Divorzio: consigli per l’uso. Non è un manualetto da studio legale, ma un cofanetto da lettore dvd. A parlarmene è stata stamattina nella pausa caffè la mia collega Lore – ormai separata da tre anni. “Una nuova serie streaming da non perdere” mi ha decantato. Io, che di solito guardo solo film in dvd, non sono troppo ricettiva sui programmi via decoder, ma quando m’ha rivelato di cosa si trattava, non ho potuto fare a meno di drizzare le antenne: una serie ‘divertente’ sul genere di Sex-and-the-city e Desperate Housewife. Si chiama Girlfriends’ Guide to divorce e racconta di una bella donna che, tornata single alla soglia dei quarant’anni, dispensa consigli su come affrontare con ironia e al meglio il divorzio. “Tema più amaro di questo espresso della macchinetta” le ho solo commentato. Già perché al pensiero di una serie basata sulle vicende di quattro sciamannate sull’orlo della menopausa, mi è salita una vampata di perplessità.
Tanto per cominciare: se le quattro eroine di Sex-and-the-city rincorrevano il matrimonio perfetto per le strade di NY, mentre le protagoniste di DespHosewife – poco più su con gli anni – facevano stretching per allungare quello che credevano essere il loro matrimonio perfetto, ora in questo Girlfriends’ mi par venga a mancare la tensione di una costruzione positiva, mentre tutto si riduce a sopravvivere ad una separazione, ad una demolizione… In secondo luogo: come diamine si fa a ridere di un argomento così delicato, a prenderlo così alla leggera? Roba che, se su Google digiti “divorzio commedia”, come primo risultato ti viene fuori un link di Wikipedia: Ossimoro, definizione e significato.
Certo, da un lato il telefilm sta strizzando l’occhio al nutrito popolo degli americani che ogni anno divorziano (circa il 40% di coloro che convolano a nozze); dall’altro, si rivolge a tutti gli altri che ne sentono comunque la preoccupazione e nella fiction trovano un certo qual modo di esorcizzarne la paura (si pensi a c’è chi nella commedia ha già scongiurato la paura per eccellenza: vedi ‘Six feet under’ che ha come protagonisti una gagliarda banda di becchini). Nel miglior dei casi, la nuova serie intercetterà quello che probabilmente è il target più adatto a goderne la visione: ossia chi come me – pur consapevole dell’insidiosità del tema – riesce a starvi davanti con quel sufficiente distacco da poterne amaramente sorridere.
Speriamo almeno che i personaggi siano simpatici, mi dico. Già perché ciò che salva le protagoniste di Sex-and-the-city è proprio la loro umanità, i loro limiti, i loro tentativi di uscire vincitrici da quel ginepraio di valori femministi sessantottini di cui i produttori le han rivestite. Speriamo che anche le Girlfrinds siano altrettantosmart, altrimenti si ridurranno a stereotipati burattini messi in piedi per sdoganare quell’altro mito di progresso che è il divorzio.
Ci si domanda allora cosa resterà poi da sdoganare. Dobbiamo aspettarci una nuova serie sull’eutanasia? Sulla poligamia? Sul consumo di cibo bio-vegano a centimetro zero? Non posso fare a meno di ripensare alla Lore che la sera in camera non si ritrova nel letto due piedoni caldi ma un televisore trenta pollici.
Mentre io alle undici e mezzo di sera trovo un marito che mi scalda gli alluci – e mi dice che “Sarà vero che le donne vivono di più, ma i vostri piedi muoiono almeno quarant’anni prima”. Allora gli perdono anche di avermi inchiodata per ben centocinqua-minuti a guardare tre episodi di “Band of Brothers”, epico cofanetto tv a spropositato tasso bellico. Ma come riesce un uomo a immedesimarsi con nonchalance nell’artefice di tredici attacchi sotto le bombe in una sola sera? Per poi oltretutto – un attimo dopo – far sopprimere a me l’anomala zanzara che ci troviamo sul comò. Se non altro, le Girlfriends mi richiamano al fatto che se stiamo (ancora) insieme, ci sarà un perché…