L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (Aeegsi) sta preparando una riforma delle bollette elettriche che rischia di rivelarsi un autentico salasso per il portafoglio delle famiglie italiane, ma non di tutte: a essere penalizzate saranno soprattutto quelle meno abbienti. E non è l’unica iattura che porta con sé questo provvedimento, il cui varo potrebbe cadere nel prossimo autunno: la seconda conseguenza negativa si traduce in una disincentivazione di fatto di qualsiasi intervento per l’efficienza energetica, dato che la ratio su cui è costruita la riforma è sintetizzata nello slogan “più consumi meno paghi”.
Ma andiamo con ordine. La riforma, a cui l’Autorità sta lavorando da tempo, riguarda solo l’utenza domestica e si pone l’obiettivo dichiarato di “superare la struttura progressiva rispetto ai consumi e adeguare le componenti [della tariffa elettrica] ai costi del relativo servizio, secondo criteri di gradualità”. Come spiega l’Autorità in un documento pubblicato sul proprio sito e inviato al Governo, “si tratta di una riforma tariffaria di ampia portata, che coinvolge tutte le famiglie italiane per un totale di circa 30 milioni di punti di prelievo (oltre 23 milioni di abitazioni di residenza, a cui si aggiungono circa 6 milioni di altre unità abitative)”.
Come accennato, la strada intrapresa dall’Autorità per mettere ordine e riorganizzare i pesi delle voci che compongono la bolletta è quella del superamento della “struttura progressiva”, cioè di quel sistema che penalizza chi consuma di più con l’obiettivo di favorire comportamenti virtuosi all’insegna del risparmio energetico. In che modo dovrebbe avvenire il superamento della struttura progressiva? Proviamo a dirlo in modo semplice: spostando gli oneri in bolletta dalla parte variabile alla parte fissa, e quindi riducendo il costo del chilowattora. Questo non significa che si pagherà di meno, ma che si pagherà diversamente. La voce relativa alla quantità di energia consumata avrà un peso inferiore all’interno della bolletta elettrica, mentre aumenteranno i costi fissi.
Quali saranno le conseguenze di questo cambiamento? Il buon senso suggerisce che aumentando i costi fissi verranno colpiti gli utenti che consumano meno, e diminuendo i prezzi dell’energia elettrica verranno favoriti i grandi consumatori. Ma trattandosi di un intervento che riguarderà 23 milioni di famiglie, non ci si può fermare al buon senso. Per avere un’idea più precisa dell’impatto che una simile regolamentazione potrà avere sugli utenti italiani affidiamoci alle ipotesi sviluppate proprio dalla stessa Aeegsi.
L’Autorità ha infatti elaborato una scheda tecnica. In questo documento è presente una tabella (riportata qui sotto) che “valuta gli impatti di variazione di spesa annua su 8 clienti benchmark (definiti in base alla potenza impegnata, ai consumi annui e alla residenza) rispetto alla spesa attuale”.
La prima cosa che balza agli occhi è la conferma provata che questo sistema premia chi ha consumi più alti e penalizza, anzi castiga, chi ha consumi più bassi. Una ricerca di Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) pubblicata alcuni mesi fa, evidenziava che a consumi più bassi corrispondono stili di vita più austeri e situazioni economiche più difficili, e che invece non c’è proporzionalità diretta tra aumento del numero dei componenti della famiglia e aumento dei consumi.
A pagare l’aumento dei costi della bolletta elettrica del 30% saranno quindi soprattutto pensionati e famiglie sotto la soglia di povertà. Chi beneficerà invece degli sconti in bolletta sino al 40%? I nuclei familiari che consumano di più e le fasce sociali più ricche (non le famiglie più numerose). Ecco spiegato quindi come sarà il salasso che la stessa Autorità descrive nella tabella pubblicata sul suo documento.
Si prefigura quindi un incremento delle disparità sociali che risulta ancora più fastidioso in un momento in cui le difficoltà delle famiglie italiane sono sotto gli occhi di tutti. Ma, come già accennato, il documento dell’Autorità porta con sé un’altra conseguenza nefasta: diminuire il costo del kilowattora infatti significa disincentivare qualsiasi intervento di efficienza energetica e qualsiasi comportamento virtuoso improntato a una riduzione degli sprechi di energia. Questo va evidentemente contro la tendenza che si sta affermando in questi ultimi anni in tutti paesi industrializzati e contro la necessità di contenere l’incremento dei consumi energetici a livello globale.
Il provvedimento dell’Autorità, nel caso fosse approvato nella versione attuale, si tradurrebbe quindi in una spinta all’aumento dei consumi di energia elettrica. A beneficiarne sarebbero i produttori di energia da fonti fossili, che negli ultimi anni hanno dovuto subire l’offensiva delle rinnovabili. Ed è qui che il “cui prodest” torna di drammatica e penosa attualità.