A pochi giorni dall’Expo, A2A presenta un piano che è dichiaratamente un messaggio della Lombardia al futuro. Fra le “main purpose” del business plan a 5 anni non manca nulla: leadership fra le multiutility in Italia; solidi indicatori economici e finanziari; forte componente innovativa; capacità di restituzione del valore ai territori e alle comunità; posto ideale in cui lavorare. “Non è un libro dei sogni”, ha detto il neo-presidente Giovanni Valotti: convinto che i contenuti industriali del piano convinceranno la Borsa (ieri ancora sui massimi da un anno), Aperto alla crescita per linee esterne ma principalmente su piccole e medie utility lombarde. In linea di principio non contrario – da capo del cda – all’ingresso di soggetti come i fondi Cdp nella compagine sociale: ma preoccupato di rammentare ai mercati che l’attuale top management è stato insediato da una proprietà pubblica imperniata sui comuni di Milano e Brescia.
La “Next Thing” lombarda, in ogni caso farà leva sulla razionalizzazione strategica della sovraccapacità installata nei settori tradizionali di produzione di energia elettrica (come le centrali termo), con la nascita di un’unica “genco”. A lato, campo libero allo sviluppo sull’ ambiente, green economy e distribuzione del gas sul mercato libero.
È questa la A2A che Valotti e l’amministratore delegato Valerio Camerano si immaginano al termine di 5 anni caratterizzati soprattutto da un budget di investimenti superiori ai 2 miliardi di euro (+40% rispetto al quinquennio precedente). Il dividendo, salito del 10% nel 2014 a 3,63 centesimi per azione sarà identico anche nel 2015 e 2016 perraddoppiarsi a 7,5 centesimi a fine piano. Soddisfatti i sindaci dei due comuni principali azionisti Milano e Brescia che, di fatto, vedono invariato il gettito anche a seguito della recente vendita del 5% del capitale per scendere al 50% più due azioni. L’ebitda è atteso intorno a 1 miliardo quest’anno e a 1,35 miliardi al 2019 (+32%). Il debito a 2,5 miliardi a fine piano.
Il piano, molto atteso dal mercato (l’ultimo risale a novembre 2012), ridisegna una nuova utility che taglia del 40% la capacità termoelettrica in un comparto che stenta a riprendersi a seguito del calo della domanda e del boom delle rinnovabili e si apre a nuove aggregazioni sul territorio della Lombardia, ma non chiudendo a mosse oltre regione. Nessun nome, ma chiaro il messaggio inviato soprattutto ad Acsm-Agam , la piccola utility di Como e Monza e a Linea Group (Pavia, Lodi,Cremona e Rovato): “A oggi non c’è nessun tavolo ufficiale aperto con nessuna azienda, quindi nessun dossier; esiste una proposta di modello di aggregazione al quale crediamo molto e che auspichiamo sia condiviso da diverse aziende. Il timing è per il 2015 perché quest’anno si possono utilizzare gli incentivi”, ha spiegato il presidente Valotti.
L’obiettivo è creare la multiutility dei territori dove non necessariamente il pesce grande, A2A, rilevi i pesci più piccoli. Una proposta che sembra piacere, “ma di lì a concludere qualcosa ce ne vuole”, ha aggiunto Valotti. Camerano ha spiegato che una eventuale aggregazione potrebbe realizzarsi in contanti e azioni perché il piano attuale è tutto autofinanziato. E qui si inseriscel’ipotesi che il Fondo strategico italiano della Cdp possa entrare nel capitale di A2A liberando risorse utili. Valotti ritiene che “non ci sia una contrarietà da parte dei soci a valutare queste operazioni. Eventuali aumenti di capitale saranno giustificati solo al sostegno di operazioni industriali”.