Una politica che non sa guardare con attenzione e passione al futuro dei giovani non può essere una buona politica. Un Paese industriale come l’Italia è destinato a un declino irrevocabile, se non pone al primo posto delle emergenze nazionali la possibilità per i giovani di studiare, apprendere, crescere nella cultura personale e professionale e, infine, trovare un’occupazione coerente con il percorso di studi scelto. Ciò deve avvenire in una visione di sviluppo che tenga insieme il diritto al lavoro e la competitività del sistema imprenditoriale che il lavoro – insieme agli utili – lo genera se sa stare sul mercato.
E’ da questa posizione che si deve affrontare la sfida delle prossime elezioni regionali. Perché anche in Lombardia, motore economico e laboratorio politico del Paese, le percentuali della disoccupazione giovanile sono ormai preoccupanti. La recente denuncia del Consiglio nazionale universitario sul calo degli iscritti alle università italiane (-17%, cioè quasi 60mila iscritti in meno in dieci anni, di cui oltre 2.300 negli atenei lombardi) ha aggiunto un ulteriore elemento di allarme sul futuro della nostra società. Però bisogna essere chiari: oltre che osservare con preoccupazione il calo di iscrizioni all’università – che in realtà sottintende anche una razionalizzazione dei corsi e un diverso orientamento nelle scelte – bisogna preoccuparsi di mantenere aperta una pluralità di opportunità, in cui i giovani siano ben indirizzati e informati per trovare la loro giusta strada.
Infatti, i primi a dover e poter scegliere il proprio futuro sono i giovani: la politica deve costruire le condizioni per cui questa scelta sia possibile, favorita e sostenuta. Per questo occorre proseguire sulla strada già avviata in Regione Lombardia, continuando a sostenere il diritto allo studio, una buona istruzione e una formazione superiore finalizzata alla piena occupazione. Un anno fa, chiamata dal Presidente Formigoni alla guida dell’assessorato all’Istruzione, Formazione, Cultura e Lavoro, ho portato in dote la passione e le competenze sviluppate in anni di lavoro parlamentare e governativo per il bene del sistema educativo nazionale, che hanno prodotto la più importante riforma scolastica degli ultimi trent’anni.
In un anno i risultati sono stati eccezionali, ne ricordo alcuni: 52mila studenti iscritti ai corsi di formazione grazie alle doti Istruzione e Formazione professionale, per un investimento complessivo medio di 174 milioni di euro; 331 autonomie scolastiche e 1.400 classi delle scuole superiori (oltre 32mila studenti) che, grazie al progetto Generazione Web, hanno adottato i libri di testo in versione digitale (13 milioni di euro investiti); altri 27 milioni di euro resi disponibili per le doti Tirocinio e Apprendistato, strumenti attivi per avvicinare la scuola al mondo del lavoro; investimenti per 5,3 milioni di euro negli istituti di formazione tecnica superiore, prima vera alternativa al percorso universitario per migliaia di diplomati; più di 10mila borse di studio erogate agli studenti universitari, con avvio di una sperimentazione per la valorizzazione degli studenti meritevoli.
Dobbiamo ripartire dalle azioni concrete di sostegno e aiuto ai giovani studenti, innovando e migliorando nella continuità politica il buon governo che, in questi 17 anni, si è sempre ispirato alla crescita, alla sussidiarietà, alla libertà di scelta delle persone, all’attenzione verso le famiglie e le imprese. Tra i pilastri del mio programma politico figurano l’incremento delle borse di studio legate al merito per gli studenti universitari, la possibilità di finanziare direttamente i ricercatori in università, il collegamento tra filiere formative e produttive (poli tecnico-professionali), la creazione di nuovi istituti tecnici superiori per sviluppare il rapporto fra cultura scientifica e tecnologica, contribuendo a rafforzare e rivitalizzare la cultura manifatturiera del nostro Paese.
Il tutto supportato dallo sviluppo del sistema delle doti (scuola, lavoro, apprendistato, formazione, tirocini, ricerca e ricercatori, disabili, famiglia) ma anche attraverso la diffusione di patti generazionali nel mondo del lavoro, e sempre con una logica sussidiaria di collaborazione tra enti e istituzioni, tra pubblico e privato, tra profit e non profit. Credo fortemente che il seme di una buona scuola per un buon lavoro sia il miglior investimento per il futuro delle generazioni che ci seguono. E il segno tangibile della responsabilità educativa alla quale non possiamo sottrarci.