«Da quando ho deciso di partecipare alla Fiera, mi sono impegnata veramente tanto nella cura dello stand e delle sfilate, nonostante il mio lavoro non mi lasci poi molto tempo libero, proprio perché credo che il palinsesto sfilate sia molto ricco: è una grande possibilità per far vedere i miei abiti ai milioni di persone che passeranno e si tratta senza dubbio di una grande vetrina su Milano ma non solo». IlSussidiario.net intervista Sara Radice, giovane stilista che ha cominciato a muovere i primi passi nel mondo della creazione di abiti da cerimonia in tenera età, grazie agli insegnamenti della nonna, abile sarta di abiti da sposa e di confezioni su misura. Anche lei parteciperà alla 16esima edizione dell’Artigiano in Fiera, che fino all’11 dicembre ospiterà circa 3mila espositori da 110 Paesi del mondo nel nuovo polo di Rho-Pero. Le chiediamo di raccontarci la sua storia.
Come è iniziata la sua passione?
Mia nonna faceva la sarta e ricordo che quando ero piccola lei cuciva gli abiti per le mie bambole. Sono sempre rimasta molto affascinata dal suo mestiere, così ho cominciato anche io per gioco all’età di 5-6 anni e a poco a poco ho imparato. Quando poi ho dovuto scegliere quale professione intraprendere non ho avuto dubbi e mi sono iscritta a un istituto professionale di moda proprio per continuare la tradizione di mia nonna. Successivamente ho fatto la gavetta necessaria in celebri case di moda, e nel 2010 ho deciso di aprire la mia attività, con tutta la fatica che ne segue.
Molti giovani sono infatti attratti dalle passerelle, senza conoscere tutto il lavoro che si nasconde dietro le quinte.
Mi accorgo che tanti giovani hanno questa idea di diventare stilista, perché ormai attira molto il modo della moda e la passerella. Ma la moda non è solo questo, e dietro c’è un incredibile lavoro di sartoria che richiede tanta fatica, tempo e costanza. Anche io, quando arrivano i periodi dell’anno più impegnativi, come quello dei matrimoni, arrivo a lavorare anche quindici ore al giorno, ma la soddisfazione finale è veramente impagabile, cioè vedere una sposa con indosso l’abito che ho creato insieme a lei in tanti giorno di lavoro.
Come iniziano le sue creazioni?
La futura sposa arriva con una vaga idea del vestito che desidera e io, da sarta, riesco a capire quale tipo di vestito può adattarsi al meglio a una certa fisionomia e al corpo di una determinata persona. Quindi offro i miei consigli, e da lì in poi si scelgono insieme il modello, le stoffe, i particolari, fino a confezionare l’abito intero.
Che è unico e realizzato su misura?
Sì, ogni persona ha il suo abito, perché è vero che si parte da un campione, ma serve solamente per definire la linea. Poi però ogni cliente ha il suo abito, e posso dire con certezza che tra tutti quelli che ho confezionato in questi anni non ce ne sono due uguali.
Immagino che la passione in questo lavoro sia fondamentale…
Assolutamente sì, perché se fosse solo per il guadagno non ne varrebbe davvero la pena. La sartoria, insieme a tutto ciò che c’è dietro, è veramente difficile da gestire, però è la passione a spingerti ad andare avanti, fino ad arrivare alla soddisfazione del cliente che è felice di avere il suo abito perfetto per un giorno speciale.
Che tipo di rapporto si crea con i clienti?
Si instaurano dei bellissimi rapporti, si entra in confidenza, ci si scambiano consigli, anche su alcuni particolari riguardo al bouquet e ad altri dettagli, e in questo influisce anche l’abito che spesso può presentare dettagli particolari che poi in qualche modo devono essere ripresi il giorno del matrimonio.
Che differenza c’è tra la sua sartoria e quella di un tempo?
La mia sartoria è contenuta e tradizionale proprio come erano una volta. L’unica differenza è che non sono quella sarta che un tempo lavorava a casa, ma ho un negozio con una vetrina per presentare i miei modelli, che oggi è fondamentale ai fini commerciali. Per il resto è però rimasto tutto come allora, e anche le clienti che arrivano apprezzano molto questa particolarità. Al giorno d’oggi siamo troppo abituati ad avere tutto e subito, e credo che ogni tanto sia bello respirare un’aria più tradizionale, che è fatta di studio, lavoro e pazienza: da me non si trova l’abito pronto per essere comprato, quindi prima si pensa a come deve essere, poi ci sono le prove e successivamente la creazione vera e propria.
Cosa ci vorrebbe per far avvicinare di più i giovani a questo mestiere?
I giovani che vogliono intraprendere questo mestiere dovrebbero intanto fare molta più gavetta, anche perché oggi nelle scuole professionali sono state eliminate molte ore di laboratorio. Ho visto che le ore attuali dedicate alla sartoria sono due a settimana, mentre io ne facevo otto, quindi una volta usciti i ragazzi non sono poi così preparati, e in questo modo diventa molto difficile avvicinarsi con coraggio al mondo del lavoro. Poi ci vuole naturalmente passione, che in questo lavoro non basta mai.
(Claudio Perlini)