In un’anticipazione riportata in questi giorni da Il Corriere della Sera dell’intervista che Mauro Moretti ha rilasciato a Report e che andrà in onda il 3 aprile, l’ad di Finmeccanica si esprime così a proposito dell’Associazione degli Industriali: “C’è una grande burocrazia all’interno di Confindustria che non dà servizi di pregio ed è costosissima. Abbiamo già scritto lettere a Viale dell’Astronomia: siamo disponibili a rimanere ma solo pagando un giusto prezzo, cioè commisurato al valore dei servizi forniti”.
Come scrivevamo in tempi non sospetti su queste pagine, la prestigiosa conglomerata aerospaziale è da tempo fonte di rumors circa le sue scelte future, anche in relazione alla sua permanenza in Confindustria; soprattutto oggi che Finmeccanica ha firmato un’ipotesi di contratto di secondo livello con i sindacati.
L’accordo in questione, per quanto ancora da ultimare, è un’intesa di rilievo, sia perché coinvolge un numero importante di lavoratori, sia perché rappresenta un asset particolarmente strategico. E tutto ciò avviene in un momento in cui la contrattazione pare uscire dalla fase di stallo (chimici e alimentaristi hanno rinnovato), ma a livello di accordi e modelli vari tra le parti si brancola ancora nel buio (l’intesa tra Cgil Cisl e Uil resta al momento non condivisa sul fronte datoriale). Sarà il rinnovo della metalmeccanica a sbloccare la situazione, questo perché entrambi i candidati ancora in corsa alla presidenza di Confindustria (Vincenzo Boccia e Alberto Vacchi) ritengono programmatico il manifesto per le relazioni industriali di Federmeccanica.
Ci chiedevamo, in occasione della firma di tale intesa, quale utilità concreta potesse avere Finmeccanica nel restare all’interno del sistema confindustriale. Oggi da Moretti arriva una risposta chiara: a questi costi, nessuna utilità. Considerato che si avvicina l’elezione del prossimo Presidente degli Industriali, il monito che arriva da Moretti – per quanto non inedito – è chiaro: il sistema imprese italiano ha bisogno di una rappresentanza nuova, meno burocratizzata e più capace di tutelare e promuovere i valori dei suoi rappresentati.
Oggi tutti hanno compreso quale livello di oneri fiscali ricada sul sistema imprese. Come più volte ha ricordato il manager riminese, come possono le imprese italiane concorrere con i loro competitor internazionali con livelli di tassazione tanto differenti e tanto svantaggiosi per quelle di casa nostra?
Interrogativo sacrosanto. Ma aggiungiamone un altro: a che serve una rappresentanza delle imprese se non a contrattare con i sindacati e ad arginare la costante voracità fiscale dello Stato?
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