Mentre il mondo industriale americano è in subbuglio dopo l’annuncio delle nuove direttive di Obama circa la produzione energetica, dal Politecnico di Milano arriva la notizia di un’invenzione che può dare un contributo per il recupero di energia in tante situazioni quotidiane. Si tratta di un tipo di valvole di nuova generazione che, mentre regolano il flusso di un liquido, recuperano energia rendendola disponibile ad un reimpiego diretto o all’immissione in rete.
È un’applicazione del concetto di Energy Harvesting, cioè il recupero anche di piccole porzioni di quell’energia che viene inevitabilmente generata durante i normali funzionamenti di macchine e processi e che andrebbe sprecata. Non abbiamo idea di quanta energia venga dissipata su una singola valvola di un impianto di distribuzione ad esempio di un acquedotto, dove il fluido scorre con potenza durante l’intero corso della giornata: ebbene, il valore si aggira sui 60-100 MWh/anno, equivalente al consumo annuale di 17-28 famiglie medie europee.
«Qualsiasi valvola – dice a il sussidiario.net Stefano Malavasi, professore di Idraulica al Politecnico di Milano e inventore della “green Valve” – dal rubinetto di casa, alle valvole sugli acquedotti o sugli impianti oil&gas, dissipa energia per regolare il flusso del fluido: la nostra valvola fa esattamente quello che fanno le altre ma in più è in grado di recuperare parte di quell’energia che verrebbe dissipata nella regolazione».
Come? Con l’inserimento nella valvola stessa di una piccola turbina cha ha appunto la funzione di recuperare parte dell’energia. La soluzione è semplice e non richiede tecnologie particolarmente innovative per la sua realizzazione. Le valvole sono del tipo a sfera, a globo e a fuso, ovvero le più diffuse sul mercato, e gli elementi che costituiscono la nuova valvola sono, come in ogni valvola tradizionale: un otturatore, un corpo valvola, un deviatore. A questi sono stati aggiunti: una girante (la piccola turbina), un albero e dei supporti necessari a mantenere in asse la girante. Quest’ultima è l’elemento innovativo, progettato ad hoc e costituita da un insieme di pale di forma diversa a seconda dell’applicazione; è direttamente collegata all’albero che trasmette all’esterno l’energia meccanica estratta dal flusso e che poi è connesso a un generatore elettrico.
Ma quanta energia si può ricavare con un sistema simile? Malavasi e il suo gruppo hanno quantificato il vantaggio ottenuto dal prototipo di “valvola green” che hanno brevettato: «Abbiamo visto che una valvola su una pipeline da 7,5 cm di diametro (ad esempio per un piccolo acquedotto) con un salto medio di 3 bar e una portata media di 15-17 litri/secondo è in grado di produrre circa 400 kWh/mese: per valutare questo dato basti pensare che una famiglia media europea di 4 persone consuma 250 kWWh/mese. Questa energia può essere riutilizzata o per autoregolare la stessa valvola, che diventerebbe una valvola autonoma, che non necessita di alimentazione e potrebbe essere comandata in wireless; oppure per alimentare qualche altro dispositivo: un sensore, delle lampadine e così via. In realtà può servire a entrambe le cose, in quanto l’energia recuperata è superiore a quella che serve all’alimentazione della valvola».
I campi di applicazione dell’invenzione ad oggi indagati dai ricercatori del Laboratorio di Idraulica “G. Fantoli” del Politecnico sono gli impianti di distribuzione degli acquedotti, dove vengono utilizzate valvole per regolare la pressione di consegna alle utenze; e gli impianti di teleriscaldamento, dove la gestione della pressione del fluido utilizzato per distribuire l’energia è cruciale. Ma i campi d’impiego potenziali sono veramente ampi: questi dispositivi sono pensati infatti per sostituire le valvole tradizionali ed essere inseriti in impianti esistenti senza modificarne funzionamento e struttura delle linee idrauliche.
«L’idea – aggiunge Malavasi – è applicabile non solo agli impianti idrici ma a tutti i fluidi, incomprimibili, come l’acqua, e comprimibili come i gas: per questi non abbiamo ancora dati di laboratorio, non avendo ancora potuto eseguire test di laboratorio, ma il brevetto funziona anche per questi».
La “valvola verde” è stata sviluppata a livello di laboratorio, e funziona; tanto che ha ottenuto tre brevetti. Ora, per arrivare a livello di prodotto ci vuole qualcuno che ci creda e investa per poter avviare la produzione e la diffusione sul mercato. Magari in Usa qualche imprenditore, invece di lamentarsi per le scelte del Presidente, potrebbe prendere la palla al balzo.