Nel 1981, in seguito ad una caduta da cavallo, si chiuse bruscamente la carriera da atleta di Luca Pancalli. O almeno una parte di essa, visto che il tenace ragazzino romano vinse, da Mandeville 1984 ad Atlanta 1996 ben quindici medaglie paralimpiche: otto ori, sei argenti, un bronzo.
Oggi, dopo aver rivestito anche il ruolo di commissario della Federazione italiana gioco calcio nei turbolenti mesi di calciopoli, Pancalli è vicepresidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, ai vertici di quella complessa macchina che lavora silenziosamente per quattro anni tra le federazioni sportive, raccogliendo i propri frutti nei brevi ed esaltanti giorni delle competizioni olimpiche.
«Se è vero che l’occasione delle Olimpiadi a Roma innescherebbero un meccanismo virtuoso per tutto il movimento, è necessario anche fare una riflessione. L’evento olimpico per la dimensione sportiva, ovunque si celebri, resta tale, dal punto di vista squisitamente tecnico e sportivo», osserva Pancalli. Che spiega: «Roma non è l’occasione per una maggior attenzione dal punto di vista atletico. Dovunque si tenga nel mondo, per la dimensione sportiva non cambia la programmazione, il perseguimento di un determinato risultato».
Si giocherebbe in casa però…
«È chiaro che in quel caso avrebbe tutto un altro sapore dal punto di vista “romantico”. Poi sarebbe un’occasione per il Paese dal punto di vista economico, della riorganizzazione delle infrastrutture sportive e non. Sarebbe anche un’occasione di rilancio dell’immagine del Paese. Paradossalmente è un evento sportivo, ma in primo luogo sarebbe un’occasione per tutta l’Italia».
Anche quella sportiva.
«Certo. Un’occasione per dimostrare la capacità di competenza e di organizzazione dei grandi eventi. D’altronde ogni volta che ci siamo cimentati in sfide del genere abbiamo dimostrato di saper fare il nostro lavoro. Tra le ultime le Paralimpiadi 2006, che sono ricordate come un evento sportivo straordinario anche dal punto di vista sportivo. O ai mondiali di nuoto, la pallavvolo. È un modo per dimostrare la grande vitalità dello sport italiano».
Concederà però che l’occasione di avere un Olimpiade a Roma attirerebbe un surplus di fondi, investimenti. Energie da spendere in una filiera produttiva che allo sport sarebbe utile.
«È sicuramente un’occasione straordinaria in termini comunicazionali per parlare sempre di più di tutte le attività sportive del grande circo olimpico e paralimpico e dei nostri atleti, nell’ottica di promozione dello sport e della cultura sportiva del nostro Paese. Lo abbiamo già visto, sul fronte degli sport invernali, con Torino 2006. Non arriverebbero più fondi per la promozione della programmazione sportiva. Ci saranno però maggiori attenzioni, che consentiranno a tutto il mondo dello sport italiano di poter investire di più in termini infrastrutturali. Da questo punto di vista l’impiantistica romana avrebbe uno sviluppo straordinario. Il 73% degli impianti già esistenti sarebbero potenziati, altri sarebbero costruiti. Si consideri poi che le varie federazioni investirebbero sulle proprie strutture preparatorie, che rimarranno negli anni a venire».
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Investimenti anche sulle infrastrutture urbane.
«Certamente. Se si considerano le Paralimpiadi, bisognerà investire sull’impiantistica e le infrastrutture urbane, da rendere adeguate all’occasione, a misura di persona disabile. Ho visto città che erano totalmente inaccessibili diventare a misura d’uomo, come Barcellona nel ’92. Un’occasione per ripensare la città dal punto di vista dei servizi di trasporto e quant’altro».
Cosa ci sarebbe da costruire partendo da zero?
«Va individuato il bacino del cannottaggio. Poi va realizzato il Villaggio Olimpico a Tor di Quinto, dove sarebbe collocato anche il centro per i media nazionali e internazionali. Bisognerebbe attrezzare poi l’area del Circo Massimo e di Piazza di Siena, e il nuovo Velodromo all’Eur. Le altre strutture ci sono già, sono da adeguare e da mettere a nuovo per l’occasione».
Su quali aspetti dovrebbe puntare il Comitato promotore per riuscire a portare a Roma le Olimpiadi?
«Ha un compito difficile. Una candidatura olimpica non è mai una cosa semplice, non bisogna ritenere di avere una vittoria in tasca. Le candidature ad eventi internazionali non sono mai semplici. Ho vissuto nel 2007 quella agli Europei: siamo entrati da vincitori per uscirne da sconfitti. È una competizione difficilissima, ma mai come questa volta possibile. Deve lavorare per presentare una candidatura credibile, che riesca a comunicare che un Paese intero, e non solo una parte, crede nella candidatura di Roma. Lavorare ad una città che sappia rispondere alle esigenze di un grandissimo evento come questo non solo dal punto di vista sportivo e ovviamente cercare il più possibile di fare squadra, tentando di attirare risorse che sostengano uno sforzo come quello olimpico.
Ci sono state le rinunce di Gianni Letta, John Elkann e Alessandro Benetton a guida del Comitato promotore. Ora si fa insistentemente il nome di Nerio Alessandri, presidente di Technogym.
«A mio modo di vedere è la persona giusta. Un manager del mondo dell’imprenditoria che ha dimostrato di essere all’altezza della sfida, per ciò che ha fatto e saputo costruire. Sicuramente può assolvere bene a questo compito. Domani dovrebbe sciogliere la riserva, staremo a vedere».
Una curiosità. Tanti sport olimpici, ma manca ancora il rugby a 15, di cui Roma è innamorata grazie al Sei Nazioni che ogni anno si svolge allo Stadio Flaminio.
«C’è stata una scelta del Cio sul rugby a 7. Speriamo sia un’anticamera di quel che potrebbe accadere. Fino a qualche edizione fa il rugby a 7 non era presente alle Olimpiadi, segno che una porta si è aperta. È uno sport spettacolare e straordinario, ha pieno titolo per rientrare nel programma olimpico».
(Pietro Salvatori)