Siamo arrivati all’ultimo appuntamento stagionale per quanto riguarda il circuito ATP: il tennis va in vacanza fino al 2013, ma prima ci regala un’ultima, entusiasmante sfida. Novak Djokovic-Roger Federer è la finale del Masters di Londra, ed è molto probabilmente lo spettacolo migliore che il pubblico della O2 Arena e di tutto il mondo si potesse aspettare. I due tennisti sono numero 1 e 2 al mondo, e arrivano a questo ultimo atto londinese avendo vinto i rispettivi gironi (fatti di quattro tennisti ciascuno) e poi le semifinali. A netto dell’assenza di Rafa Nadal (prossimo al rientro, così dicono le ultime) e del fatto che uno tra i due sopra citati e Andy Murray sarebbe comunque rimasto fuori, non si poteva chiedere di meglio. Forse, a ben guardare, la rivalità tra Djokovic e Federer è la meno accesa tra i quattro super giocatori: non c’è quell’aura di leggenda che avvolge le sfide tra Roger e Rafa, nè la claustrofobia che può prendere quando si ammirano partite tra lo stesso spagnolo e il serbo. Si affrontano due stili diversi, su una superficie – il cemento – che favorisce Djokovic, perchè non c’è la velocità dell’erba e un muro difensivo che sfianca l’avversario da fondo campo quale il serbo è ha sicuramente più benefici (lo ha ricordato anche Paolo Bertolucci, clicca qui per l’intervista esclusiva). Federer però ha vinto tanto su qualunque superficie, ha una classe che lo avvicina ai migliori di sempre (se non lo mette proprio davanti) e per lui il terreno conta poco. I precedenti sono 28, e Federer ne ha vinti 16. Nel 2012 siamo 2-2, con Djokovic che ha vinto le due partite su terra (entrambe semifinali, a Roma e al Roland Garros) e Federer che invece si è imposto nella semifinale di Wimbledon e sul cemento di Cincinnati (finale). Andando a guardare i precedenti che riguardano il solo cemento, scopriamo che Federer è in vantaggio 12-6, anche se solo cinque di questi sono arrivati negli ultimi due anni e quattro li ha vinti Djokovic, che nel 2011 è stato l’assoluto dominatore del circuito. Come dicevamo prima, si ricordano poche finali storiche tra i due: a livello Slam c’è solo quella degli US Open 2007, vinta in tre set da Federer quando però Djokovic aveva appena 20 anni e cominciava ad affacciarsi timidamente tra i migliori al mondo (era numero 3 e aveva appena battuto lo svizzero a Montréal). Così, le due partite più celebri vanno ricercate nelle semifinali: nel 2010 e 2011 Djokovic e Federer si affrontarono nel penultimo atto degli US Open e in entrambe le occasioni a vincere fu il serbo in cinque set. Nel 2010 Federer ebbe a disposizione due match point, ma Djokovic sparò un dritto a tutto braccio che ormai è entrato nei ricordi di tutti gli appassionati di tennis, si salvò e andò poi a vincere la partita (ma in finale fu sconfitto da Nadal). La leggenda di Nole è nata sostanzialmente quel giorno, sul centrale di Flushing Meadows: l’anno successivo il serbo ha vinto tre tornei dello Slam, mancando solo il Roland Garros. In campo questa sera ci sono 22 Majors vinti, anche se nè Djokovic nè Federer sono riusciti a centrare il Grande Slam (ma Federer ha almeno un successo in tutte le quattro prove, al serbo manca Parigi). Per Djokovic sarebbe il secondo successo ai Masters (il primo nel 2008), Federer invece ha già il record di titoli (sono 6) e può eguagliare Lendl per vittorie consecutive, che sarebbero tre: il ceco compì l’opera tra il 1985 e il 1987.
Novak Djokovic era inserito in un girone non esattamente facile. Andy Murray, Thomas Berdych e Jo-Wilfried Tsonga erano avversari scomodi per il serbo, soprattutto alla fine di una stagione stancante. Il serbo se l’è cavata egregiamente: sconfitto Tsonga in due set, è andato poi a incrociare Murray in quello che era considerato uno spareggio per il primo posto nel girone, che con tutta probabilità avrebbe evitato di incontrare Federer in semifinale (e così è stato). Nole è stato impeccabile: ha perso il primo set, ma poi ha fatto valere le sue doti di maratoneta, uscendo alla distanza e vincendo in tre set. A quel punto la qualificazione era dietro l’angolo: contro Berdych sarebbe bastato un solo set, ma Djokovic non ha fatto sconti e si è aggiudicato anche la partita, in due set. In semifinale si è trovato contro Juan Martin Del Potro, l’argentino che senza i continui infortuni (al polso soprattutto) avrebbe una posizione più alta rispetto all’attuale settimo posto nel ranking ATP e forse avrebbe anche alzato un paio di Slam in più. Anche qui il serbo è andato sotto nel primo set, incapace di rispondere alle bordate di Delpo; poi è risorto, ha iniziato a giocare con il suo stile fatto di costanza da fondo campo, facendo spostare i due metri e quasi 100 chili dell’argentino a destra e sinistra, fino a imporsi 4-6, 6-3, 6-2. Si presenta in finale forse più in forma di Federer, con qualche ora in più di riposo e con la convinzione di essere il peggior giocatore da trascinarsi in una partita lunga: se il cronometro supera le due ore di gioco, Djokovic probabilmente ha i favori del pronostico.
Di fronte però non c’è uno qualunque, bensì Roger Federer, 17 titoli dello Slam, qualunque record battuto o comunque eguagliato, una leggenda del tennis che in molti non esitano a definire il più grande di tutti i tempi. Facile il suo cammino verso la finale: spazzato via un inadeguato Tipsarevic, battuto in due set anche un osso duro come David Ferrer, lo svizzero aveva bisogno di un set per essere sicuro della semifinale. Lo ha vinto subito contro Del Potro, poi probabilmente è calato di intensità e ha concesso all’argentino di batterlo per la seconda volta in pochi giorni (era successo a Basilea), pur se l’argentino, che ha centrato la semifinale con questo successo, avrebbe preferito vincere la maratona infinita alle Olimpiadi. Sulla strada tra il Re e l’ottava finale di un Masters (ha perso nel 2005 da Nalbandian) c’era Andy Murray, battuto dallo svizzero nella finale di Wimbledon ma a sua volta vincitore su Federer alle Olimpiadi (sempre in finale). Nel terzo appuntamento in cinque mesi il numero 2 del ranking ATP (ha perso il primo posto appena prima di arrivare qui ha Londra) non ha avuto esitazioni: sotto di un break in apertura del primo set ha reagito, chiuso il primo parziale al tie break e dominato il secondo (6-2). Il settimo Masters non gli permetterebbe comunque di tornare in vetta alla classifica (sarà Djokovic a chiudere l’anno al numero 1), ma gli consentirebbe di entrare ancor più nella leggenda di questo sport e contribuirebbe a migliorare ulteriormente un 2012 nel quale ha saputo rinascere e riproporsi a livelli assoluti, quando tutti sostenevano che il suo periodo fosse arrivato alla fine.
Difficile dire chi sia il favorito per questa finale: Djokovic sul cemento è cresciuto tantissimo e, pur se non si può dire che il suo dominio sul duro sia uguale a quello di Federer sull’erba, la superficie gli dà un vantaggio. Federer a livello di classe non ha eguali, legge le partite come nessun altro e ha dalla sua una carriera che Djokovic non può avere (forse l’avrà, ma non ancora). Se la partita dovesse prolungarsi, il serbo sarebbe come detto favorito per la differenza di età (6 anni meno di Federer) e per le sue caratteristiche fisiche; ma Djokovic ha anche delle pause mentali che possono permettere a Federer di prendere il largo e non essere più ripreso. Non ci resta che dare la parola al campo: la finale del Masters ATP a Londra sta per cominciare…
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