Dal 2 marzo presso le Scuderie del Quirinale sono esposte le opere di Lorenzo Lotto, in un percorso che si propone non solo di capire l’artista, ma soprattutto l’uomo che, dopo aver portato la sensibilità veneta nella capitale, adombrato dal genio raffaellesco, si dovette ritirare, costituendo una delle testimonianze ad oggi più significative dell’arte rinascimentale della Roma del XVI secolo. Attraverso le opere dell’artista esposte emerge quella sua geniale sensibilità che i suoi contemporanei non compresero fino in fondo, o che se non altro non reputarono all’altezza dei suoi compagni d’arte.
“Solo, senza fedel governo e molto inquieto nella mente”: così si definì lo stesso Lotto, ormai sessantenne. Eppure, prima di trovare riposo come oblato in un monastero presso Loreto, l’artista lasciò in giro per l’Italia una delle più grandi testimonianze del cromatismo veneto, della tradizione della ritrattistica, delle pale d’altare che ad oggi permangono del 1500.
Lucentezza cromatica, sguardi diretti e resa spaziale costruita attraverso il posizionamento dei corpi sono i tre fattori che emergono con più prepotenza fin dalle pale d’altare che introducono il percorso dell’esposizione. Nelle loro grandi dimensioni, sono dominate entrambe da due deposizioni, nelle quali il corpo del Cristo colpisce, per la statuari età della posa, ma soprattutto per la carne, così bianca e lucida.
Che l’attitudine al sacro fosse per l’artista una componente della sua persona, è evidente nello spirito domenicano che emerge dalle piccole rappresentazioni, ma anche dalla tenerezza e dalla luminosità che emanano le figure umane, quasi sempre sante, eccezione fatta per la ritrattistica che, in contrasto, è solcata da una vena ironica, come testimonia il ritratto-rebus di Lucina Brembati.
La spettacolare Madonna in trono con il Bambino e i santi Giuseppe, Bernardino da Siena, Giovanni Battista, Antonio Abate ed Angeli colpisce a prescindere da ogni discorso tecnico-compositivo.
La novità del telo verde che adombra la scena e che rende innovativa la composizione non impedisce di fissare l’attenzione sul particolare del viso della Vergine, giovane e tenero in contrasto con le Vergini della giovinezza del Lotto. Caratteristica che permane nella Vergine del Rosario e nelle Madonne successive, fino all’incompiuta Presentazione del Bambino al Tempio, ancora allo stato grezzo, ma espressiva ad un grado estremo. Che accanto a quest’opera, nell’ultima sala vi sia la Fortuna infelice abbattuta dalla Fortezza, può significare che Lorenzo Lotto, nonostante il riconoscimento che non ebbe, come testamento artistico non offrì altro se non un’ultima possibilità di salvezza, morale e artistica.
(Caterina Gatti)