PROCESSO A MICHELE PADOVANO: L’ACCUSA DI AVER FINANZIATO UN TRAFFICO DI…
Processo a Michele Padovano, cosa sappiamo di questa lunga e dolorosa vicenda giudiziaria che ha coinvolto l’ex calciatore della Juventus e oggi dirigente sportivo e conclusasi l’anno scorso con la piena assoluzione del diretto interessato? Nella puntata di “Verissimo” che ci accingiamo a vedere questo pomeriggio ci sarà infatti spazio per la lunga intervista-confessione del calciatore classe 1966 e noto soprattutto per aver militato con la maglia bianconera tra il 1995 e il 1997, ma salito suo malgrado all’attenzione delle cronache per il processo e la condanna per aver finanziato un traffico internazionale di droga: una querelle durata 17 anni e che qui ripercorriamo attraverso le tappe più salienti e anche le parole del diretto interessato che, soprattutto negli ultimi mesi, ha parlato più volte di questo incubo rivelando anche dettagli personali.
Per parlare del processo a Michele Padovano, da cosa è partito questo che la preview del programma condotto da Silvia Toffanin inquadra come un ‘calvario giudiziario’ e come si è arrivati nel 2023 alla revisione del processo e all’assoluzione dell’ex attaccante torinese classe 1966 dobbiamo tornare al 2006, l’anno dell’arresto del diretto interessato che, intanto, aveva dato l’addio al calcio intraprendendo la nuova carriera di dirigente sportivo. L’accusa? Aver finanziato un traffico internazionale di droga (segnatamente hashish, si parla di quasi 23 quintali sequestrati) dal Marocco a seguito dell’apertura di un’inchiesta da parte della Procura di Torino e che aveva portato in cercare ben 33 persone. Secondo la Procura, Padovano sarebbe stato un finanziatore dell’organizzazione criminale e a supporto della tesi c’era la sua amicizia con uno dei capi di quella struttura: “Io però non ho mai smesso di credere alla giustizia, anche se è stata lenta” ha raccontato il diretto interessato al ‘Corriere della Sera’.
PADOVANO, “IN CARCERE GRANDE UMANITA’: I DETENUTI MI DICEVANO CHE…”
Nel processo a Michele Padovano, come emerge dal suo stesso ricordo, uno dei momenti più duri, oltre all’arresto e poi alla successiva condanna, era stato il breve ma durissimo periodo di isolamento nel carcere di Cuneo, un’esperienza che l’ex calciatore oggi rivive in tutte le sue drammatiche sfaccettature. Nonostante si fosse sempre dichiarato innocente, Padovano fu condannato una prima volta a 8 anni e 8 mesi (anche se la richiesta di pena per lui era stata tre volte più pesante), sentenza poi ridotta in appello a 6 anni e 8 mesi. Il punto di svolta di questa vicenda, comunque molto lunga e la cui pesante scansione temporale non si riesce a rendere riassumendola, ci sarà solo nel 2021 quando la Cassazione decise di annullare, con rinvio, la condanna: tutto da rifare e al termine del nuovo processo ecco la piena assoluzione per il diretto interessato e la parola ‘fine’ nel 2023.
“Il mio arresto? Sembrava quello di Pablo Escobar” aveva raccontato di recente l’ex calciatore, riferendosi al celebre boss del narcotraffico, tornato prepotentemente d’attualità negli ultimi anni grazie a una fortunata serie televisiva. Ma parlando del processo a Michele Padovano non tutto il dolore è venuto per nuocere: certamente, nonostante l’assoluzione, per l’attaccante che ha sollevato la Champions League non c’è stato alcun risarcimento e un ingente danno economico patito nel corso di questi 17 anni (“Ho venduto la casa in montagna, due appartamenti a Torino, orologi lussuosi. Non mi era rimasto più nulla, non potevo fare diversamente…”). Tuttavia, ci sono anche ricordi che si porta nel cuore: “Quando mi trasferirono a Bergamo incontrai una grande umanità. All’inizio pensavo fossero gentili perché ero Padovano. Invece lo erano con tutti. Gli altri detenuti hanno capito che quello non era il mio posto (…) Ancora oggi ci scambiamo dei messaggi”.