Il testo riporta una raccolta di interventi, diffusi dalla radio francese, del paleoantropologo Yves Coppens, noto per aver scoperto la nostra antenata Lucy.
Sebbene siano stati opportunamente ordinati, il lettore non deve aspettarsi una trattazione organica e dallo sviluppo sempre lineare: alcuni concetti vengono ripresi più volte e l’esposizione ha le caratteristiche tipiche della conversazione, coi pregi e difetti che questo comporta: una comunicazione chiara, fluida, piacevole, ma a volte poco approfondita e non sempre coerente nella sua impostazione generale per quanto riguarda gli argomenti affrontati; i quali non riguardano solo l’evoluzione dell’uomo nel Paleolitico, che rappresenta certamente la parte più corposa (i primi quattro capitoli del libro) oltre che la più interessante del libro, ma anche il periodo del Neolitico (quinto capitolo), le civiltà precolombiane del Nuovo Mondo e dell’Oceano Indiano (sesto capitolo) e quelle sorte in Europa poco prima e poco dopo Cristo (settimo capitolo).
Tuttavia, proprio in virtù dello stile informale adottato, questo volume si presta per essere compreso anche dai non addetti ai lavori e può offrire notevoli spunti a docenti di Scienze e di Storia che hanno modo di cogliere i momenti salienti del processo evolutivo dell’uomo, attualmente conosciuti secondo una visione oggettiva e allo stesso tempo unitaria. Questo nonostante si intravedano sullo sfondo le difficoltà enormi che sottostanno spesso alla possibilità di giungere a formulare interpretazioni scientifiche condivise da parte tutti gli esperti.
Così Coppens si cimenta nel suo racconto partendo dal momento storico (8-10 milioni di anni fa) in cui si presume sia avvenuta la separazione tra Preumani (o ominidi) e Prescimpanzè (da cui ebbero origine gli Scimpanzè). Questo a causa di un processo di adattamento all’ambiente che nell’area orientale dell’Africa divenne privo di folta vegetazione, costringendo i Preumani ad abbandonare progressivamente l’arboricolismo, fino a giungere, circa 4 milioni di anni fa, alla conquista del bipedismo permanente. Una delle prove di questo processo è rappresentata dal ritrovamento di Lucy (Australopitecus afarensis), che risale a un periodo appena precedente (4,2 milioni di anni fa) quando ancora coesistevano entrambe le forme di locomozione.
L’autore prosegue descrivendo la scoperta dei due fossili di Preumani, Bel e Toumai (Australopitecus panamensi), risalenti rispettivamente a 3,5 e 7 milioni di anni fa; fino a parlare della comparsa del vero e proprio uomo avvenuta circa 3 milioni di anni fa, che si contraddistingue dalle scimmie per l’abilità da lui acquisita (contemporaneamente agli ominidi) di scheggiare le pietre per cacciare gli animali di cui si cibava. Fu in questo periodo, infatti, che l’uomo da vegetariano divenne onnivoro (caratteristica desumibile soprattutto dal cambiamento della forma dei denti) e il suo cervello si sviluppò enormemente. Fossili di Homo abilis, risalenti a 2-2,5 milioni di anni fa, illustra Coppens, sono stati trovati in Estremo Occidente, in Estremo Oriente e in Asia a dimostrazione dell’inizio del popolamento di tutto il pianeta da parte dell’uomo. Fossili più recenti di Homo erectus (proveniente dall’Oriente e dalle coste del Mediterraneo) sono stati trovati in Bretagna (di 700 000 anni fa), a Pechino (di 500 000 anni fa) e ai piedi del Monte Boron in Francia (di 400 000 anni fa).
Due aspetti trattati dall’autore risultano particolarmente interessanti. Il primo è trattato nel terzo capitolo; circa 50 000 anni fa, a causa di derive genetiche (di tipo insulare o glaciale nel caso dell’uomo di Neandertal), da Homo erectus si originarono quattro tipologie di uomo che furono contemporaneamente presenti e che certamente si incontrarono sebbene non si sappia molto di più: l’Uomo di Giada e l’Uomo di Flores (isola dell’Oceano Indiano), quest’ultimo estremamente minuto, entrambi simili a Homo erectus, dunque già in grado di controllare il fuoco. Infine i ben più noti Homo sapiens (la specie a cui apparteniamo) – nato in Africa e in Asia, ancora non noto se da un unico focolaio di Homo erectus – e l’uomo di Neandertal – vissuto tra 50 0000 e 30 000 anni fa in Europa. È stato accertato da alcuni reperti che non ci sia stata vera coabitazione tra Homo sapiens e di Neandertal, ma tuttora non si sa il motivo dell’estinzione di quest’ultimo.
Il secondo aspetto che viene affrontato è quello che riguarda il popolamento dell’America nella preistoria (sesto capitolo). È ben noto che l’ipotesi più accreditata è che alcune popolazioni abbiano raggiunto il continente dall’Asia attraversando lo stretto di Bering che allora era una terra emersa.
Questo sembra essere avvenuto non 15-10 000 anni fa, come si presumeva, ma, da prove abbastanza recenti, già a partire da 50-40 000 anni fa. Tuttavia Coppens azzarda delle ipotesi documentate da prove tangibili: forse l’America sarebbe stata raggiunta anche in barca e ritiene che questi e altri eventi potrebbero in futuro essere chiariti da studi eseguiti nelle profondità degli abissi.
Coppens ci accompagna alla conoscenza di alcuni tratti della nostra storia più remota in modo appassionante, lasciandoci immedesimare nel suo personale percorso di studioso. Questo attraverso la descrizione della scoperta di alcuni reperti archeologici che da un lato sollecitano nuovi interrogativi, dall’altro gettano luce riguardo a sempre nuovi aspetti attraverso tecniche e metodiche (di cui parla soprattutto nell’ottavo capitolo) che diventano sempre più sofisticate e che fanno sempre più uso di ricostruzioni simulate a computer.
Yves Coppens
La costruzione della Preistoria
Jaca Book – Milano 2012
Euro 16,00 – Pagine 144
Recensione di Nadia Correale
(Docente di Matematica e Scienze alla Scuola Secondaria di Primo Grado. Ha conseguito il Dottorato in Formazione della Persona e Mercato del Lavoro presso l’Università degli Studi di Bergamo. E’ «tutor coordinator» presso l’Università Statale di Milano per il TFA (Tirocinio Formativo Attivo) abilitante di Docenti di Matematica e Scienze)
© Pubblicato sul n° 49 di Emmeciquadro