L’audizione presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato in seduta congiunta, cui sono oggi state invitate le rappresentanze degli Enti Locali e delle Autonomie Regionali, è stata una occasione particolarmente significativa per mettere a fuoco le rilevanti criticità, sia a livello economico-finanziario, che ordinamentale, contenute nel D.L 138, all’esame del Senato per la sua conversione. Le Regioni, in una sede così autorevole e competente, hanno per la prima volta avuto l’opportunità di fornire al Parlamento alcuni dati significativi degli effetti delle tre manovre, approvate dal Governo negli ultimi due anni, sui bilanci regionali e le loro ripercussioni sul processo di federalismo fiscale iniziato nel nostro Paese. Fare chiarezza su questi temi è particolarmente necessario perchè troppo spesso interventi anche di autorevoli studiosi (v. Intervento del Prof. Antonini su IlSussidiario.net del 16 agosto scorso) rischiano di dare una rappresentazione falsata della realtá.
In particolare mi preme fare chiarezza su due punti:
1. Le manovre sono state “giuste” e “proporzionali” fra i diversi livelli istituzionali?
2. Esse hanno messo in crisi il processo di federalismo fiscale.
Purtroppo non posso condividere affatto le tesi del prof. Antonini che sostiene:
1. Che il peso maggiore delle manovre è stato sostenuto dalle Amministrazioni centrali;
2. Che le manovre non hanno alcun effetto significativo sul federalismo fiscale. Io ritengo che i dati oggettivi e non le mie opinioni personali raccontino una storia diversa.
1. Per l’entità delle manovre parto dai dati contenuti nella Relazione della Ragioneria Generale ai decreti : nelle tre manovre la somma dei tagli ai trasferimenti e al patto di stabilità complessivamente ammonta a 104,75 miliardi di cui 25,5 a carico dello STATO (24,34%); 60,45 a carico delle REGIONI (57,7%); 4,1 a carico delle PROVINCE (3,91%); 14,7 a carico dei COMUNI (14,03%). Se si pensa che le Regioni gestiscono meno del 20% della spesa pubblica, risulta chiaro che sulle Regioni si scarica un peso triplo del dovuto, compromettendo la possibilità di erogare servizi fondamentali.
2. Le manovre hanno compromesso PER LE REGIONI e non per Comuni e Province il federalismo fiscale per il semplice motivo che ne hanno minato il fondamento. Esso infatti, come ben sa il Prof. Antonini, non è rappresentato nè dai costi standard nè dalla cessione di immobili, cose possibilissime anche in un sistema non federale, bensì dalla trasformazione dei trasferimenti “concessi ed elargiti dallo Stato” in quote di tributi propri o compartecipati. Ebbene nel bilancio dello Stato ad oggi dei circa 6 miliardi di trasferimenti alle Regioni che vi erano nel 2009 non vi è neppure un euro. La conseguenza non opinabile è che quando nel 2012 partirà il federalismo fiscale per comuni e province, le regioni rimarranno al palo, facendo venire meno il pilastro fondamentale dell’architettura disegnata dalla legge 42 del 2009.