Negli anni del boom economico, li chiamavano “palazzinari”. Sono i costruttori edili di Roma, quelli accusati della cementificazione della capitale.
Una etichetta che dura, e che ha fatto arrabbiare il candidato sindaco Alfio Marchini, esponente di una famiglia di costruttori. E ha decretato: “I costruttori devono capire che un’epoca è finita, che consumare ancora il suolo non è possibile. L’edilizia deve ripartire, è fondamentale per l’economia, ma ciò va coniugato con il ‘consumo zero’ del territorio. Bisogna piuttosto riqualificare gli immobili esistenti, fare una grande operazione di manutenzione straordinaria”.
Che sia finita un’epoca lo raccontano bene i dati diffusi dalla cassa edile di Roma e Provincia, nel quarto Rapporto annuale. Dal 2008 il comparto edilizio – da sempre volano economico del territorio – ha perso 20 mila addetti (7.000 solo nella capitale) e oltre 2.000 aziende, un bilancio che è diventato pesante soprattutto nell’ultimo anno, con una contrazione di 6.000 posti di lavoro.
A soffrire di più è l’edilizia residenziale, ma il calo riguarda anche la manutenzione, l’edilizia non abitativa e per la prima volta il settore impiantistico ed energetico.
Il Rapporto fotografa una realtà in difficoltà, che tenta di rimodellarsi, ad esempio puntando sulla specializzazione del personale (i dati dicono che più facilmente perdono lavoro gli operai generici) e sulla esperienza.
Un modo per tutelarsi e per rendere più stabile il lavoro, anche se il contraltare è un -60% di nuovi assunti, con forti ripercussioni sull’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. E infatti l’età media si è alzata in questi ultimi anni, toccando i 44 anni per gli italiani e 36 per gli stranieri.
Quanto alla nazionalità, italiani e stranieri sono colpiti in egual misura dalla lunga ondata della crisi. Cambiano le tipologie aziendali: la crisi ha travolto le ditte individuali, e le strutture societarie deboli come Sas e Snc. Molte hanno chiuso, altre si sono trasformate in Srl, che ad oggi costituiscono il 62,7% del totale, e di solito (76,6%) sono di piccole dimensioni, con un massimo di cinque dipendenti. La ricaduta sulle commesse è che si prendono lavori di piccole dimensioni, con uno spostamento verso l’attività per conto terzi e il subappalto.
Il presidente Edoardo Bianchi e la vice presidente Anna Pallotta hanno sottolineato che il Rapporto non contiene proposte o indirizzi politici, ma è una fotografia.
Allo stesso tempo, racconta storie che vanno oltre le statistiche, e che chiedono di essere ascoltate dagli amministratori locali, che da esse possono trarre spunto per politiche efficaci sul territorio. Una può essere quella dell’età e della posizione familiare dei lavoratori, che mettono in luce l’incidenza della crisi sulle strutture sociali.
Un’altra può essere quella del flusso dei lavoratori del comparto, dei quali quasi la metà si spostano dalla provincia verso Roma: tenendo conto di questo si può organizzare una più efficace politica del trasporto pubblico. I focus del rapporto riguardano anche certi tipi di contratto come il part-time e le “ore anomale”, fenomeni entrambi in deciso calo, la contribuzione, la previdenza, l’infortunistica. E magari dal prossimo anno – hanno auspicato gli estensori dello studio – si potrà arricchire di nuovi dati.
(Marinella Bandini)