Nuovo dramma alla Dakar. Appena un giorno dopo l’incidente che era costato due morti e sette feriti nello scontro tra un’auto di assistenza alla corsa e due taxi al confine tra Perù e Cile, questa volta arriva la notizia di una tragedia che funesta direttamente i piloti in gara. Il motociclista francese Thomas Bourgin è infatti deceduto a causa di un incidente che si è verificato durante una tappa di trasferimento nel nord dell’Argentina. Lo ha reso noto per prima la televisione C5N. L’incidente è avvenuto alle 8.23 (ora locale) al km 237 della strada che collega la salita verso la Cordigliera cilena. Il 25enne pilota di Saint Etienne, in sella alla numero 106 con la quale stava affrontando il raid più famoso del mondo, si è scontrato con una vettura della polizia locale. L’equipe medica giunta sul posto non ha potuto far altro che constatare la morte di Bourgin, che probabilmente è avvenuta sul colpo. Non è ancora stata chiarita nemmeno la dinamica dell’incidente, sul quale è stata aperta un’inchiesta da parte delle autorità locali. Lo rende noto l’organizzazione della corsa, che purtroppo deve fare i conti ancora una volta con una tragedia che riaccende le polemiche sull’opportunità di disputare una manifestazione che ha sempre imposto un prezzo molto alto in quanto a vite umane, indipendentemente dai luoghi in cui essa si svolge.
Se si considerano solo gli incidenti mortali che hanno coinvolto i piloti, il francese Thomas Bourgin è infatti la terza vittima da quando la Dakar si corre fuori dal continente africano, cioè dal 2009 – anno della prima edizione in Sud America. Il primo fu un suo connazionale, Terry Long, proprio nel 2009, mentre l’anno scorso lo stesso destino toccò all’argentino Jorge Martinez Boero. In tutti e tre i casi si tratta di motociclisti. Complessivamente, sono 26 i piloti morti in tutte le edizioni della Dakar, di cui 17 motociclisti, 6 piloti di auto e 3 di camion. Ad essi vanno aggiunti spettatori, passanti, guidatori fuori gara ed ausiliari, per un totale di 60 morti: una triste contabilità di morti che unisce l’Africa e il Sud America. Per quanto riguarda l’Italia, la memoria corre a Giampaolo Marinoni, morto nel 1986, e a Fabrizio Meoni, deceduto invece nel 2005 dopo avere vinto le edizioni del 2001 e del 2002.
Inevitabili saranno dunque nuove polemiche sul valore di competizioni di questo genere, certamente più pericolose delle gare in pista. Dall’altra parte ci sono gli amanti dell’avventura e del fascino di questi raid, ma purtroppo ancora una volta ci ritroviamo a commentare vicende che hanno ben poco a che fare con la gara in sé.