Milano attrae sempre di più gli investitori esteri. Una ricerca dell’ufficio Studi e Analisi Statistica della Camera di Commercio di Milano del 2010 rivela le doti del capoluogo lombardo. Doti che, tuttavia, «sebbene siano effettivamente attribuibili a Milano, una serie di fattori frena decisamente il suo potenziale di crescita», spiega Emilio Colombo, docente di Economia Internazionale all’Università Bicocca di Milano, interpellato da ilsussidiario.net. In ogni caso, cresce l’internazionalizzazione delle 70 imprese più grandi (per fatturato), 30 delle quali operanti nel settore industriale, 15 nel commercio, altrettante nei servizi, e 10 nell’energia. Nel 2010, in particolare, si sono registrati 53 investimenti stranieri per l’avvio di nuove attività. Commercio, marketing e supporto vendite, sono i comparti maggiormente interessati. Il numero è impressionante, specie se si pensa che rappresenta il 28 per cento del totale nazionale. Nel corso del 2010 sono cresciuti, inoltre, i settori che storicamente hanno manifestato la maggior capacità di catturare l’attenzione dei gruppi stranieri: software e servizi Ict (+33%), moda (+62%) e servizi di comunicazione e marketing (+50%). La crescita ha permesso a Milano di piazzarsi al sesto posto (era 13esima nel 2005) per nuovi progetti di investimento da parte di soggetti internazionali, superando Amsterdam, Barcellona, Francoforte e Zurigo. L’incremento cittadino ha sortito riflessi positivi sulla Regione, dove si sono effettuati un terzo degli interventi stranieri italiani (67, +30% rispetto al 2009). Il dato ha consentito alla Lombardia di collocarsi al nono posto (14esima, nel 2005) tra le Regioni europee più attrattive. In 20 anni (1989-2009), infine, la percentuale delle multinazionali straniere presenti sul suolo milanese è passata da 23 al 36%, mentre quella delle aziende locali acquistate da gruppi stranieri dal 4 al 7%. Numeri rassicuranti, perlomeno. Colombo, tuttavia, sottolinea: «Si tratta di un dato relativo. Milano, purtroppo, risulta vincitrice di una guerra tra poveri. Perché in Italia l’entità dell’investimento estero è scarso. L’inefficienza del sistema giudiziario è una della cause principali. Le imprese internazionali, infatti, sanno che in Italia, laddove dovessero imbattersi in un contenzioso finanziario, amministrativo o commerciale, o in una causa del lavoro, dovranno aspettare anni per giungere ad una soluzione».
Altro fattore, tristemente noto, «la scarsa risposta ai problemi da parte delle imprese e delle istituzioni». Resta il fatto che, «effettivamente, Milano è l’unica grande città italiana in grado di attirare capitali stranieri». Colombo, spiega il motivo: «dal punto di vista dei trasporti è ben connessa, facilmente raggiungibile dal resto d’Europa. Inoltre c’è un terreno imprenditoriale fertile, e le imprese hanno la possibilità di innestarsi in un substrato economico che permette loro di ottenere non solo la fornitura diretta, ma anche tutta una serie di servizi e sub-forniture accessorie senza difficoltà». Un evidente rovescio della medaglia grava sulla Città: «se può dirsi attrattiva per le imprese, lo è molto meno per le persone. A causa del costo della vita, (a partire da quello dell’abitazione) e degli stipendi non adeguati». Sul fatto, poi, che alcune multinazionali abbiano acquistato diverse aziende milanesi, Colombo non ha dubbi: «L’importante è che le imprese ci siano, producano, generino posti di lavoro e che rimangano. Se il proprietario è brianzolo o inglese ha poca importanza. Il fatto stesso che le multinazionali vogliano acquisirle, significa che sussiste un tessuto vitale che genera valore. Del resto, se agiscono sul suolo italiano dovranno osservare le regole italiane, e creeranno ricchezza per l’Italia. Uno dei grandi problemi per le nostre imprese è il loro nanismo. Il fatto che vengano collocate all’interno di multinazionali, quindi, può contribuire a farle uscire dalla loro dimensione di scarsa competitività».