“E’ sempre l’ora del tè”, diceva il Cappellaio matto in “Alice nel paese delle meraviglie”. Non sempre magari, ma fermarsi intorno a una tazza di tè tra amiche, in un ambiente che sembra uscito da una favola, ha il suo perché. Una favola è sempre qualcosa che val la pena raccontare, soprattutto se ci si sente protagoniste. E’ questo il segreto delle atmosfere che l’azienda veneta Villari è capace di rendere in tutto il mondo con le sue creazioni artistiche per la casa. Impresa artigianale di medie dimensioni, 60 dipendenti, nata cinquant’anni fa come fabbrica di porcellane, ora produce tante altre cose, dalle alzatine alle teiere, dai tovaglioli alle tazze, dai vasi alle cornici, dai lampadari alle statue, dalle tende ai gioielli, dal carrellino alle specchiere… Più di qualcuno si è fatto una “casa Villari” nel mondo, soprattutto in Medioriente. Un mix di qualità, ricercatezza, artigianalità, innovazione e soprattutto il valore immateriale di un sogno. Sarà tutto qui il segreto del nuovo Made in Italy? Ne abbiamo parlato con Barbara Villari, reduce dal Salone del mobile di Milano.
Innanzitutto, come è andato per voi il Salone quest’anno?
Rispetto a quello dell’anno scorso, che era stato un buon Salone, quest’anno è andata ancora meglio, sia come numeri che come qualità. Abbiamo visto molto Medioriente, paesi del Golfo, soprattutto Arabia Saudita e Iran. Poi Dubai, Qatar, Kuwait, qualcosa da Bahrein e Oman. Tanti cinesi, anche qualificati e un certo ritorno di russi, anche se ancora piuttosto cauti, ucraini, più sorridenti rispetto agli anni passati e qualche americano.
Avete dei centri vendita in Iran e in Iraq, come sta andando?
Il negozio in Iraq è situato nell’unico centro commerciale bello che c’è a Baghdad. Lo abbiamo avviato nel 2014, quando c’è stata una ripresa del mercato e tanti irakeni tornavano nel loro paese. Poi è scoppiata la guerra, per fortuna non è stato danneggiato. Chiaramente si fa fatica a vendere e speriamo che adesso riprendano a farlo. C’è tantissimo fermento e tantissimo denaro a Bagdad, forse più ancora che in Iran. A Teheran abbiamo un bellissimo negozio da dieci anni, e l’anno scorso ne abbiamo aperto un altro in un mall di lusso.
Vi fa ben sperare per il 2016?
Il 2016 è partito piuttosto lento, spero che il Salone non rappresenti una bolla di sapone, per quanto sicuramente grande e multicolore. Speriamo che gli animi poi si raffreddino. Di solito comunque il Salone è un buon indice rispetto all’andamento dell’anno a venire, quindi ho buone speranze di proseguire bene l’anno…
E’ andata bene solo per il vostro comparto del lusso o per tutto il Made in Italy?
Noi siamo un brand conosciuto e soffriamo un po’ meno degli altri. L’immagine del Made in Italy è importante ma non è tutto, dietro deve esserci tanto altro: servizio al cliente, serietà dell’azienda, solidità per investire nei momenti difficili, e soprattutto la qualità del prodotto.
Come ve la siete cavata con la crisi?
Ci siamo rivolti a mercati diversi come la Cina e l’America e concepire prodotti un po’ più ad hoc per questo tipo di mercato. Siamo nati già votati all’estero, fino a dieci anni fa il nostro mercato era per il 40% italiano e per il 60% estero. Adesso il mercato italiano è al 4-5%.
Cosa si aspettano i vostri clienti dai vostri prodotti?
Cercano qualità, brand, Made in Italy, un lusso che non stanchi. Una cliente del Qatar, una donna ricca che gira con l’aereo privato, un giorno mi ha detto: le tue cose hanno una caratteristica: quando le guardo mi rendono felice. Mi ha davvero colpito. Se ci pensi noi facciamo prodotti di cui si può anche fare a meno. Ma trasmettiamo un modo di vivere, uno stile di vita. Il mondo, a tutti i livelli, sta vivendo di grande incertezza, se non drammatici… Proprio perché siamo in un momento politico ed economico come questo, anche chi ha i soldi vive grandi ansie e paure, e noi cerchiamo di fare dei prodotti diversi che facciano un po’ sognare.La campagna di quest’anno “Live a dream”, vivi il tuo sogno voleva dire proprio questo.
Nei vostri prodotti prevale la componente tecnica o artistica?Il vostro è uno stile che richiama la tradizione classica, barocca: le persone sono attratte dalla tradizione?
Prevale certamente la componente artistica, anche se i nostri prodotti sono estremamente innovativi. I nuovi ricchi nel mondo sono attratti dalla nostra tradizione ma come tutti amano sognare. Comunque il nostro riferimento alla regalità, con l’immagine incentrata su corone principesche e quant’altro, è un modo per non prendersi troppo sul serio, un po’ ironico. In fondo tutte vogliamo essere un po’ delle principesse…
Come scegliete e formate le persone?
E’ piuttosto complicato, molti di quelli che sono in produzione vengono dalla scuola d’arte. I commerciali sono altamente qualificati, provengono dalle università di Venezia, di Padova… Comunque è importante la formazione che facciamo noi all’interno dell’azienda. C’è una grande differenza tra come entrano e come escono. In azienda assorbono il mestiere.
I giovani sono attratti da questo tipo particolare di attività?
L’età media dei nostri dipendenti e collaboratori è molto bassa e abbiamo tante richieste dai giovani, anche di stage. Abbiamo appena aperto una collaborazione con l’università di Venezia con studenti a rotazione che vengono nel nostro laboratorio a fare ricerca di prototipia, attivato tre anni fa. I giovani sono attratti sia dall’aspetto artigianale che innovativo, lavoriamo molto con il pc, con le stampanti 3D…
(Silvia Becciu)