Un improvviso malore ci ha privato nel pomeriggio di ieri del bolognese Valerio Negrini, paroliere di canzoni che echeggiavano la più quotidiana delle letterature popolari.
È troppo difficile, in un momento come questo, riuscire a racchiudere in poche parole la nostra sofferenza – dichiarano Roby Facchinetti, Dodi Battaglia e Red Canzian, che hanno appreso la notizia dalla moglie Paola nel pieno del dolore – possiamo soltanto dire che la nostra strada è stata sempre tracciata dalla sua poesia».
Di natura diametralmente opposta all’impeto tra il visionario e il confidenziale di un Mogol, rifletteva il percorso di tanti in una fase esistenziale che ha interessato tutti noi – direttamente o di striscio. Quella di un’immediatezza sentimentale a volte pigra a volte in cerca di una messa a fuoco nel percorso di vite che investigano il senso a partire dalla cronaca più spicciola e dalla ripetizione apparentemente uniforme di gesti, sguardi e relazioni.
Caso singolare nel mondo musicale italiano, è stato dei Pooh insieme a Roby Facchinetti e Riccardo Fogli il fondatore nonché – sino all’anno 1971 – batterista e paroliere. In quell’anno, a ridosso dell’album Opera prima – caso ancor più strano e forse unico nella storia della musica – consumava una separazione dal gruppo che in realtà permise il nuovo e definitivo matrimonio con la più celebre delle band della musica nostrana divenendone il paroliere a tempo pieno.
Gran parte delle canzoni del gruppo che hanno assunto un ruolo emblematico nel tempo entrando nel linguaggio popolare persino nella forma del botta e risposta tra amici (Chi fermerà la musica, Pensiero, Tanta voglia di lei, Uomini soli) e persino alcune preziose pagine di puro repertorio (Il tempo una donna la città, Gitano, In diretta nel vento, Inca fino alla più recente Puoi sentirmi ancora) portano la sua firma.
Negli anni si alternò nella stesura dei testi a Stefano D’Orazio (cui aveva passato il testimone di batterista in quel 1971) ma con l’abbandono di quest’ultimo era tornato a svolgere quel ruolo a tempo pieno firmando tutte le liriche di Dove comincia il sole bel disco del 2010 contesto tra pop e pregevoli rimandi a certe pagine rock del gruppo in pieno decennio seventies.
Era forse l’artigiano della canzone nel senso più genuino e pratico del termine, un cronista che registrava con dovizia e senso di abnegazione gli attimi del vivere al minuto, il trafelato gesticolare, la routine delle fatiche, le pigrizie e le euforie, le annotazioni spicce e la labilità delle piccole illusioni e disillusioni romantiche.
Ma è stato proprio quel percorso di ritrattista quasi minimale ed effimero che ha fatto fiorire negli anni un risvolto impensabile di quell’umanità raffigurata dai suoi testi che a un passo dal baratro della depressione abitudinaria ha spiato e fatto proprio il piccolo filtro di luce che vi ha attecchito quasi esaltato dall’oscurità dominante. Ciò che ha portato il gruppo da Uomini soli all’interrogazione elementare e priva di malizie di Puoi sentirmi ancora (“… Certe notti Dio dove sta? Puoi sentirmi ancora, dimmi che mi senti, io voglio pensare di sì… c’è un faro puntato all’insù, chissà se lo vedi anche tu…dimmi che il cuore si accende anche lì, che niente finisce così).
«Non ci sono parole per descrivere un dolore così grande ed improvviso – dichiara Stefano D’Orazio – è una parte della mia vita che se ne va e già sento un vuoto incolmabile, buon viaggio amico mio».
Negrini aveva fatto suo un percorso di scrittore dell’umano a contatto con la normalità quotidiana lanciata all’inseguimento di un’ipotesi di definitività eroica. Ad oltre quarant’anni di distanza i Pooh, qualche mese fa hanno ripreso e rivisitato con orchestra sinfonica molti loro classici decidendo, quasi profeticamente, di intitolare questo lavoro Opera seconda. Ieri Negrini ha iniziato la sua di Opera seconda. E come alcuni mesi orsono il suo conterraneo Lucio Dalla ci ha potuto testimoniare questa probabilmente sarà la più bella.