la media ed ha eroso “nelle sue formulazioni più radicali” i confini della stessa scuola secondaria superiore. Una comunità di professionisti disposti a riportare la scuola media al suo compito che è servire il bene di ogni ragazzo puntando all’eccellenza di tutti e di ciascuno alunno, come testimoniano le esperienze che questo numero della nuova serie dei Quaderni di Libertà di educazione presenta.