Ha detto stop. La sua carriera, colma di trionfi e di soddisfazioni, finisce qui, esattamente a 5 anni dal trionfo mondiale nella notte di Berlino. Oggi il 37enne difensore ha comunicato la sua decisione di appendere gli scarpini al chiodo: “Il calcio è la mia vita e quindi mi dispiace moltissimo ma il mio ginocchio non regge più e quindi annuncio il mio ritiro”. La strada del futuro è già segnata: “Intendo restare all’Al Ahli da dirigente per i prossimi tre anni. Nonostante la mia tristezza, non ho scelta: devo lasciare il campo”. Colpa del ginocchio, dice, che ora lo spingerà a tentare la carriera tra i quadri dirigenziali del club di Dubai. Finisce qui dunque una carriera scintillante. Cannavaro, cresciuto nel vivaio del Napoli, oltre che con gli azzurri, aveva giocato con Parma, Inter, Juventus e Real Madrid. E’ il recordman assoluto di presenze con la maglia della Nazionale, ben 136. Il picco in Germania, con la vittoria dei Mondiali 2006, a cui seguì, come logico corollario, la conquista del Pallone d’Oro. Fu quello il momento magico della sua vita sportiva. Difensore implacabile, fortissimo nell’anticipo, dotato di un raro senso dell’ubiquità, che lo portava a braccare gli avversari in ogni zona del campo ed a sbucare all’improvviso da ogni dove. Dopo Berlino, è iniziato poi il suo lento ma inesorabile declino. Alla Juve ha partecipato, suo malgrado, da protagonista al crollo dei bianconeri, tuttora pallida copia della squadra che fu. L’esilio dorato a Dubai gli è servito per aggiungere giusto qualche milionata al suo già ricchissimo conto in banca ma, sportivamente parlando, non è stato nemmeno quello troppo soddisfacente. Addirittura si era sparsa la voce di un suo ‘taglio’ dalla rosa dell’Al Ahli, voce poi smentita dal presidente del club arabo, non si sa con quanta convinzione. Magari è stato un semplice atto di cortesia verso un ex-campione dal passato luminoso e dal presente logicamente ‘corto’. Qualcuno con cattiveria gli ha fatto notare che sarebbe stato meglio ritirarsi almeno 2-3 anni fa, non troppo dopo il trionfo berlinese, apice irripetibile per lui come per la Nazionale azzurra. Nel 2010 c’è stata invece l’onta del Sudafrica, con l’Italietta di Lippi sbattuta fuori con 2 punti in 3 gare, contro avversari tutt’altro che irresistibili come Slovacchia, Paraguay e Nuova Zelanda.
E lì Cannavaro fece profonda tristezza. Un campione come lui sballottato come un fuscello davanti ai carneadi slovacchi e neozelandesi. No, troppa la pena. Meglio ritirarsi, ora che poi il ginocchio non è più quello di un tempo. Nonostante gli ultimi anni, grazie di tutto, Fabio. La tua è stata una carriera con pochi eguali nella storia del calcio italiano. Sul recente declino, si possono anche chiudere tutti e due gli occhi.