E’ scomparsa lunedì a Roma la psicanalista freudiana Francesca Molfino, storica femminista e scrittrice, autrice di diverse pubblicazioni tra cui “Donne, politica e stereotipi. Perchè l’ovvio non cambia?” (Dalai Editore). Sin dal 1974 Francesca Molfino si era distinta per il suo impegno nei confronti delle donne e della causa femminista, contribuendo alla nascita del centro Culturale Virgina Woolf di Roma, e dell’Aassociazione Donne e Scienza. Il suo lavoro si è svolto in buona parte nei centri antiviolenza a sostegno delle donne vittime di soprusi. Abbiamo rivolto alla psicoanalista e scrittrice Silvia Vegetti Finzi poche domande attraverso le quali avere un ritratto e un ricordo di questa storica psicoanalista.
Quale eredità ha lasciato alla psicanalisi il lavoro di Francesca Molfino?
Innanzitutto ha lasciato la sua capacità organizzativa. É una delle fondatrici dell’università delle donne Virginia Woolf, ed ha sempre pensato alla psicoanalisi da un punto di vista femminile, quindi non solo pensando al soggetto femminile ma da una prospettiva che rispondesse agli interessi e ai desideri delle donne.
Quali i temi del femminismo che le erano più cari e nei quali si è maggiormente impegnata anche grazie al suo lavoro?
Innanzitutto è stata una grande storica, il suo ultimo libro ha dato un grande contribiuto alla storia della psicoanalisi femminile. Da lei c’è stato molto da imparare dal punto di vista della terapia, della tecnica terapeutica, dei metodi. Penso che in questi campi il suo contributo sia stato fondamentale.
Cosa ha rappresentato per il femminismo?
Lei ha creato nel femminismo un innesto di psicanalisi che in un primo tempo era stata rifiutato. Ha avuto la capacità grazie a “Psicoanalisi al femminile”, un testo importante di storia delle psicoanaliste donne, di inserire nel filone storico e metodologico grandi figure di donne, quindi una prospettiva e una sensibilità particolare che spero resti in eredità alle nuove generazioni.
E’ possibile scegliere una sua idea, un episodio, alcune sue parole che la rappresentino in modo particolare?
Io direi che la cosa che maggiormente la rappresenta sia stato il suo coraggio di essere donna. La capacità di coinvolgere molte persone nei suoi progetti, magari in un primo tempo indifferenti, e quindi una capacità di coinvolgimento nei suoi programmi che era entusiasmante, contagiosa.
(Nicoletta Fusé)