In caso di divorzio è dovere del coniuge più ricco continuare a mantenere l’altro. Una legge tutt’ora in vigore, datata però 1970. Una legge insomma, che trascina le sue conseguenze da 30 anni. Tramite La Stampa arriva il commento del docente di diritto privato Carlo Rimini, che facendo riferimento a un caso di cronaca sottolinea come una legge così superata condizioni tutt’ora le nostre vite.
Il caso preso in esame riguarda una coppia di coniugi benestanti, avvocato lei, mercante d’arte lui, che decisero per il divorzio dopo solo un anno di matrimonio. Innanzitutto i due dovettero attendere i tre anni canonici per il divorzio, e la moglie, forte anche delle sue conoscenze di avvocato, fece valere la legge suddetta, ritoccata appena negli anni ’80, chiedendo un assegno di mantenimento dato che era lui a a guadagnare di più tra i due. Nel resto d’Europa sussiste l’idea di un assegno di mantenimento, ma solo proporzionale ai sacrifici fatti dal coniuge a favore della vita famigliare.
Non è lo stesso in Italia: la donna aveva sacrificato il proprio lavoro a favore della famiglia? No. Era senza reddito e quindi incapace di mantenersi? No. I due avevano figli a carico? Nemmeno. Tuttavia il giudice ha stabilito che l’ex marito versi alla donna una assegno mensile di 500 euro, e ad oggi l’uomo le versa circa 4000 € l’anno. Nel caso in cui la donna avesse guadagnato più dell’ex marito sarebbe toccato a lei staccare l’assegno. Il marito ovviamente fece ricorso e qui si aggiunge oltre al danno, la beffa: tra ricorsi, appelli, ecc la vicenda giudiziaria è durata diciassette anni.
Anni durante i quali l’assegno di mantenimento è stato regolarmente versato.
Carlo Rimini, considerati tutti questi fattori, pone ai legislatori la domanda se sia lecito chiedere a una persona di mantenere (o contribuire a mantenere) a vita una persona alla quale è stata legata per un periodo spesso molto breve, e la necessità di un aggiornamento di questa norma, in tempi si spera più brevi di quelli toccati alla causa di separazione dei due coniugi.