“Erano migliaia quel giorno le persone, tantissime come sempre durante la festività del 7 agosto, San Cayetano, che è una delle più sentite a Buenos Aires ma anche in tutta l’Argentina. Lui, senza mai scomporsi minimamente, si fermò a salutarle tutte, una a una: ci mise delle ore, ma non lasciò fuori nessuno dedicando a tutti qualche parola o ascoltando le loro”. Gianni Valente, vaticanista, redattore dell’agenzia di stampa Fides, mentre racconta questo episodio sottolinea le parole, non vuole che sembrino luoghi comuni: “Non sto esagerando, li salutò tutti baciandoli o abbracciandoli uno a uno, ascoltando le loro storie, impegnandoci davvero per ore”. Valente ha avuto modo di conoscere l’allora arcivescovo Bergoglio, oggi Papa Francesco, intervistandolo per la prima volta nel 2002 a Buenos Aires. Da allora, come successo anche ad altri giornalisti, tra i due è nata una amicizia sincera e continuativa, tanto che l’altra sera il nuovo Papa gli ha telefonato di sua iniziativa a casa per salutarlo. “Lui è così: per lui conta prima di ogni cosa il contatto diretto e immediato con qualunque persona, non ci sono vie di mezzo. E’ nella dimensione concreta del quotidiano che lui esprime la sua grande fede”.
Come ebbe modo di conoscere Jorge Bergoglio?
Nel 2002 andai in Argentina per curare un reportage sulla crisi economica che imperversava allora. Lo intervistai sulla situazione e da quel momento nacque una amicizia che è continuata negli anni. Mi capitava di tornare in Argentina per lavoro e a lui di venire a Roma per i suoi impegni, e in ogni occasione trovavamo il modo di rivederci.
Che cosa la colpì di lui al momento del vostro primo incontro?
Gli stessi tratti che ha sempre conservato, quelli di una persona profondamente attenta e rispettosa del prossimo. E’ un uomo per il quale l’impegno diretto con gli altri è fatto costitutivo del suo essere pastore. Lo abbiamo sentito ieri, quando si è presentato al mondo come vescovo di Roma. Questo suo senso pastorale si è sempre espresso in un contatto continuo con la realtà della sua diocesi: andare nelle parrocchie, incontrare le comunità, partecipare alle feste patronali. Una tensione continua alla vita concreta della diocesi.
In queste ore si vedono spuntare immagini molto simpatiche di lui che viaggia tranquillamente sulla metropolitana insieme ai pendolari…
Lo faceva senza calcolo alcuno perché è sempre stato così. La gente si abituava a vederlo, lo riconoscevano e lo andavano tranquillamente a salutare.
E’ vero che dopo l’elezione le ha telefonato?
Ha telefonato a casa, ma io ero ancora nella sala stampa del Vaticano per cui ha parlato con mia moglie. Io poi avevo anche il cellulare staccato, dopo ho visto un paio di chiamate e mi è venuto il dubbio che venissero dal Papa. Ma, ripeto, lui è fatto così, agisce in modo fedele al suo modo di essere. La Chiesa per lui significa capacità di contatto diretto e immediato con le persone.
Crede che adesso, come Papa, avrà delle difficoltà, sarà costretto a cambiare modo di essere?
Credo che andrà avanti, tranquillamente, senza nessun problema. Penso piuttosto che piano piano cambierà intorno a lui il modus, la macchina del servizio al Papa, senza troppe angosce e con flessibilità. Lui rimarrà quello che è.
Si aspettava che avesse qualche possibilità di venire eletto Papa?
Nei miei pensieri ovviamente lui c’era sempre, ma non mi ero mai messo a ragionare sull’eventualità che venisse eletto Papa. Credo che in un momento come questo sia il segno che il Signore vuole bene alla sua Chiesa.
Quale pensa sarà il primo compito a cui si dedicherà come Pontefice?
Il suo programma non è dettagliato, dipenderà ovviamente dai temi che via via si presenteranno, prenderà le decisioni opportune. La sua missione è già emersa chiaramente durante l’incontro con il popolo in Piazza San Pietro. Già il nome che ha scelto indica quale sarà la sua missione. La vita ordinaria, la quotidianità è dove si gioca il suo impegno e saprà riportare sempre al centro questa sua attitudine.
C’è un episodio particolare che ricorda di Jorge Bergoglio?
Ce ne sono tanti, ma uno in particolare dà la misura di quello che lui è. Un anno, il 7 agosto quando a Buenos Aires si tiene una delle maggiori festività religiose, lo accompagnai sul luogo. Finita la messa, mentre i fedeli si mettevano in fila per entrare in chiesa, lui doveva percorrere la strada in senso opposto per andare via. Ebbene, si fermò a salutare uno a uno tutte le persone, abbracciandoli e baciandoli, ascoltando le loro storie e confortandoli o accarrezzando le pance delle donne incinte. Alla fine per andare via ci mise parecchie ore. A tutti diceva qualcosa o li ascoltava, una scena incredibile che dice quello che lui è. Tanto che questa estate io e mia moglie volevamo tornare in Argentina a fare una vacanza e rivivere questa esperienza straordinaria. Ma ovviamente adesso non sarà più possibile.