Il 14 agosto non è una data qualsiasi per gli italiani. Non soltanto per quelli che amano lo sport ein particolare i motori. Ma per tutti coloro che si appassionano di belle storie e sono orgogliosi di avere concittadini che, seguendo le proprie passioni, sanno far diventare i sogni realtà e poi, grazie a quei sogni, coinvolgono tante altre persone, vincono, creano il mito e poi la leggenda. Il 14 agosto di 25 anni fa moriva Enzo Ferrari. Credo che ricordarlo in questi giorni sia particolarmente significativo non solo per celebrare un uomo che ha saputo creare un’icona, ma anche per testimoniare come sia possibile, oggi come allora, fare impresa. La Ferrari, secondo la classifica Best Global Brands 2012 di Interbrands, si colloca nella top 100 dei marchi più prestigiosi al mondo con un valore di 3.770 milioni di dollari. “Ferrari is an iconic automotive brand – si legge nel ranking di Intebrand – that can be best described as one that passionately pursues perfection”.
Come siamo arrivati a questo strabiliante risultato? Se pensiamo che la Società Anonima Scuderia Ferrari nasceva il 29 novembre del 1929 (al Tribunale di Modena) abbiamo l’esatto sapore di quella sfida. In piena crisi e recessione economica, Enzo Ferrari e alcuni soci davano vita con duecentomila lire di capitale sociale a un’impresa straordinaria destinata non solo ad arrivare ai giorni nostri, ma anche a interpretare il cambiamento, guidandolo e imponendosi in tutto il mondo. Il mito sportivo, poi, nasceva ufficialmente il 25 maggio del 1947 (la guerra era finita da poco) quando Franco Cortese a bordo di una 125 S, prima vettura con il marchio Ferrari, progettata da Gioacchino Colombo, conquistava alle Terme di Caracalla il Gran Premio di Roma.
Nel 1997, celebrando i cinquant’anni di quella prima vittoria, Luca Cordero di Montezemolo, presidente dell’azienda di Maranello ricordava: “La storia della Ferrari è… una storia di uomini, di macchine, di passione e di coerenza, di forte legame con la propria terra. La storia prima di un grande uomo, Enzo Ferrari, poi di un’officina e quindi di un’azienda che oggi vende le sue vetture in quaranta paesi del mondo. La storia di un’azienda che ha sempre saputo guardare avanti con caparbia determinazione, mettendo l’amore per l’automobile, per lo sport e per il progresso tecnologico prima di tutto. Guardare avanti e guardare al mondo, questa la lezione che ho appreso da Enzo Ferrari attraverso una sfida continua sulle strade e le piste di ogni continente. Un altro elemento di grande attualità, che va ripreso per rilanciare il nostro Paese, è la fiducia nei giovani di Enzo Ferrari”.
“Nel 1961 della svolta – ricorda Leo Turrini nel suo libro Enzo Ferrari, un eroe italiano – c’era un’altra cosa che spingeva Enzo verso una decisione dirompente, quale sicuramente sarebbe stata e fu la nomina di Mauro Forghieri, ancora ventisettenne, al vertice del reparto corse… Mauro Forghieri si dimostrò un genio: nessuno, nella lunga storia e leggenda della Ferrari, ha avuto un ruolo così importante”. Un altro esempio fu la scelta nell’estate del 1973 del giovane avvocato Luca Cordero di Montezemolo come direttore sportivo della squadra corse. Cominciava nel 1974 una stagione straordinaria che avrebbe portato nel corso di 5 anni al conseguimento di tre titoli piloti (due con Niki Lauda e uno con Jody Scheckter) e quattro titoli costruttori. Dopo quella felice parentesi, seguirono ben 21 anni senza successi, fino al trionfo di Michael Schumacher nel 2000, significativamente sotto la presidenza di Montezemolo.
Un terzo elemento va recuperato oggi della filosofia di Enzo Ferrari ed è rappresentato dalla volontà di non accontentarsi e di ricercare la perfezione. “Ai suoi uomini – ricorda ancora Leo Turrini – Ferrari chiedeva molto… Non è un aneddoto inventato la conversazione telefonica con un manager che lo informava di uno strepitoso trionfo agonistico: in una gara importante, tre Ferrari si erano piazzate ai primi tre posti. Il manager si aspettava le congratulazioni. Enzo invece lo gelò così: ‘Io di macchine ne ho spedite li quattro. Perché non mi spiega cosa è successo alla quarta? Come mai non è arrivata in fondo?’”.
Negli ultimi dodici mesi in Italia abbiamo affrontato quotidianamente il tema della crisi, delle ricette per uscire da uno stallo che ha significato non soltanto un notevole inasprimento della pressione fiscale, ma anche una forte contrazione dei consumi e della qualità di vita delle famiglie e, soprattutto, la perdita di migliaia di posti di lavoro e la chiusura di moltissime imprese. Oggi, nel venticinquesimo anniversario della scomparsa di un uomo straordinario, dovremmo recuperare la sua lezione di imprenditore, di uomo e di italiano di successo.
Come ricordava Indro Montanelli il giorno della sua morte, Enzo Ferrari non fu mai onorato con la nomina a Senatore a vita. Forse potremmo compensare questa mancanza, attualizzando la sua esperienza e utilizzandola come stimolo per rilanciare il Paese e con esso tanti giovani che oggi non hanno un futuro, perché anche loro un giorno possano dire come il Drake: “Io sono uno che ha sognato di essere Enzo Ferrari”.
Dedicato a Marco De Martino, giornalista de Il Messaggero, prematuramente scomparso il 12 agosto 2013 dopo aver magistralmente raccontato per anni i successi del Cavallino.