Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare dal titolo, questo libro del matematico Giorgio Israel non tratta esclusivamente e neppure principalmente del problema dell’intelligenza artificiale e della robotica, anche se ad esso è dedicato ampio spazio, rintracciandone le origini fin nel mito cabalistico del Golem, per poi seguirne la ripresa prima in ambito filosofico, con Cartesio e i suoi successori, e poi, a partire dall’inizio del Novecento, anche in campo scientifico, con la nascita della moderna cibernetica.
Il tema principale è tuttavia quello esplicitato dal sottotitolo «Contro le visioni meccanicistiche dell’uomo», ovvero un’analisi molto critica delle diverse concezioni meccanicistiche dell’uomo, dal Seicento fino ad oggi.
«La macchina vivente» del titolo è quindi l’uomo stesso come viene visto da questi autori, mentre il tentativo di riprodurlo attraverso la costruzione di un automa intelligente rappresenta solo uno degli obiettivi di questa scuola di pensiero, benché certamente il più «forte» a livello simbolico.
In effetti, almeno a mio giudizio, la parte più interessante è quella in cui Israel discute il riduzionismo meccanicista in ambito fisico-matematico e in ambito economico, demolendolo sistematicamente, con osservazioni spesso tanto semplici quanto acute, del genere «uovo di Colombo», che dopo averle lette (ma solo dopo) appaiono così evidenti da chiedersi: «Ma come ho fatto a non pensarci prima?».
Altri pregi del libro sono la chiarezza del linguaggio, che lo rende di facile lettura anche per i non addetti ai lavori, e la capacità di sintesi, che permette di fornire in un numero di pagine contenuto uno sguardo d’insieme su una vasta gamma di problemi.
Tra i difetti, lo spazio forse eccessivo, almeno in proporzione al totale, dedicato al Golem (22 pagine) e, soprattutto, la questione del rapporto tra la visione meccanicista e la scienza in quanto tale. Israel dice che siamo qui davanti ad un «paradosso», quello per cui, benché «nulla o quasi nulla è rimasto della fisica cartesiana: la scienza moderna ha scelto come fondamento la meccanica newtoniana, malgrado le diffidenze per l’oscura e “magica” nozione di attrazione gravitazionale e per quelle di spazio e tempo assoluti.
Eppure, della visione filosofica e teologica di Newton e dell’idea che egli aveva della conoscenza scientifica non è rimasto quasi nulla: la scienza ha scelto come fondamento la filosofia cartesiana, che ancor oggi ne rappresenta il pilastro concettuale» (pp. 40- 41).
Tuttavia, benché il concetto venga ribadito a più riprese, alla fine della lettura resta l’impressione che l’autore tenda invece a giudicare tale esito quasi fatale, in quanto conseguente a una tendenza di fondo connaturata alla scienza stessa.
È sicuramente solo un’impressione, ma il tema è così fondamentale che resta il desiderio di vederlo chiarito meglio. In questo senso probabilmente non aiuta il riferimento a Newton, le cui idee in campo gnoseologico e teologico erano a volte stravaganti, tanto da meritargli la qualifica di «ultimo dei maghi» da parte del celebre economista John Mainard Keynes, che ne riscoprì e fece pubblicare gli scritti teologici ed esegetici, come lo stesso Israel ricorda (p. 40).
Forse da questo punto di vista sarebbe stata utile una considerazione maggiore per Galileo (qui lasciato un po’ ai margini), che, oltre ad essere il vero fondatore della scienza moderna, su questi argomenti fu certamente pensatore assai più lucido.
Giorgio Israel
La macchina vivente.
Contro le visioni meccanicistiche dell’uomo
Bollati Boringhieri – Torino 2004
Pagine 147 – Euro 16,00
Recensione di Paolo Musso
(Filosofia della Scienza – Università dell’Insubria – Varese)
© Pubblicato sul n° 26 di Emmeciquadro