Stabilità politica, indispensabile per un’adeguata e lungimirante politica industriale; attenta politica monetaria che permetta alle imprese, oggi troppo svantaggiate dall’apprezzamento dell’euro rispetto alle altre valute, di confrontarsi sul mercato globale in modo equo; snellimento burocratico, riforma dell’accesso al credito; defiscalizzazione degli investimenti in tecnologia ad alto valore aggiunto, ex-legge Sabatini, rottamazione e ammortamenti liberi per svecchiamento del parco macchine italiano. Sono queste le priorità emerse alla prima Assise della Macchina Utensile in Italia che si è svolta ieri al Centro Congressi di Fiera MilanoCity. L’iniziativa, organizzata da Ucimu-Sistemi per produrre con il patrocinio del ministero dello Sviluppo economico, il contributo della Camera di Commercio di Milano e la promozione di Tecnologie Meccaniche, era rivolta a costruttori, agenti, importatori, rappresentanti delle filiali straniere che si sono dati appuntamento per definire i punti sui quali concentrare gli sforzi per intercettare la ripresa.
“Strategico per la manifattura poiché base di ogni processo produttivo – ha detto in apertura dei lavori il Presidente di Ucimu Luigi Galdabini – il settore delle macchine utensili più di ogni altro determina il grado di innovazione contenuto nei prodotti a valle della filiera produttiva. Proprio perché consapevoli del ruolo decisivo del settore per il sistema economico e sociale del Paese – ha aggiunto – auspichiamo che, nel limite di quanto possibile, considerata la difficoltà del contesto, anche le istituzioni operino in modo da favorire tale sviluppo”.
Nel pomeriggio gli oltre 350 operatori accreditati hanno partecipato a tre gruppi di lavoro dedicati a internazionalizzazione, innovazione ed economia. In tema di internazionalizzazione è emersa la tendenza degli operatori italiani a intensificare la propria presenza all’estero secondo livelli di complessità crescente, dall’attività di esportazione al presidio diretto dei mercati con servizi di assistenza, servizi commerciali, filiali di vendita, fino ad arrivare ad avere vere e proprie strutture produttive in loco. È stata inoltre ribadita la strategicità dell’innovazione quale fattore di competitività. Dal gruppo di lavoro è tuttavia emerso che l’uso dei brevetti oggi è pratica ancora poco diffusa perché troppo costosa e rischiosa: “Nell’immaginario di alcuni – ha riferito Galdabini – depositare un brevetto significa segnalare alla concorrenza un avanzamento tecnologico che può divenire così oggetto di copia. La pratica deve però crescere perché i brevetti, oltre a proteggere il marchio e l’idea, possono essere inseriti nel conto capitale dell’azienda, facendo salire il suo valore nei rating”.
L’assise si è conclusa con l’intervento del viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda che in precedenza aveva partecipato a uno dei gruppi di lavoro. “Molto spesso – ha affermato Calenda – pensiamo che sia la moda, l’arredamento o i prodotti legati al gusto i settori di punta del made in Italy. Invece il settore di punta è proprio quello delle macchine utensili che sono il simbolo di una capacità di innovazione tecnologica che l’Italia ha sempre avuto”. “Il manifatturiero – ha concluso – non è affatto morto nei paesi occidentali, anzi sta tornando. Pertanto è proprio questo il settore su cui, più di altri, dobbiamo puntare”.