Nell’anno della Fisica 2005, conclusosi con le grandi celebrazioni per Einstein, è stato conferito a Charles Hard Townes, 90 anni compiuti il 28 luglio, il XXXV premio Templeton, considerato il «Nobel delle religioni». Townes vinse il premio Nobel per la Fisica nel 1964 per le sue ricerche sulle caratteristiche delle microonde, sfociate inizialmente nell’invenzione del maser, il dispositivo che amplifica la radiazione elettromagnetica nel settore delle microonde e, successivamente, nel contributo all’invenzione del laser.
Nello stesso anno del conferimento del Nobel, Townes fu invitato dal Men’s Bible study Group del Manhattan’s Riverside Church (vicino a Columbia) a parlare del rapporto tra scienza e religione. Era stato selezionato perché era l’unico scienziato da loro conosciuto che andava regolarmente in chiesa. Sulla base di questa sua prima conferenza, nel 1966 scrisse l’articolo La convergenza tra scienza e religione, pubblicato sull’IBM Journal Think e, in seguito, sul Massachuttes Institute of Technology (MIT) Alumni Journal, in cui si dichiarava sostenitore dell’affinità tra le due discipline. Seguirono molte altre conferenze e occasioni pubbliche in cui egli si dichiarò scienziato credente, nonostante l’iniziale antipatia, lo scetticismo e, da parte non di pochi, il secco rifiuto dell’idea che uno scienziato potesse anche avere un esplicito orientamento religioso.
Poco tempo dopo, sir John Templeton, un investitore di borsa molto noto, iniziò la sua impresa – il premio Templeton istituito nel 1972 e la Fondazione Templeton sorta nel 1987 – con una grande enfasi creativa e costruttiva, contribuendo in modo determinante a cambiare l’opinione pubblica e ad aprire la discussione su questi temi.
Due ambiti molti più vicini di quanto si pensi
Fin dall’inizio, nel dichiarare le sue convinzioni personali sul rapporto tra scienza e fede, Townes ha sempre sostenuto che tra di esse non vi è incompatibilità, come molti possono forse pensare, ma che, al contrario, vi è un rapporto molto stretto, tanto che lo scienziato ha ricordato, poco dopo l’annuncio della vittoria del premio Templeton, che «lo sviluppo concreto della scienza, specialmente in Europa, fu possibile grazie alla religione monoteista» e ha spiegato che «lo stesso concetto di un universo governato in modo ordinato da un dio era un presupposto per lo sviluppo delle leggi scientifiche».
Nel suo primo articolo sul tema, scritto nel 1966, Townes aveva chiarito che «scienza e religione sono ambedue universali e molto simili alla base. Infatti, per chiarire l’argomento, io preferirei adottare il punto di vista estremo secondo cui le loro differenze sono in gran parte superficiali e che le due diventano quasi indistinguibili se guardiamo alla vera natura di ciascuna. È forse la vera natura della scienza la meno scontata, a causa dei suoi successi superficialmente ciechi. Per spiegare questo, e per dare una prospettiva ai non scienziati, noi dobbiamo considerare un po’ la storia e lo sviluppo della scienza».
È fondamentale comprendere la visione che Townes ha della scienza; una visione maturata nel corso della sua lunghissima carriera, che si può evincere anche solo scorrendo alcune sue brevi affermazioni e le risposte rilasciate in varie occasioni ai giornalisti.
[A sinistra: Charles Hard Townes (1915-…)]
La scienza secondo Townes è una ricerca costante delle basi su cui fondare delle teorie che portino a conoscere la realtà che ci circonda. Nel fare questo, a qualsiasi livello la ricerca sia compiuta, quello a cui si aspira, in definitiva, è comprendere l’uomo e l’ambiente in cui vive.
Pertanto Townes spiegava su Science una decina di anni fa che «la scienza desidera conoscere il funzionamento del mondo, la religione il suo significato. Le due cose non possono essere separate […] Quante più cose conosciamo dell’evoluzione dell’universo e della sua biologia, quanto più esso ci sembra inspiegabile senza il ricorso a qualche aspetto progettuale. E ciò ispira la mia fede».
Il metodo scientifico stesso si rivela, dopo un’attenta analisi, molto simile al metodo che possiamo applicare alla religione: «il metodo scientifico si può definire come un lavoro del diavolo per trovare la risposta, senza precluderci alcun appiglio. Io credo che lo stesso si possa dire della religione. Noi usiamo tutte le nostre risorse umane per comprendere ambedue – istinti, intuizioni, logica, prova (esperienza o osservazione), postulati o fede, e perfino rivelazioni».
In una dichiarazione rilasciata al Wall Street Journal due giorni dopo aver vinto il premio Templeton, Townes ha spiegato quello che è ed è sempre stato il suo atteggiamento come uomo. «Come scienziato, io ho cercato anzitutto di capire il nostro mondo – l’universo, uomini inclusi – che cosa sia e come funzioni. Come persona orientata religiosamente, io cerco anche di capire lo scopo dell’universo e della vita, oggetto primario delle religione. Naturalmente, se l’universo ha uno scopo, allora la sua struttura e il modo in cui funziona devono riflettere questo scopo. L’ovvia relazione riunisce scienza e religione e io credo che le due siano molto più vicine e molto più simili di quanto usualmente riconosciuto».
Alcuni anni fa Townes aveva dichiarato su Newsweek che «come scienziato credente, io percepisco nel mondo la presenza di un Creatore, qualcuno che sia al tempo stesso trascendente eppure vicino a noi, in particolare per il fatto che le leggi dell’universo manifestano il coinvolgimento di una certa intelligenza».
La scienza è quindi vista da Townes come una strada che può portare alla religione lo scienziato e in cui lo scienziato può vivere la sua dimensione religiosa trovandosi a suo agio e continuando la sua ricerca interiore e la sua ricerca scientifica assieme. Lo scienziato stesso sarà condotto per sua stessa natura a porsi delle domande: «Io non penso che la scienza sia del tutto completa. Noi non comprendiamo tutto e, come si può vedere, nella scienza stessa ci sono molte incongruenze». Specialmente nell’ultimo secolo la scienza ha dimostrato più volte le sue carenze e aperto molte questioni, tante quante ne ha risolte o forse anche di più.
Rifacendosi alla sua attuale ricerca sulle stelle, Townes ha affermato in maniera convinta, come al termine di un lungo cammino, che in realtà «comprendere l’ordine dell’universo e comprendere lo scopo nell’universo non sono la stessa cosa, ma non sono nemmeno cose molto distanti l’una dall’altra». Le domande stesse – qual è lo scopo o il significato della vita? o del nostro universo? – riguardano tutti, non solo lo scienziato nell’esercizio della sua professione, ma anzitutto lo scienziato in quanto uomo.
Charles Hard Townes: breve biografia
Charles Hard Townes (Greenville, Carolina del Sud – U.S., 28.07.1915), fisico sperimentale statunitense, ha condiviso con gli scienziati sovietici N. Gennadievic Basov e A. Prochorov il premio Nobel per la fisica nel 1964 «per i suoi contributi sui quanti e la scoperta del maser e del laser». |
I profondi misteri della scienza
In occasione del convegno Amazing Light: Visions for Discovery, organizzato per festeggiare il vincitore e il suo novantesimo compleanno(1) Townes suggerì che il tema adatto per iniziare la conferenza poteva essere: «i grandi sconosciuti della scienza».
[A destra: Il laboratorio di Townes al Caltech nel 1938]
Questa proposta, data da uno scienziato che con le sue scoperte ha in realtà contribuito a risolvere importanti misteri e che per quasi mezzo secolo è stato protagonista di molti successi della ricerca scientifica, potrebbe forse far sorridere.
E invece non bisogna trascurare il fatto che Townes è molto più interessato alle ricerche scientifiche attuali che non a ricordare il passato che lo ha visto protagonista. Nonostante l’età avanzata, la passione per la scienza, che lo ha condotto a vincere il premio Nobel, non è mai scemata e in laboratorio è ancora molto attivo, assai più di alcuni colleghi cinquantenni, pieno di entusiasmo giovanile e pronto a dare i suoi pareri ai più giovani, magari meno ottimisti di lui o che si scoraggiano se le loro ricerche non danno risultati immediati.
Ma Townes stesso ha spiegato il vero senso della sua proposta: in realtà noi conosciamo oggi solo il cinque per cento della materia dell’universo.
Sappiamo che vi è altra materia, ma non si tratta né di luce, né di stelle o di gas. «La meccanica quantistica è inconsistente con la relatività generale. Ambedue lavorano molto bene nella loro sfera di competenza, noi ci fidiamo di loro, crediamo in esse, ma vediamo che c’è un punto dove sono in disaccordo. Sono inconsistenti fra loro. E noi cosa facciamo? I fisici accettano semplicemente questo fatto. Credono in entrambe. Questo è quello che dobbiamo fare nella vita, riconoscere che ci sono delle inconsistenze, cose che non capiamo. Dobbiamo accettare i misteri e andare avanti».
[A sinistra: Prima conferenza internazionale sull’elettronica quantistica (1959); Charles Townes è all’estrema destra; si riconoscono anche Aleksandr Prokhorov (secondo da destra) e Nikolay Basov (secondo da sinistra) che con Townes condivisero il Nobel nel 1964]
Altri esempi che ci mostrano i tanti misteri cui la scienza contemporanea non sa rispondere, ma anzi in cui a tratti pare perdersi, riguardano il libero arbitrio e la coscienza dell’uomo, la natura dell’universo e la comparsa della vita, in particolare la vita intelligente, sul nostro pianeta. Il discorso potrebbe poi coinvolgere il principio antropico e l’attuale dibattito sul «disegno intelligente» che negli ultimi mesi sta animando le pagine dei quotidiani italiani e internazionali e i canali radio-televisivi.
Vi sono tante e importanti questioni basilari che richiedono l’attenzione e la riflessione degli scienziati. La scienza include fin dalla sua base assunzioni, principi non dimostrati su cui essa è fondata e articolata, una sorta di fede nella capacità dell’essere umano di poter comprendere il reale perché intelligibile e nel fatto che la conoscenza acquisita è pertanto vera. È necessario, però, secondo il fisico statunitense, che gli scienziati mostrino una mente aperta, che siano consapevoli del fatto che quello che sappiamo e crediamo adesso potrebbe cambiare in futuro, ma che, allo stesso tempo, le nuove conoscenze costituiranno un approfondimento delle nostre percezioni attuali e che dunque le idee di oggi hanno una grande importanza e continueranno ad averla nel futuro.
La triplice fede di Townes
Philip Clayton, Ingraham Professor alla Claremont School of Theology, ha spiegato che Townes è un uomo di fede in tre diversi sensi.
La sua è, fin dall’infanzia, una fede religiosa sincera e profonda, manifestata nel privato e dichiarata in occasioni pubbliche. Educato in una chiesa Battista che aveva a cuore ricerche intellettuali e discussioni aperte e schiette sulla Bibbia, ha dichiarato che «cresciuto come cristiano, mentre alcune delle mie idee sono cambiate, mi sono sempre sentito orientato religiosamente». E non ha mai smentito o celato le sue convinzioni, anche quando questo poteva porlo in cattiva luce o ostacolarlo in qualche modo nella sua carriera.
Come scienziato ha una grande fede, o meglio fiducia, nel metodo scientifico e nel continuo avanzamento della scienza. Fin da ragazzino voleva diventare uno scienziato, anche se non sapeva esattamente di che cosa si sarebbe occupato e non avrebbe mai immaginato di vincere il premio Nobel. In Making Waves, la sua autobiografia, Townes scrive che «la fede è necessaria per lo scienziato anche solo per iniziare, e una profonda fede gli è necessaria per portare avanti le sue imprese più difficili».
Nelle prime dichiarazioni rilasciate dopo l’assegnazione del premio Templeton, ha affermato che «molte persone non comprendono che la scienza include fin dal principio assunzioni e fede. Nulla è assolutamente provato. Per esempio, Gödel ha dimostrato logicamente che per provare qualcosa, ci deve essere un insieme superiore di assunzioni, ma che noi non possiamo provare che le assunzioni sono a loro volta di per sé consistenti. Noi dobbiamo adottare le assunzioni che ci paiono migliori e avere fede. E cose bellissime, sia nella scienza che nella religione, vengono fuori dai nostri sforzi basati sulle osservazioni, da assunzioni frutto di riflessioni, fede e logica».
Il terzo aspetto di fede di Townes, così come riferisce Clayton, è più particolare, ed è interessante soffermarcisi brevemente. Egli non crede soltanto nella compatibilità della scienza e delle religione, ma ha una fede profonda nel fatto che scienza e religione gradualmente convergeranno nel futuro. Recentemente ha scritto: «[…] noi non dovremmo mai trattare queste due grandi dimensioni dello spirito umano come fondamentalmente differenti o fondamentalmente opposte. Come la nostra comprensione è che ciascuna cresce, la mia fede è che cresceranno insieme aumentando».
Townes condivide la visione dell’interazione creativa reciproca di scienza e religione sostenuta da Robert John Russell, direttore del Center for Theology and the Natural Sciences di Berkeley, il quale sostiene che la religione non solo non può ignorare la scienza e i suoi progressi, ma deve sapere riflettere sui nuovi contenuti e sulle questioni sollevate dalla scienza, essendo pronta anche a rivedere certe posizioni, mettendo mano a un lavoro teologico per trovare un accordo con essa.
Pochi anni fa, all’Indian Institute di Bangalore, in India, Townes spiegò ancora meglio la sua profonda fede: «Ci sono due ragioni fondamentali per cui io credo che religione e scienza siano parallele e debbano interagire. La prima è che se c’è uno scopo e un significato nell’universo, allora lo scopo deve essere collegato alla sua struttura e deve determinare la sua struttura. La seconda è che in ambedue i campi noi usiamo tutte le nostre capacità umane nella ricerca di comprendere il mondo in cui abitiamo».
La «rivelazione» del maser su una panchina al parco
È molto interessante ricordare come il giovane Townes, nella primavera del 1951, a Washington D.C., ebbe la prima intuizione di quello che, di lì a pochi anni, si rivelerà essere la scoperta del maser e quindi del laser.
Prima di prendere parte a un incontro di un comitato cui era membro, Townes, che si era alzato presto, trovò chiuso l’albergo dove aveva intenzione di attendere il giusto orario per la riunione.
[A destra: Townes (a sinistra) e James Gordon con il Maser alla Columbia University]
Decise dunque di sedersi su una panchina(2) del parco in Franklin Square, e si mise a pensare alle sue ricerche. In pochi minuti gli venne un’ispirazione, quasi una visione, come un fulmine a ciel sereno, e gli apparve chiara nella mente la soluzione matematica, con tutte le idee essenziali del maser, che subito annotò in fretta sul retro di una busta.
Quando Townes s’immaginò in quei momenti come «domare» le microonde e, nel processo, stabilì la base per lo sviluppo del maser e del laser, cambiò il mondo moderno. Senza le sue scoperte, oggi non ci sarebbero i lettori per cd o DVD, gli strumenti laser utilizzati in chirurgia, le stampanti, gli spettacoli con le luci laser o i lettori automatici dei prezzi alle uscite dei supermercati. Egli ha realmente rivoluzionato la ricerca scientifica e il mondo dell’industria ma, più di tutto, la vita quotidiana di miliardi di persone. Alcuni hanno detto che il laser è una delle dieci scoperte più importanti di tutti i tempi, non molto lontano dal fuoco, dall’agricoltura o dalla ruota.
Townes ha raccontato quest’episodio centrale della sua vita in molte occasioni nel mezzo secolo ormai trascorso. Egli lo considera un vero e proprio momento di «rivelazione» – tale egli stesso l’ha definito – e lo mostra come un esempio di cristallizzazione di argomenti, normalmente associati sia con la religione che con la scienza, come rivelazione, intuizione, osservazione, fede e estetica, che possono essere facilmente applicati ad ambedue le discipline.
Fede e scienza sono per lui davvero unite su un piano profondo ma allo stesso tempo che può farsi presente e tangibile in qualsiasi momento della nostra vita. Su quella panchina Townes non soltanto vinse già in quel giorno il Premio Nobel, conferitotogli tredici anni dopo, ma aprì la strada a una verità più grande, a proposito di una potenza della rivelazione, non troppo dissimile da quella delle Scritture, prova della somiglianza di scienza e religione.
Umiltà, costanza, schiettezza e convinzione
La prima sensazione che Townes ha detto di avere provato alla vincita del premio Templeton è stata di sentirsi intimidito al pensiero di essere stato scelto per aver contribuito a realtà così importanti quali la spiritualità e lo scopo della vita.
Egli ha sempre vissuto secondo certe convinzioni e non ha mai fatto mistero delle sue idee, e quindi, forse, non gli è sembrato di aver compiuto qualcosa di speciale o di aver dato un contributo così rilevante nel dire quello che pensava, credeva o sentiva.(3)
[A sinistra: Il primo laser a convertire direttamente elettricità in luce fu un laser a gas]
Ma egli, in realtà, ha fatto molto e ha reso una testimonianza per più di trent’anni: il premio è un riconoscimento, in questo senso, «alla sua carriera » in questo campo. È però importante notare che proprio una delle sue caratteristiche principali, quella dell’umiltà e della modestia, unitamente ai modi garbati che gli sono propri, non gli hanno impedito, né in gioventù né in età più avanzata e matura, di manifestare quello in cui credeva anche in un ambiente, quello scientifico, in cui non è sempre facile parlare di realtà spirituali senza suscitare una vena di scetticismo.
D’altra parte, un’altra delle doti di Townes è quella di lavorare con costanza, fiducia e convinzione nelle proprie capacità: «Se uno pensa di aver ragione, deve sostenere le sue convinzioni». E questo Townes fece anche quando, nel corso degli studi che lo portarono alla scoperta del laser, due mostri sacri come Niels Bohr e Isidore Rabi gli suggerirono che avrebbe dovuto fermarsi, che la sua ricerca non funzionava e che, se anche avesse raggiunto qualche risultato, la sua sarebbe stata «una soluzione in cerca di un problema».
Townes invece era convinto di quello che stava facendo, e rispose che sarebbe andato avanti perché c’era una possibilità. E aveva ragione.
In modo simile, Townes non si preoccupò nell’affermare le sue convinzioni religiose fin dall’inizio, anche quando al California Institute of Technology il suo professore lo riprendeva per il suo orientamento religioso. «In realtà, egli sostiene, è la stessa scienza ad aver fede, perché ammette postulati. La religione usa la logica e la meditazione. Gli scienziati usano gli istinti e così via. Einstein pensava che il nostro universo è stato sempre lo stesso: questo è istintivo. Di nuovo, era un tipo di fede che egli aveva. Era stupido pensare che ci fosse stato un inizio, e molti scienziati erano d’accordo con lui».
Il Premio Templeton
Il Templeton Prize, prima for progress in religion e dal 2002 for progress toward research or discoveries about spiritual realities, è attribuito ogni anno dalla John Templeton Foundation a una persona vivente. |
Un esempio per i giovani scienziati
Charles Hard Townes può essere un esempio davvero importante e valido per tutti i giovani, studenti e ricercatori, che vivono la ricerca scientifica quotidianamente come lui ha fatto, e senz’altro continuerà a fare finché potrà.
L’aver vinto il premio Templeton è stata davvero un’occasione speciale e ha dato la giusta risonanza mediatica, così come è nell’intenzione di Sir John Templeton, non solo ai suoi meriti di scienziato, già universalmente noti, ma soprattutto alle sue convinzioni religiose e spirituali. La sua costanza, la sua fiducia nella scienza e nell’intelligibilità della natura, unite coerentemente e sinceramente alla sua fede religiosa e alla sua decisa volontà di manifestarla e di trovare le ragioni per cui l’una può e deve essere sostenuta dall’altra, ne fanno certamente uno dei maggiori rappresentanti dell’unità del sapere e della possibilità di approfondire un percorso interdisciplinare tra scienza e fede.
Tale prospettiva non sminuisce in un qualche modo o danneggia uno dei due ambiti, ma anzi aprendo per ambedue nuove possibilità e aree di ricerca e crescita nella comprensione del reale, può dare un significato pieno alla vita dei singoli e dell’umanità tutta.
Valeria Ascheri
(Professore Straordinario di Gnoseologia e Scienza e Religione presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare della Pontificia Università della Santa Croce (Roma))
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Note
- Compleanno festeggiato in occasione della conferenza internazionale Amazing Light: vision for Discovery, organizzato dalla Metanexus Institute, a Philadelphia dal 6 all’8 ottobre 2005
- Per ironia della sorte, la panchina dove Townes si sedette ed ebbe la sua intuizione straordinaria è nella strada ove Alexander Bell aveva sperimentato la spedizione di messaggi di emissione di luce
- Negli anni Cinquanta, quando Townes lavorava alla Columbia University, un suo collega, Willis Lamb, gli chiese se Dio lo aiutasse mai in laboratorio. Lo scienziato diede un certo peso alla domanda e richiamò dopo un po’ Lamb. Rispose: «Ebbene, penso proprio di sì».
Pubblicazioni più recenti di Charles H. Townes
- Sciences, values, and beyond in Synthesis of Science and Religion (1987)
- On science, and what it may suggest about us in Theological Education (1988)
- Why are we here; where are we going? in The International Community of Physics, Essays on Physics (1997)
- Do science and religion converge? contributo al Second World congress of the Synthesis of Science and Religion in Calcutta, India (1997)
- The convergence of Science and religion Annual Unesco Meeting in Paris e in American Scientific Affiliation Annual Meeting at Pepperdine University (California) 2002
- Making Waves, raccolta dei suoi saggi, The American Institute of Physics Press, 1995
- How the laser happened: Adventures of a Scientist, Oxford University Press, 1999
© Pubblicato sul n° 27 di Emmeciquadro