Nello svolgimento del loro lavoro, gli scienziati hanno almeno due momenti forti di incontro con l’esperienza della valutazione: quando presentano un progetto di ricerca per ottenere il necessario finanziamento; e quando inviano un articolo (più spesso denominato «lavoro scientifico» o «memoria») a una rivista, il più delle volte internazionale, sperando nel parere favorevole dei referee e quindi nella pubblicazione. In entrambi i casi sono molti i fattori in gioco e non tutti di ugual peso culturale né indicativi della reale validità del lavoro in questione. Ci sono le esigenze di garantire un’equa gestione del denaro pubblico; c’è la preoccupazione delle riviste di non veder sminuita la propria autorevolezza pubblicando risultati poco attendibili; e ci sono anche, purtroppo, elementi meno nobili, connessi con vicende di competizione tra singoli o gruppi, o peggio, con questioni di potere più o meno rilevanti. Resta tuttavia il fatto che per il singolo ricercatore questi momenti rispondono all’esigenza ineludibile e soggettivamente importante di veder riconosciuto e classificato l’apporto del proprio lavoro e della propria creatività all’avanzare delle conoscenze scientifiche e allo sviluppo tecnologico.
A maggior ragione, l’urgenza di un riconoscimento è pressante per chi si trova nel pieno del cammino formativo. Anche qui si tratta di avanzamento della conoscenza, ma di quella personale, che permette a ciascuno di entrare sempre più in rapporto con la realtà a partire dall’accoglimento attento e critico di quanto tramandato dalla storia dei particolari saperi. Anche qui si tratta di valutare un lavoro, che è ben di più della sommatoria delle singole prestazioni (verifiche, interrogazioni, test, ricerche). Nel caso delle discipline scientifiche, gli indicatori dovrebbero supportare chi valuta nel far luce su quegli aspetti del lavoro svolto dallo studente che segnalano la sua crescita nella capacità di interrogare la natura, cioè di ideare situazioni, attività, strumenti concettuali e materiali per provocare le risposte; di vagliare tali risposte; di elaborarle e collocarle ordinatamente in un edificio conoscitivo sempre più interconnesso e consistente. Il valutatore dovrà inoltre porre attenzione alla crescita equilibrata dell’allievo e allo sviluppo armonico delle dimensioni della persona nella sua globalità; affinché non prevalgano i facili entusiasmi particolaristici, che sono un’anticipazione in miniatura dello specialismo esasperato che affligge il mondo della ricerca.
Si evidenzia così come il discorso sulla valutazione sia intimamente dipendente dalla concezione di educazione e di conoscenza propria dell’insegnante, dalla modalità di lavoro proposta agli studenti, dal tipo di rapporto instaurato con gli allievi. È a partire da queste considerazione che si snodano gli approfondimento contenuti in questo numero dedicato appunto alla valutazione.
Con contributi puntuali sulle iniziative in atto a livello italiano e internazionale, a partire dalle rilevazioni dell’INValSI e dall’indagine PISA; quest’ultima «valutata» nei suoi vantaggi e nei suoi limiti e inquadrata nei suoi presupposti ideologici. E con esempi e commenti raccolti direttamente nelle scuole invitando alcuni docenti a riflettere sul significato degli strumenti di verifica oggi più diffusi e sul nesso profondo tra lavoro educativo e modalità di valutazione.
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 25 di Emmeciquadro