Terza serata del Festival di Sanremo 2013 e per fortuna si parla di calcio. Roberto Baggio è stata la star della kermesse non cantata. Ospite d’oro del pallone. Imbiancato, inquartato, pacato ed emozionato, ha letto una lettera ai giovani con parole per lui importanti: passione, gioia, coraggio, successo, sacrificio. Si realizza nella vita quello che si è; il sacrificio è l’essenza della vita. Il nostro ha subito sei interventi chirurgici, ma ha sempre combattuto e segnato più di 200 goal in serie A. La lettera forse l’ha stilata il suo amico-manager-guida spirituale buddista Vittorio Petrone, ma sicuramente sotto dettatura di Roby Baggio.
La serata è stata segnata dalla parola amore. Che ideona per Fazio e suoi autori, Posani, Martelli, Serra (tutti da Festival dell’Unità), che hanno preso spunto dalla ricorrenza di San Valentino. Mai chiamato in causa fortunatamente, anche se ieri era la festa di due grandi santi della Chiesa, Cirillo e Metodio patroni d’Europa (sicuramente non ben accetti al Festival dell’Unità).
Amore, che si è esplicitato in una banale gag iniziale tra i due conduttori sull’aria della canzone “Vattene amore”, con tanto di fiori. Dalla parola amore al flash mob contro la violenza nei confronti delle donne, al pippotto di Luciana sull’amore gay e sui diritti dei non sposati. Slogan ed editti. Mi è sembrata più che la festa dell’amore, la festa della donna e della propaganda vetero zapateriana. La chiave di tutto ciò è un relativismo, ben espresso dalle dittature marxiste e atee con la proclamazione delle feste nazionali dell’Amore, della Donna, della Luce, del Lavoro, della Libertà e dei Diritti Sociali (Russia e Cina i casi più eclatanti). L’aria da Festival dell’Unità, sarò monotono, si respirava pesantemente.
Fabiolino è apparso sempre spento, e triste-triste, con la sua camicia con il solito collettino (ma era la stessa della prima e seconda serata?) e la cravattina con l’elastico. È ritornato agli antipodi con alcune battute imitando Vespa e altri, ma niente di eclatante. Se la prima sera Litiz era da mandare a casa, mercoledì invece è stata la star contro-gnocca e ieri è stata lei la conduttrice. È in ascesa, non solo per le bizzarre scarpe colorate dal tacco 20.
Passiamo alla musica. Abbiamo ascoltato le canzoni di tutti i big e dei giovani. In generale non male sia nei testi che nella musica, ma lascio ad altri che hanno più sensibilità musicale e capacità critica, il giudizio sull’argomento. Non posso astenermi dal parlare di Elio e le storie tese che pare spopolino sul web.
Qualcuno li ha esaltati per le canzoni e per il cabaret che hanno portato al festival. Mi spiace, ma se il primo motivo (“Dannati forever”) faceva veramente schifo sia nel testo che nella musica, la canzone rimasta in gara (“La canzone mononota) non è da meno. Dicono che sia una parodia, una presa in giro feroce del mondo della musica. Amici svegliatevi, se non si fossero travestiti e non avessero scritto testi irriverenti e insulsi, chi li avrebbe seguiti? Solo chi (leggi Fazio e qualche critico tv) travisa la realtà scambiando gag da Colorado per musica e ironia vera.
Una domanda. Ma perché invitare Al Bano a mezzanotte per fargli cantare alcune strofe e alle 24:10 mandarlo a dormire con un premio-trofeo più grande di lui? Risposta rifacendomi a Elio:Perché Sanremo è Sanremo!