Il mondo dell’impresa sociale è divenuto di grande interesse per la società civile negli ultimi anni anche per i giovani che studiano e che vedono in queste realtà associative una possibilità di nuove professionalità. Se ci riferiamo al vasto settore del non profit si può dire che fino a pochi anni addietro era interessante soprattutto per chi aveva da destinare alla carità e alla solidarietà un tempo fuori del lavoro, mentre con la trasformazione di opere di carità in vere e proprie imprese sociali ci si rende conto che si può essere in azienda a contatto con i bisogni del disabile, del malato di hiv, del detenuto da accompagnare alla riabilitazione e così via.
Per fare impresa sociale, c’è una necessità di mezzi, ma anche di educazione al rischio d’intraprendere, tanto che un semplice volontariato spontaneo od organizzato può trasformarsi in impresa, ma allora c’è necessità di formazione specifica dei quadri dirigenti.
In tal senso la CDO Opere Sociali ha costruito presso tutte le sedi locali, un percorso di Formazione Manageriale per le Cooperative Sociali, con l’obiettivo di rafforzare la loro governance attraverso lo sviluppo del suo management. Il percorso formativo si rivolge a persone direttamente implicate nella gestione delle cooperative con ruoli di responsabilità.
Se poi ci si riferisce al più vasto mondo del volontariato, i dati forniti nella relazione del Prof. Vittadini alla Conferenza Europea per le celebrazioni italiane dell’Anno europeo del volontariato parlano chiaro. In Italia, alla fine del 2003, le organizzazioni di volontariato erano 21.021, con un incremento del 14,9% rispetto al 2001. Nello stesso periodo i volontari sono aumentati del 18,8% passando da circa 700 mila a più di 800 mila, mentre i dipendenti si attestano sempre su 12 mila.
Una ricerca, in uscita in questi giorni, realizzata dall’Istat per l’Osservatorio sull’Economia sociale del CNEL intitolata “La valorizzazione economica del lavoro volontario nel settore non profit”, stima il valore economico del volontariato italiano in 7.779 milioni di euro. In termini relativi, questa stima corrisponde allo 0,7% del Pil e, se sommata al totale del valore della produzione delle organizzazioni non profit, condurrebbe a quantificare la ricchezza prodotta da questo settore in Italia al di sopra del 4% del Pil. Nel complesso, il volontariato in termini economici rappresenta il 20% dell’ammontare complessivo delle entrate delle istituzioni non profit.
Con la normativa n. 118 del 2005 il Governo è stato delegato a integrare l’ordinamento civile nel rispetto delle norme generali su associazioni, fondazioni, società e cooperative e delle norme speciali su organismi di promozione sociale e enti ecclesiastici. L’impresa sociale non è un nuovo soggetto giuridico, quanto un particolare tipo di attività svolto da uno dei soggetti (associazioni, fondazioni, cooperative, consorzi, società) previsti dal Codice Civile. Inoltre, il decreto legislativo n. 155/2006 sull’“Impresa Sociale” individua i settori di particolare rilievo sociale: assistenza e sanità, istruzione, formazione e educazione, ambiente e patrimonio culturale, occupazione svantaggiati e disabili.
È chiaro che tutto il sistema va valorizzato, soprattutto non riducendo i finanziamenti, ma se il governo si impegna a dare forza innanzitutto alla famiglia, così come aveva indicato nel Libro Bianco sul welfare del 2009, con “interventi – ad esempio, fiscali – che ne agevolino la tenuta in termini economici ma anche di crescita, per “promuovere la maternità e la paternità e la possibilità di conciliazione tra ciclo di vita della famiglia, tempi di cura e impegno lavorativo” è chiaro che i settori fondamentali come l’educazione e la famiglia possono essere quelli trainanti per il futuro.
A Roma fare impresa sociale può portare tutti i vantaggi utili a colmare quegli spazi svuotati dalle disfunzioni delle metropoli, dove i fenomeni delle le grandi distanze e della popolazione numerosa e anonima rendono sole le persone e difficile le risposte più capillari ai bisogni.
Il disagio sociale di anziani soli, di giovani disadattati, di famiglie che hanno necessità di aiuti materiali e psicologici, spesso è sostenuto dalle parrocchie o dalle associazioni di volontariato che cercano di far fronte alle situazioni di quartiere.
Il sostegno legislativo e finanziario a tali situazioni dovrebbe essere una priorità delle amministrazioni delle grandi città, che pur si scontrano con i gravi deficit di bilanci.
Proprio in questi giorni sono state accolte favorevolmente le dichiarazioni del Sindaco Alemanno, il quale ha affermato che «le risorse di bilancio destinate alla spesa sociale, nonostante il taglio di 150 milioni di euro di trasferimenti statali, non saranno toccate in particolare nell’assistenza domiciliare svolta dalle cooperative sociali verso i malati di AIDS».
Il problema dei bisogni del territorio non è perciò quello di coprire a tappeto tutte le necessità, quanto che le esperienze che esistono, siano visibili e costituiscano un punto di riferimento per coloro che vogliono intraprendere esperienze simili.
Ne è un esempio l’associazione “Libertà va cercando” che offre un sostegno allo studio con l’attività di doposcuola gratuito nel quartiere di Tor Bella Monaca. Questa associazione svolge un ruolo delicatissimo, perché interviene sull’abbandono scolastico che è all’origine di parte del degrado sociale. Come pure Il Cantiere della Famiglia, un’associazione di volontariato operante presso la Parrocchia di S.Eusebio all’Esquilino, che aiuta le famiglie nel loro compito educativo e nel sostegno al matrimonio.
È a partire da questi elementi positivi che occorre costruire un giudizio e quindi uno sviluppo di politiche sociali per il territorio.