“I consumatori devono essere liberi di generare e consumare l’energia, prodotta a condizioni eque, al fine di risparmiare denaro, aiutare l’ambiente e garantire la sicurezza e la continuità di approvvigionamento”: questo rimane l’obiettivo primario per le “policy” energetiche nel nostro Vecchio Continente.
Tutto ciò presuppone la continuità nelle misure già consolidate nell’ultimo decennio: si tratta cioè di strutturare un sistema energetico continentale che investa nell’interconnettere le infrastrutture (elettrodotti, gasdotti, terminali, ecc.), che legiferi per rafforzare e unificare il quadro normativo del mercato, che crei le condizioni per incrementare la competizione al fine di contenere i costi per i consumatori e permettere così il rilancio dell’economia. Ecco in breve quanto l’Europa ripropone al centro della propria azione con la nuova Commissione del Presidente Juncker, ribadendo nel contempo anche la ferma volontà di essere il precursore virtuoso nella transizione verso una società a basse emissioni di biossido di carbonio.
Questa è pertanto la sfida attualissima del settore energetico europeo: possono convivere e avanzare di pari passo gli ambiziosi obiettivi climatici e quelli altrettanto severi dell’economia di mercato?
Il commissario dell’Energia, lo slovacco Maroš Šefcovic, è sempre molto attivo nell’affrontare il dilemma, spronando i Paesi membri a “creare un mercato unico dell’energia ben funzionante che metta al primo posto l’efficienza energetica e primeggi in materia di energie rinnovabili”. Gli fa eco il commissario per il Clima, Miguel Arias Cañete, che rilancia il messaggio europeo per gli investitori, le imprese e l’industria: “Investite nell’energia pulita, una risorsa destinata a durare nel tempo e in costante crescita”.
Quali sono dunque nel concreto le misure su cui si sta concentrando la politica energetica per sostenere la sfida? Ecco alcune brevi annotazioni.
Primo. Il sistema di scambio delle quote di emissione (emission trading) e le nuove tecnologie Lo strumento principale per raggiungere gli obiettivi “climatici” rimane quello di dotarsi di un sistema di scambio di quote di emissione europeo all’altezza delle sfide future. Questo è il primo passo legislativo per dare forma all’impegno dell’Ue di ridurre le emissioni di gas a effetto serra di almeno il 40% entro il 2030. L’Europa si augura che le azioni ambiziose per il clima creino come conseguenza delle opportunità commerciali e aprano nuovi mercati industriali per l’innovazione e le tecnologie a basse emissioni di biossido di carbonio. L’approccio proposto dalla Commissione è perciò inteso a salvaguardare la competitività internazionale dei settori industriali maggiormente esposti al rischio di delocalizzazione della produzione al di fuori dell’Ue e a far convogliare gli investimenti in ambito energetico verso tecnologie innovative.
Secondo. Un ruolo rafforzato per i consumatori La Commissione, riconoscendo ai cittadini un ruolo centrale nell’Unione, articola la propria strategia su tre pilastri: aiutare i consumatori a risparmiare denaro ed energia grazie a una migliore informazione; conferire loro un margine di scelta più ampio in materia di partecipazione ai mercati dell’energia; mantenere il massimo livello di protezione dei consumatori. Nel quadro della strategia dell’Unione dell’energia, la Commissione ha perciò presentato proposte quali il sistema di etichettatura dell’efficienza energetica. L’evoluzione dei prodotti infatti aveva fatto sì che l’attuale etichettatura diventasse sempre più complessa: si propone ora invece di tornare all’originaria scala energetica, da classe A alla classe G, più semplice e comprensibile per i consumatori.
Terzo. Un assetto unitario del mercato energetico La strategia dell’Unione dell’energia comporta una radicale trasformazione del sistema dell’energia elettrica in Europa e un riassetto del relativo mercato, che risponda alle aspettative dei consumatori, si traduca in vantaggi tangibili grazie alle nuove tecnologie (accumulo, smart grid e smart meter), agevoli gli investimenti (in particolare nella produzione basata su fonti rinnovabili) e tenga conto dell’interdipendenza degli Stati membri in tema di sicurezza energetica. In questo modo dovrebbe essere possibile trarre i massimi benefici dalla concorrenza transfrontaliera e avviare una produzione decentralizzata di energia elettrica, anche destinata all’autoconsumo, e sostenere la nascita di nuove società che forniscano servizi energetici innovativi.
Quarto. Le infrastrutture, cardine per i collegamenti transfrontalieri Lo scorso 13 novembre la Commissione ha identificato i nuovi 195 interventi (Pci, Progetti di interesse comune) che accompagneranno il Continente nei prossimi anni. Gli interventi toglieranno dall’isolamento alcuni paesi e, soprattutto, hanno lo scopo di interconnettere le aree del continente e le principali aree di produzione dell’energia, con soluzione tecnologiche innovative per favorire la diffusione delle fonti rinnovabili. Per i prossimi 5 anni sono state stanziati contributi a perdere per 5,35 miliardi di euro. In linea di principio le infrastrutture energetiche dovrebbero essere finanziate dal mercato e dalle bollette degli utenti, ma in previsione dei colossali investimenti che questa strategia richiede l’Ue ha istituito alcuni Fondi, quali il Cef (meccanismo per collegare l’Europa) o il Feis (Fondo europeo per gli investimenti strategici), che contribuiranno a mobilitare i capitali necessari. A titolo del Cef nel 2014 e nel 2015 sono stati assegnati 800 milioni di euro al cofinanziamento di studi e lavori di costruzione.
E l’Italia? Crocevia delle reti energetiche L’Italia, ben lo sappiamo, non ha proprie fonti di energia primaria e quelle poche sono osteggiate (vedi le intransigenti opposizioni delle Regioni costiere alle trivellazioni nell’Adriatico e nello Ionio). La situazione è la stessa da molto tempo e ormai ci conviviamo. È da poco finita l’epoca degli ingenti investimenti sul fotovoltaico, che nello scorso quinquennio ha superato i massimi attesi (17.000 MW installati) e “bruciato” così oltre 100 miliardi che ora ricadranno sulle nostre bollette per ancora 10 anni. L’improvvida campagna dei pannelli ha certamente migliorato l’aria, ha fatto ricche le banche e i manifatturieri cinesi, ma ha anche messo in grave crisi le efficienti centrali termoelettriche, che ora languono ma non possono essere dismesse perché hanno il compito di integrare la potenza nelle ore di punta in cui le rinnovabili sono “ferme”. Abbiamo così, unico Paese al mondo, una potenza installata che è oltre il doppio del massimo fabbisogno. Lamentarsi ora tuttavia serve a ben poco. Questa è la situazione: ma, nel farsene una ragione, bisognerebbe comunque tornare a fare politica energetica. Il Governo invece tace da molto, troppo tempo.
E allora? Meglio tornare a riconsiderare la posizione geografica del Paese e il suo essere un pontile unico e straordinario nel cuore del Mediterraneo. Il già citato Commissario Šefcovic ha rilanciato infatti recentemente (3 dicembre a Roma e in un proprio messaggio su Linkedin) il ruolo dell’Italia come “crocevia del mercato del gas e dell’elettricità europeo” inserendoci a pieno titolo nell’elenco di Progetti di interesse comune (Pci) e nell’esigenza di accelerare la realizzazione di un sistema di trasporto interconnesso tra i vari paesi europei. Ci offrono quindi un posto qualificante. Non perdiamo l’occasione.