Al 63esimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo c’è una novità: quest’anno ogni “campione” proporrà sul palco dell’Ariston due canzoni a testa. I cantanti sono quattordici, ma fra tutti risalta la giovane Annalisa. Vincitrice dell’edizione 2011 del Talent Show Amici di Canale 5, la giovane promessa ligure della musica italiana proporrà dalla seconda serata due tracce del suo terzo e inedito album in studio: la title track che dà il nome all’album, “Non so ballare” e “Scintille”.
A stupire non è solo la sua voce (che in molti hanno definito “minesca” e che brilla per limpidezza ed espressività esattamente come l’intramontabile talento di Mina) ma i testi delle sue due canzoni. Scritti in collaborazione con Ermal Meta e Dario Faini, pur non immediati di primo acchito, hanno il grande pregio di parlare di situazioni in cui tutti noi, almeno una volta, ci siamo imbattuti.
Memore del debito generale che la musica italiana ha verso Mina, Annalisa sembra quasi richiamare una delle più celebri canzoni della cantante cremonese per eccellenza, Mi sei scoppiato dentro al cuore.
Come Mina, Annalisa parte in “Non so ballare”, proprio dal racconto di un’esperienza simile. Qualunque sia il tuo nome / non lo dimenticherò / è bastato un istante / per cambiare la mia pelle.
Più che insistere sull’imprevedibilità di questo incontro su cui tanto Mina si prolunga, Annalisa fa un passo successivo e parla della rivoluzione che si può introdurre nella vita di ognuno di noi se si fa spazio ad un evento del genere, se gli si dà credito. Una trasformazione travolgente che va oltrele difficoltà connaturali che ci si imputa, e qui forse sta l’aspetto più interessante. Tutta la canzone ruota intorno infatti all’affermazione: “Non so ballare”. Quasi che l’affermarsi di questa incapacità possa essere la parola fine, possa chiudere la porta a qualsiasi cosa accada. Ogni volta pare ritornare l’idea che le nostre difficoltà, le nostre supposte incapacità, siano più forti, sappiano vincere, tutto ciò che di positivo può accedere.
Ma che cos’è avere / sei un’idea impossibile / Io non so ballare.
Annalisa dipinge qui una situazione in cui tutti noi prima o poi ci siamo trovati immersi, soffocati dal riconoscimento di questa debolezza. Eppure, alla fine, è la stessa Annalisa ad ammettere e a far riscoprire ad ognuno di noi come ci sia sempre una possibilità di riscatto, di risposta, oltre lo schermo delle nostre supposte “impossibilità”.
Ma riesco a sentire / farfalle danzare in me / in me che non so ballare.
La vita, tutto ciò che arriva dritto allo stomaco (come dice la seconda canzone che presenta, “Scintille), ha in sé la risposta a tutte le debolezze che accampiamo come giustificazione. Perché erompe, va oltre i ragionamenti e le scuse, si impone in sé e per sé, colmando tutto il resto.
Ma c’è di più: come dice Annalisa, la risposta che a questo punto si può dare a quello sguardo inaspettato quanto atteso che ti viene rivolto, già ti appartiene e mi parla di te.
Se si parte da una coscienza leale dell’incontro che si è fatto, tutto ciò che si compie, tutto ciò che viene prodotto dal nostro muoverci dentro al reale, rimanda e “appartiene già” a quello sguardo. Diventa un segno, un richiamo potente e attraente per chiunque.
Così lo sguardo ricevuto, che commuove e stringe il cuore di ognuno di noi, può diventare un’occasione di incontro e di riscatto per chiunque altro. Perché tutti noi portiamo dentro quel segno indelebile che è la risposta alla domanda nostra e di Annalisa.
(Lorenzo Roesel)