Provate ad andare su Google maps e cercate “via Reagan”. Il motore di ricerca vi indicherà tre strade: in Oklaoma, Oregon e Texas.
Ma fra qualche tempo, non si sa mai, tra i risultati, potreste trovare una via Reagan al di qua dell’Oceano.
Forse proprio nella capitale. È quanto si augurano i comitati scientifici di Tocqueville, Libertiamo e l’Occidentale, tre dei principali portali d’informazione seguiti dagli internauti di centrodestra, che si sono fatti carico di una raccolta firme per intitolare una via nella capitale (ma anche a Milano e a Napoli), all’ex presidente americano. «E perché non anche a Sigonella», spiega Umberto Mucci, membro dell’Italian American Museum di New York, richiamandosi provocatoriamente ad uno degli episodi di maggior tensione fra Italia e Stati Uniti, verificatosi proprio quando Reagan, o Ronnie, come lo chiamano i sostenitori, era alla Casa Bianca, «un luogo simbolo di quello che è stato anche un rapporto molto duro fra i due Paesi». Iniziativa appoggiata con entusiasmo anche Antonio Martino, ex ministro degli Esteri, tra i principali conoscitori italiani del nume del conservatorismo statunitense. «Nel 1980 presi un anno sabbatico e me ne andai negli Stati Uniti, presso la Heritage Foundation. Quello che allora era il candidato Reagan chiese alla fondazione di redigergli il programma di governo, e così mi ritrovai coinvolto nell’impresa». Martino ritiene ancora oggi il presidente tra i migliori politici della scena contemporanea. Senza volersi spendere in un impietoso paragone con l’Italia: «I politici sono un mazzo di vigliacchi. Non hanno il coraggio di battersi per le idee in cui dicono di credere».
«In un momento nel quale occorre aggiornare i punti di riferimento che costituiscono il patrimonio del centrodestra, Reagan mi pare che entri di diritto fra i padri nobili: ha dato il via ad una vera e propria rivoluzione di cultura politica e rimane un punto di riferimento per i liberali di tutto il mondo». Questa l’opinione di Benedetto della Vedova, onorevole di rito finiano, diviso da Martino causa opposte strade parlamentari, ma unito dalla condivisione di irrinunciabili issues politiche.
«Non ci proponiamo di riunire Pdl e Fli – spiega Mucci – ma di farle convergere sull’opportunità di intitolare una strada a Reagan, quello sì».
Ma perché una via proprio per Reagan?
Perché ha liberato l’Occidente dalla minaccia comunista, perché le sue politiche economiche si sono dimostrate vincenti, avendo generato la maggiore crescita nella storia degli Stati Uniti. E perché oggi negli Usa, ma non solo, gli viene finalmente riconosciuta una primazia nella difesa dei valori del libero mercato, e questo a prescindere dagli schieramenti politici.
In tutta Europa solamente la Polonia ha intitolato vie a Reagan. Nella stessa Gran Bretagna, alleato storico di Washington, non se ne trovano. Non è una proposta un po’ prematura?
Siamo coscienti che è un’iniziativa che qualcuno potrà definire prematura, altri provocatoria. In realtà noi riteniamo che non lo sia. In questi giorni sono ricorsi i cento anni dalla sua nascita, ma ha giurato a Capitol Hill ormai trent’anni fa. E non sono solamente i risultati della sua presidenza che ci spingono a promuovere questa iniziativa. Ma sono anche le idee che professava. Già a partire dalla campagna elettorale dei Goldwater nel 1964, o durante il suo mandato di governatore della California. Poi è vero che ha segnato un’epoca recentissima, ma è anche quello che ha lasciato il segno più importante.
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Il sindaco Alemanno ha una propria storia personale derivante non dal liberalismo e dal liberismo, quanto piuttosto da una visione “sociale” propria di una parte non irrilevante della destra italiana.
Il sindaco potrebbe sfruttare quest’occasione per togliersi di dosso una patina da leader della “destra sociale”. Non perché sia sbagliata, ma perché comunque è solo una parte di quella che dovrebbe essere l’intera destra italiana. È un’ottima occasione per avvicinarsi a quella destra liberale e liberista che è lontana dal suo patrimonio. C’è anche da dire che molti dicono che il rapporto di Alemanno con gli Stati Uniti sia problematico, ma questo non è un modo per ricominciare un rapporto. Comunque, al di là di quelli che possono essere dei consigli politici al sindaco, questa è la capitale, e dunque è la prima città in cui dedicare la via ad un uomo che ormai travalica gli schieramenti. Il suo ruolo nella difesa dell’Occidente libero dovrebbe essere riconosciuto da tutti. Ci andremo a parlare, affinché Roma faccia quello che Berlino non ha voluto fare. E dire che lì Reagan ha pronunciato uno dei suoi discorsi più importanti, “Tear down this wall, mr. Gorbaciov”.
Siete riusciti a mettere seduti allo stesso tavolo due persone come Martino e Della Vedova, espressioni di due parti del centrodestra italiano che, dopo aver perso per strada l’Udc, sta continuando a frammentarsi ulteriormente.
Non abbiamo quest’ambizione. Perché non abbiamo questa forza e perché non vogliamo caricare di questo peso Martino e Della Vedova, anche perché probabilmente non lo vorrebbero, anche se sono tra quelli che invece vorrebbero dialogare. Non sarebbe giusto addebitare una richiesta che non c’è. Questo è un ulteriore merito da attribuire a Reagan, il cui messaggio travalica gli schieramenti. In Italia Reagan è stato spiegato male. Da un centrodestra che non aveva il coraggio di proporne le linee programmatiche, e da una sinistra che ha condotto una battaglia culturale proprio contro quelle linee. Ma, come ha sottolineato il professor Martino, Reagan non comunicava bene perché era un grande comunicatore, ma perché aveva qualcosa da comunicare.