Oggi il ciclismo celebra in modo speciale il giorno di Pasqua: si corre infatti la Parigi-Roubaix, una delle grandi classiche del calendario mondiale. Una corsa dal fascino straordinario, senza difficoltà altimetriche ma comunque difficilissima, perchè ogni tratto in pavè è come una durissima salita. Nomi come la Foresta di Arenberg o il Carrefour de l’Arbre sono nella storia di questo sport, ed alzare le braccia al traguardo nel velodromo di Roubaix è il sogno di molti ciclisti. Una gara certo non facile – soprattutto quando piove – tanto che è difficile rimanere indifferenti alla Roubaix: o la si ama, o la si odia. Tom Boonen punta a fare la doppietta Fiandre-Roubaix, Filippo Pozzato e Alessandro Ballan (secondo e terzo in Belgio) cercheranno invece di riportare questa corsa in Italia. Gli ultimi azzurri a trionfare a Roubaix furono infatti il compianto Franco Ballerini nel 1995 e nel 1998 e Andrea Tafi nel 1999. Insomma, l’Italia è ancora a secco di successi nel Terzo Millennio (caso unico tra le corse più importanti). Per presentare la Parigi-Roubaix abbiamo dunque contattato proprio Tafi: intervista esclusiva per IlSussidiario.net.
Tafi, qual è il fascino di questa corsa?
Potremmo dire che la Roubaix è una classica con la “C” maiuscola. Ha un fascino un po’ particolare, si corre in strade con pietre che non sono come i sampietrini italiani. Sono pietre per niente dolci, anzi molto spesso pungenti, ma proprio questo è il suo fascino.
Ed è anche quello che fa selezione, visto che il percorso è pianeggiante…
Ogni settore di pavè che i corridori affrontano è come uno strappo, come un Muro del Giro delle Fiandre. Le insidie sono sempre dietro l’angolo: una caduta, una foratura… Bisogna stare quindi sempre attenti, e molto dipende anche dalle condizioni climatiche.
Una gara unica?
Sì, veramente. Non ti concede mezze misure: questa gara bisogna amarla, non si può pensare di affrontarla alla leggera, come se fosse una corsa qualunque, altrimenti si finisce per odiarla. Bisogna sentirla dentro e crederci fino in fondo per fare bene.
Quali ne sono i punti chiave?
Il primo è la Foresta di Arenberg, che è il primo vero ostacolo. Ma negli ultimi 100 km le insidie sono tantissime, ogni settore può essere una sorpresa; forse il principale è il Carrefour de l’Arbre, ma non si può sottovalutare niente.
Tom Boonen è il favorito d’obbligo?
Sì e no. Boonen è fortissimo, ma i nostri italiani hanno dimostrato di essere all’altezza della situazione, soprattutto se il tempo sarà clemente.
Sarebbe anche ora di spezzare il digiuno…
Oramai sono passati tredici anni dalla mia vittoria, sarebbe bello riportare questa Parigi-Roubaix a casa nostra.
Le nostre speranze sono Pozzato e Ballan?
Sì certo, Pozzato e Ballan hanno fatto un grande Giro delle Fiandre e potranno essere protagonisti. Però io non dimentico nemmeno Luca Paolini, che domenica ha fatto una gara incredibile: peccato che non abbia potuto disputare la volata finale.
Boonen però ormai è nella storia…
Onore a lui, ha dimostrato di essere un grande campione, perchè non si vincono tre Fiandre e tre Roubaix per caso. Ha grande talento ed è stato anche bravo a tornare ai massimi livelli dopo un periodo difficile.
La Roubaix fa tornare in mente Franco Ballerini: qual è il suo ricordo?
Ricordo sempre Franco con tanto entusiasmo, tanta energia in ogni cosa che faceva. Abbiamo passato insieme tanti momenti belli, e anche qualcuno brutto. Manca a tutti, era davvero un gigante buono e con il suo modo di fare, di esprimersi e di essere sapeva mettere d’accordo tutti, come ha dimostrato poi anche in Nazionale. Ci manca davvero tanto…
(Mauro Mantegazza)